Da Corriere della Sera del 26/07/2005

Sharm, la polizia segue la pista pakistana

Nove ricercati. Gli islamici si sarebbero infiltrati dal deserto, retata in due villaggi

di Lorenzo Cremonesi

SHARM EL SHEIKH - Chi sono i terroristi? Per il governo egiziano la cattura dei responsabili dell’attentato di venerdì notte qui sul Mar Rosso sta diventando una sfida con il futuro. Si tratta di dimostrare a se stessi e al mondo che i turisti possono tornare, che il Paese e la sua economia restano stabili, che l’estremismo islamico può essere battuto. E l’inchiesta prosegue a tutto campo. Prima fra tutte cresce la pista pachistana. Ieri le televisioni internazionali arabe Al Jazira e Al Arabiya hanno mostrato le fotocopie dei passaporti di almeno 2 tra 9 cittadini pachistani compresi tra i 18 e 30 anni (la polizia poi ne ha confermati 5) che il 5 luglio sarebbero arrivati illegalmente dal Cairo alla penisola del Sinai. Ora sono i primi dei ricercati. Uno di loro potrebbe essere il kamikaze che si è fatto esplodere nella lobby del Ghazala Hotel. Gli specialisti stanno esaminando le tracce del suo Dna.

Una pista messa però decisamente in dubbio da Pervez Musharraf. «Le cellule di Al Qaeda in Pakistan sono state battute. Hanno certamente perso la capacità di colpire in luoghi distanti come il Sinai o Londra», ha dichiarato ieri il presidente pachistano. Il punto è che, tradizionalmente, nella regione si tende ad accusare le «infiltrazioni di provocatori e di estremisti stranieri» per evitare di affrontare i problemi interni. Ma stavolta gli inquirenti sembrano pronti a non farsi condizionare. Pur insistendo sul canale pachistano, ieri c’era anche chi prendeva in considerazione un eventuale legame fra l’attentato di Sharm e quello a Taba il 7 ottobre 2004, quando morirono 34 persone. In quel caso vennero incriminati alcuni palestinesi provenienti da El Arish, il cui processo è ripreso domenica.

Certo è che qualcosa non ha funzionato nei servizi di sicurezza. «Abbiamo fallito. Questo è stato un attentato complesso, che ha visto coinvolti numerosi terroristi, molti chili di esplosivo e diverse auto. Come è possibile che abbiano potuto muoversi impuniti?», confermano scoraggiati al Corriere alcuni ufficiali della polizia nel Sinai. E scattano le punizioni. Il governo ha annunciato ieri il licenziamento dei due generali a capo della sicurezza nel Sinai settentrionale e meridionale, rispettivamente Mohieddin el-Gammal e Hamdi Ghali. Nel Sud subentra oggi il generale Osama el-Morasi, già responsabile nell’alto Egitto e noto esperto nell’antiterrorismo. A lui anche il compito di fare luce tra le varie rivendicazioni dell’attentato apparse negli ultimi giorni sui web.

Ieri uno dei gruppi che si era già espresso subito dopo le tre esplosioni di Sharm è tornato a farsi vivo. «Lanceremo una guerra totale se ebrei e cristiani non lasceranno il Paese entro 60 giorni», si legge. A firma: «I sacri guerrieri dell’Egitto». Ma gli esperti tendono a dare più credito ai comunicati del gruppo filo-Al Qaeda, Brigate Abdullah Azzam, che si era già fatto vivo ai tempi del massacro di Taba.

La polizia del Sinai sta organizzando una vasta rete di arresti e controlli in tutta la regione. Sembra che nelle ultime 48 ore sia stato fermato un numero consistente di persone (tra 70 e 100). Vi sarebbero stati anche alcuni scontri a fuoco con gruppi di beduini nel Sinai. E la situazione potrebbe degenerare. Dopo l’attacco di Taba, gli arrestati furono oltre 3.000. Molti di loro rimasero in carcere per diversi mesi. Più tardi le organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani segnalarono diversi casi di abusi e torture.

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