Da La Repubblica del 02/06/2005

Una roulette per il bilancio

di Massimo Riva

La situazione della finanza pubblica si sta facendo più grave di mese in mese, ma anche sempre meno seria. In proposito la giornata di ieri è stata davvero di quelle memorabili per misurare la sproporzione crescente fra i guasti che si stanno manifestando nel bilancio dello Stato e la pervicace inadeguatezza di chi oggi è chiamato a porvi rimedio.

Nelle stesse ore nelle quali l'Unione europea riconfermava la pericolosa deviazione dei nostri conti pubblici dagli impegni solennemente assunti e il Tesoro annunciava un'autentica esplosione del fabbisogno nel mese di maggio, la maggioranza che governa il Paese non ha trovato di meglio che rilanciare la stravagante trovata tremontiana di risolvere i problemi del Mezzogiorno con l'affitto novantennale di spiagge e litorali, oltre che con la piena libertà di aprire case da gioco e di vendervi alcolici senza più restrizioni.

Se si voleva offrire all'Europa e al mondo intero un classico spettacolo da Paese d'operetta, non si poteva proprio escogitare di meglio e, per giunta, nel momento meno indicato sotto ogni profilo. Il ministro degli Esteri, per esempio, è già alle prese con una gran brutta gatta da pelare: quella di un bilancio di previsione dell'Unione nel quale i fondi di sostegno per l'Italia sono robustamente tagliati a causa dell'allargamento dell'Europa ai Paesi dell'Est. Con un soprassalto di orgoglio patriottico, il buon Gianfranco Fini si è spinto a minacciare un atto al quale l'Italia non ha quasi mai fatto ricorso dalla fondazione della Comunità: l'esercizio del veto sul bilancio. Una scelta da generale De Gaulle o da Margaret Thatcher.

Ma come potrà il poveretto farsi prendere altrettanto sul serio, avendo alle spalle un Paese e soprattutto un governo ai quali la Commissione europea rimprovera, inascoltata da tempo, una gestione irresponsabile dei conti pubblici? il rapporto reso noto ieri a Bruxelles conferma i guai della nostra finanza pubblica: 1) il rapporto deficit/pil continua a volare ben oltre la soglia del 3%; 2) il debito ha smesso di scendere e, anzi, sta per tornare a crescere; 3) tutto ciò, quindi, postula presto una forte manovra correttiva. Questo insistente stillicidio di cifre negative sull'Italia da parte della Commissione di Bruxelles ha un preciso obiettivo: quello di preparare il terreno all'apertura di una solenne e formale procedura d'infrazione alle regole dell'Unione contro il governo di Roma.

Decisione, del resto, ormai alle viste per la prossima settimana. In questo scenario, naturalmente, nulla vieta al nostro ministro degli Esteri di fare la faccia feroce nel negoziato sul bilancio, ma Fini coltiva una penosa illusione se crede di poter impressionare i suoi interlocutori. Affinché l'Italia e le sue magari giustificate richieste siano prese sul serio in Europa occorrerebbe che il patrio governo potesse dimostrare una non meno seria pagella per quanto riguarda la conduzione dei conti pubblici.

Così, purtroppo, non è stato nel recente passato e ancor meno lo è nel presente. Come, giusto ieri, ha dovuto confermare lo stesso ministero dell'Economia annunciando che il fabbisogno del mese appena concluso è stato di 14,8 miliardi di euro contro i 9,8 del maggio dello scorso anno. Cinque tondi miliardi in più, che seppelliscono definitivamente l'ottimismo di maniera con il quale il ministro Siniscalco insiste nel dire che la situazione è sotto controllo. Il fatto è che a Bruxelles non si possono raccontare le stesse panzane con le quali Berlusconi e soci si sono abituati a imbonire gli italiani sul compiacente set di «Porta a Porta».

E qui si arriva al punto più dolente. La maggioranza tenta di infilare di soppiatto, in un provvedimento pomposamente intitolato al recupero di competitività, la bella trovata di fare cassa con una sorta di enfiteusi dei litorali e con la licenza di aprire casinò a volontà. Simili comportamenti di finanza acrobatica sviliscono l'immagine del Paese, ne danneggiano la credibilità, ne sabotano il potere negoziale in qualunque sede internazionale.

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