Da La Repubblica del 03/08/2005

I cambiamenti climatici rivoluzionano le coltivazioni. E le palme arrivano ai piedi delle Alpi

La migrazione della frutta

di Antonio Cianciullo

ROMA - Ulivi in Piemonte, palme sulle Alpi, peschi e mandorli che fioriscono sempre prima e sempre più a nord, vini da tavola che si trasformano in vini da dessert, cereali che muoiono per mancanza d'acqua. Agricoltori e meteorologi lanciano l'allarme: la rivoluzione del clima sta sconvolgendo le coltivazioni, le piante da frutto "migrano" verso Nord, in Inghilterra si coltivano albicocche, specie esotiche compaiono tra le montagne. Ma i produttori si adeguano e lanciano sul mercato frutti più resistenti e verdure in via d'estinzione.

ROMA - Il mutamento climatico cambia anche la nostra agricoltura. Le piante da frutto salgono lentamente verso Nord e guadagnano quota, i cereali che hanno bisogno di molta acqua sono in crisi, le piante più fragili vengono minacciate dall'alternarsi di siccità e alluvioni. E' uno sconvolgimento che attraversa tutta l'Europa. Il quotidiano The Independent ha battezzato il 2005 l'«anno dell'albicocca»: questo frutto, arrivato nel Mediterraneo al seguito dell'esercito di Alessandro Magno, per la prima volta è stato coltivato su larga scala nel Regno Unito. E, dopo questo successo, oltre Manica arriveranno il pinot nero, le mele cotogne e le mandorle.

Anche in Italia il quadro agricolo è in movimento. L'Ibimet (Istituto di biometeorologia) e l'Ucea (Ufficio centrale di ecologia agraria) hanno raccolto dati che fotografano una crisi strutturale. L'ulivo tende a spostarsi a Nord, fino in Piemonte, perché sopra i 33 gradi i fiori abortiscono e comincia a soffrire di carenza d'acqua. Peschi, mandorli, albicocchi hanno una fioritura anticipata di 15 giorni, ma sono minacciati dalle gelate perché il caldo parte fuori stagione e viene interrotto da brevi momenti freddi che stroncano le fioriture anticipate. In Veneto il vino da tavola tende a trasformarsi in vino da dessert, in Trentino le vigne da spumante si spostano verso l'alto in cerca di un clima più adatto. E mentre le nostre piante tradizionali soffrono, quelle esotiche prosperano: i semi che il vento trascina fuori dalle serre e dagli orti botanici si trovano inaspettatamente a proprio agio. Le valli del canton Ticino vedono l'avanzata della palma nana e dell'albero della canfora.

«Di fronte all'aumento della pressione climatica, la fragilità di un sistema produttivo agricolo che ha spinto troppo sulla chimica e sull'irrigazione comincia a risultare evidente», afferma Pina Eramo, presidente di Anabio (Associazione nazionale agricoltura biologica). «Bisogna lavorare al recupero delle varietà adeguate al nuovo clima: quelle selezionate nel corso dei secoli hanno una buona capacità di adattamento, le altre, scelte in laboratorio per aumentare la produttività, appaiono più vulnerabili».

Molti di questi cultivar tradizionali sono andati persi. Altri vengono conservati vicino a Città di Castello dove Livio Dalla Ragione, il fondatore dell'associazione Archeologia arborea, custodisce 400 piante da frutto in via di estinzione: dalla pera ghiacciola, che disseta più di un bicchier d'acqua, alla mela agostina, piena di liquido come una spremuta, dalla rossa d'estate, un'altra mela con un leggero gusto di limone alle susine verdacchie, succose e non troppo dolci.

«Anche in Piemonte si stanno recuperando specie di mele particolarmente resistenti alla siccità e agli attacchi degli insetti, sempre più insistenti: quest'anno in molte zone dell'Astigiano e delle Langhe le invasioni di cavallette hanno creato seri problemi», aggiunge Silvio Barbero, segretario di Slow Food. «I 200 presidi che abbiamo costituito per tutelare i prodotti a rischio estinzione servono non solo a difendere i sapori tradizionali, ma anche a salvaguardare coltivazioni preziose in un'epoca segnata da un clima sempre più instabile».

Nell'elenco dei presidii più adatti alla stagione della siccità figurano: il Vialone nano di Grumolo Delle Abbadesse (in provincia di Vicenza), un riso già coltivato dai monaci; la cicerchia di serra de' Conti (vicino a Iesi), un legume povero che viene su bene in terre asciutte; la mela rosa dei monti Sibillini; la fagiolina del lago Trasimeno, un fagiolo bianco poco più grande di un chicco di riso che sopravvive anche senza grandi quantità d'acqua; il cappero di Salina; lo zafferano di San Gavino Monreale (Cagliari); il pistacchio di Bronte. Tra i cereali ci sono il farro e il grano saraceno, che crescono in bassa montagna.

Anche nel mondo del vino l'effetto serra sta causando cambiamenti significativi: alcune zone e alcuni vitigni vengono penalizzati, altri si avvantaggiano. «Ad esempio la vendemmia anticipata non crea problemi a uno chardonnay, mentre le uve di moscato rischiano di essere colte prima di aver maturato pienamente la loro carica aromatica», aggiunge Barbero. «Inoltre il Trentino e l'alta Langa dispongono di colline alte che permettono ai vitigni di salire riguadagnando con la quota il loro habitat ideale. La stessa cosa non si può dire per una zona come il Franciacorta».

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