Da Corriere della Sera del 20/05/2005
Francia, Alliot-Marie premier dopo il voto?
Giorni contati per Raffarin Chirac prepara il rimpasto
di Massimo Nava
PARIGI - Il fronte del no ha ripreso a salire nei sondaggi e per la prima volta sembra radicarsi nelle intenzioni di voto dei francesi. Una tendenza innescata dal lunedì della solidarietà che si è tradotto in un lunedì nero: per il governo francese, per l'immagine del Paese e forse per l'Europa. Talmente nero che il primo ministro Jean-Pierre Raffarin sembra pronto a tirarne le conclusioni. L'abolizione della festività di Pentecoste (lunedì scorso) avrebbe dovuto portare alle casse dello Stato almeno due miliardi di euro da destinare all'assistenza domiciliare agli anziani e al miglioramento delle strutture di accoglienza. L'appello alla solidarietà dei francesi era stato lanciato dopo la tragedia dell'estate 2003, quando l'eccezionale calura provocò la morte di almeno 15 mila anziani.
Di fatto, al di là delle motivazioni sindacali e del giudizio morale, la Francia ha messo in atto una giornata di disobbedienza civile che si è drammaticamente ritorta contro il governo, la cui popolarità è scesa in questi giorni ai minimi storici.
Adesso sono in molti ad accusare il governo di una mossa maldestra, che avrebbe seriamente compromesso l'eccezionale mobilitazione mediatica a favore del sì.
Le dimissioni di Jean-Pierre Raffarin e un nuovo rimpasto vengono date per scontate: il presidente Jacques Chirac deciderà subito dopo e in base ai risultati del referendum, ma è comunque improbabile che Raffarin superi l'estate.
Raffarin ha difeso con coraggio le ragioni di una decisione che, in cuor suo, avrebbe dovuto avere anche effetti pedagogici sulla mentalità collettiva. D'altra parte, una giornata di lavoro non retribuita è risultata inaccettabile dopo lo stop al sistema delle 35 ore lavorative e i sacrifici imposti da una congiuntura economica piuttosto sfavorevole.
Il nome del candidato che circola con maggior insistenza è quello di Michele Alliot-Marie, attuale ministro della Difesa: una fedelissima del presidente.
Il lunedì nero della Francia ha rafforzato il sentimento collettivo di protesta e resistenza sociale che, almeno nei sondaggi, si traduce in nuovi punti percentuali a favore del no al referendum europeo: addirittura il 54 per cento. I giochi sono tutt'altro che scontati, anche perché i sondaggi resi pubblici a ripetizione finiscono per avere un effetto psicologico più che rispecchiare reali tendenze. Tuttavia la preoccupazione di larga parte dell'establishment politico ed economico - largamente a favore del sì - è ora sempre più palpabile.
In piena campagna referendaria, il lunedì nero diventa lo specchio delle tematiche che agitano la Francia e condizionano l'atteggiamento dei francesi, la cui principale preoccupazione sembra ormai essere soltanto quella di capire quanto il trattato costituzionale possa incidere sul modello di Stato sociale cui sono così attaccati. Chi fa campagna per il no ne preannuncia lo smantellamento, nella prospettiva di un'Europa più liberista. Chi fa campagna per il sì assicura che l'Europa sarà più sociale e garantista. Un messaggio che divide soprattutto la sinistra, ma che complica anche la campagna della destra: Chirac, in campo per il sì, esalta l'idea che il modello francese sia esportabile in Europa. Il suo rivale, Nicolas Sarkozy, difende il trattato dicendo che il modello francese è invece superato.
E i francesi non sanno più a chi credere. Il trattato è stato distribuito per posta a tutte le famiglie. Vignetta emblematica del Canard Enchaîné : «Non ci capisco nulla», dice lui. «Stai leggendo il manuale del ddv», risponde lei. Per molti è la stessa cosa.
Di fatto, al di là delle motivazioni sindacali e del giudizio morale, la Francia ha messo in atto una giornata di disobbedienza civile che si è drammaticamente ritorta contro il governo, la cui popolarità è scesa in questi giorni ai minimi storici.
Adesso sono in molti ad accusare il governo di una mossa maldestra, che avrebbe seriamente compromesso l'eccezionale mobilitazione mediatica a favore del sì.
Le dimissioni di Jean-Pierre Raffarin e un nuovo rimpasto vengono date per scontate: il presidente Jacques Chirac deciderà subito dopo e in base ai risultati del referendum, ma è comunque improbabile che Raffarin superi l'estate.
Raffarin ha difeso con coraggio le ragioni di una decisione che, in cuor suo, avrebbe dovuto avere anche effetti pedagogici sulla mentalità collettiva. D'altra parte, una giornata di lavoro non retribuita è risultata inaccettabile dopo lo stop al sistema delle 35 ore lavorative e i sacrifici imposti da una congiuntura economica piuttosto sfavorevole.
Il nome del candidato che circola con maggior insistenza è quello di Michele Alliot-Marie, attuale ministro della Difesa: una fedelissima del presidente.
Il lunedì nero della Francia ha rafforzato il sentimento collettivo di protesta e resistenza sociale che, almeno nei sondaggi, si traduce in nuovi punti percentuali a favore del no al referendum europeo: addirittura il 54 per cento. I giochi sono tutt'altro che scontati, anche perché i sondaggi resi pubblici a ripetizione finiscono per avere un effetto psicologico più che rispecchiare reali tendenze. Tuttavia la preoccupazione di larga parte dell'establishment politico ed economico - largamente a favore del sì - è ora sempre più palpabile.
In piena campagna referendaria, il lunedì nero diventa lo specchio delle tematiche che agitano la Francia e condizionano l'atteggiamento dei francesi, la cui principale preoccupazione sembra ormai essere soltanto quella di capire quanto il trattato costituzionale possa incidere sul modello di Stato sociale cui sono così attaccati. Chi fa campagna per il no ne preannuncia lo smantellamento, nella prospettiva di un'Europa più liberista. Chi fa campagna per il sì assicura che l'Europa sarà più sociale e garantista. Un messaggio che divide soprattutto la sinistra, ma che complica anche la campagna della destra: Chirac, in campo per il sì, esalta l'idea che il modello francese sia esportabile in Europa. Il suo rivale, Nicolas Sarkozy, difende il trattato dicendo che il modello francese è invece superato.
E i francesi non sanno più a chi credere. Il trattato è stato distribuito per posta a tutte le famiglie. Vignetta emblematica del Canard Enchaîné : «Non ci capisco nulla», dice lui. «Stai leggendo il manuale del ddv», risponde lei. Per molti è la stessa cosa.
Sullo stesso argomento
Articoli in archivio
di Marc Lazar su La Repubblica del 01/06/2005
di Aldo Cazzullo su Corriere della Sera del 31/05/2005
In biblioteca
di AA.VV.
Franco Angeli, 2006
Franco Angeli, 2006
di Tommaso Padoa-Schioppa
Rizzoli, 2006
Rizzoli, 2006
di AA.VV.
Il Mulino, 2006
Il Mulino, 2006