Da La Repubblica del 14/05/2005
Rivolta islamica in Uzbekistan
Gli integralisti assaltano carceri e caserme, l'esercito spara: 50 morti
Dopo il Kirghizistan in crisi un'altra repubblica dell'ex Urss Liberati 4 mila estremisti wahabiti
di Giampaolo Visetti
MOSCA - L'Uzbekistan torna ad un passo dalla rivoluzione. Tragico il bilancio di una giornata di guerra: 10 morti e 39 feriti secondo fonti ufficiali, oltre 50 vittime e centinaia di feriti secondo i testimoni. La rivolta è scoppiata improvvisa alla mezzanotte di ieri ad Andijan, quarta città del Paese posta nella vallata di Fergana, al confine con Kirghizistan, Kazakhstan e Tagikistan. Tensione però anche a Tashkent. Nella capitale uno sconosciuto ha cercato di penetrare nell'ambasciata di Israele. Temendo un attentato suicida, le guardie hanno sparato uccidendo quello che sembrava un kamikaze. L'uomo, invece che con una cintura esplosiva, si era imbottito con pezzi di legno.
Dopo la rivolta di fine marzo in Kirghizistan, a pochi mesi dalle insurrezioni in Georgia e Ucraina, un'altra repubblica post-sovietica sembra lanciata verso un cambio di regime, o una guerra civile a sfondo religioso. In base ad una ricostruzione priva di riscontri diretti, due bande di fondamentalisti islamici avrebbero preso d'assalto la sede della polizia, alcuni palazzi governativi e il carcere. Duecento uomini armati avrebbero occupato anche una scuola abbandonata, prendendo in ostaggio alcune donne e bambini. Nel giro di un paio d'ore sarebbero riusciti a liberare dal penitenziario 4 mila detenuti, in maggioranza estremisti wahabiti e prigionieri politici vittime delle repressioni del presidente Islam Karimov. Una decina di guardie sarebbe nelle loro mani. Gli insorti, affiliati al gruppo "Akramia" e a "Hizb-ut Tahrir Al Islami" ("Partito della liberazione islamica"), chiedevano la mediazione del Cremlino e la liberazione di 24 attivisti arrestati in febbraio per «attività contro lo Stato». Non esiste una versione chiara dei fatti: oscurati i network internazionali, chiusi i media indipendenti, isolata la zona. All'alba, polizia ed esercito hanno risposto all'attacco. La città, 300 mila abitanti, si è trasformata in un campo di battaglia. Gli insorti hanno appiccato il fuoco ai palazzi, incendiato decine di auto, rubato armi dalle caserme. Karimov, vecchio segretario del Pcus sovietico riciclato al potere 15 anni fa con Gorbaciov giurando di essere un democratico, si è precipitato ad Andijan. Ha tentato invano di trattare con i ribelli.
Kirghizistan, Kazakhstan e Tagikistan hanno chiuso le frontiere. Interrotti collegamenti aerei e strade. Circondata dall'esercito la città. Alcuni abitanti hanno riferito di aver visto cadaveri per le strade. Le autorità, a mezzogiorno, hanno annunciato di aver ripreso il controllo della situazione. Gli scontri sono invece degenerati. Migliaia di persone sono scese in piazza dalla parte dei ribelli. La folla invocava le dimissioni di Karimov, la cacciata del potere, nuove elezioni, libertà, giustizia. Dietro la rabbia, una povertà devastante, disoccupazione, un regime repressivo fondato sul terrore e su decine di omicidi. Verso sera l'esercito ha caricato la folla a bordo di camion e blindati. I soldati sparavano in aria e sulla gente, udite numerose esplosioni. A tarda ora un portavoce governativo ha dichiarato che un gruppo di ribelli era circondato, mentre un altro sarebbe fuggito. Il palazzo dell'amministrazione regionale è stato riconquistato. Alcuni abitanti sostengono al contrario che la rivolta si diffonde e che parte delle forze armate ha già disertato. Nella notte la calma è tornata in centro, mentre la battaglia prosegue in periferia. Karimov è rientrato a Tashkent. Su Andijan convergono ambulanze e mezzi militari.
A capo della rivolta ci sarebbero Sharipjan Shakirov e Akram Juldashev, teologi musulmani liberati di prigione. Punterebbero a rovesciare il potere per fondare un califfato fondamentalista nelle repubbliche ex sovietiche dell'Asia centrale. Dal 1996 i loro adepti delle scuole coraniche si contano a migliaia. Lo scorso anno, in marzo, una serie di attacchi aveva causato 42 morti tra Tashkent e Bukhara. A fine luglio tre kamikaze si erano fatti esplodere davanti alle ambasciate Usa e d'Israele. I leader dell'opposizione democratica affermano che questa è la versione di comodo delle autorità e che l'estremismo islamico non c'entra. Si tratterebbe invece di una rivoluzione laica, per liberare la nazione dalla dittatura di Karimov e dalla fame. La Russia, sotto choc per l'escalation di destabilizzazione nello spazio post-sovietico, si è schierata con Karimov e ha condannato l'insurrezione. Invito a «mezzi pacifici», ma sostegno ad un «governo più democratico», dagli Usa che dal 2001 dispongono di due basi aeree nel Paese. Dalla Ue accuse a Karimov per «la violazione dei diritti umani, il mancato rispetto della legge e la politica carente contro la povertà».
Dopo la rivolta di fine marzo in Kirghizistan, a pochi mesi dalle insurrezioni in Georgia e Ucraina, un'altra repubblica post-sovietica sembra lanciata verso un cambio di regime, o una guerra civile a sfondo religioso. In base ad una ricostruzione priva di riscontri diretti, due bande di fondamentalisti islamici avrebbero preso d'assalto la sede della polizia, alcuni palazzi governativi e il carcere. Duecento uomini armati avrebbero occupato anche una scuola abbandonata, prendendo in ostaggio alcune donne e bambini. Nel giro di un paio d'ore sarebbero riusciti a liberare dal penitenziario 4 mila detenuti, in maggioranza estremisti wahabiti e prigionieri politici vittime delle repressioni del presidente Islam Karimov. Una decina di guardie sarebbe nelle loro mani. Gli insorti, affiliati al gruppo "Akramia" e a "Hizb-ut Tahrir Al Islami" ("Partito della liberazione islamica"), chiedevano la mediazione del Cremlino e la liberazione di 24 attivisti arrestati in febbraio per «attività contro lo Stato». Non esiste una versione chiara dei fatti: oscurati i network internazionali, chiusi i media indipendenti, isolata la zona. All'alba, polizia ed esercito hanno risposto all'attacco. La città, 300 mila abitanti, si è trasformata in un campo di battaglia. Gli insorti hanno appiccato il fuoco ai palazzi, incendiato decine di auto, rubato armi dalle caserme. Karimov, vecchio segretario del Pcus sovietico riciclato al potere 15 anni fa con Gorbaciov giurando di essere un democratico, si è precipitato ad Andijan. Ha tentato invano di trattare con i ribelli.
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