Da Corriere della Sera del 22/08/2005

L’effetto del caro-petrolio? «Avrà un impatto modesto sulla finanza pubblica». Da domani il Tesoro al lavoro sulla manovra

Siniscalco: "Una finanziaria da 17,5 miliardi"

Il Fondo rivede al rialzo le stime sulla crescita italiana. Il ministro: conti credibili

di Mario Sensini

FMI. Venerdì scorso il Fondo Monetario aveva previsto una contrazione del Pil italiano dello 0,3%, da una precedente previsione del ?1,2%. Ieri ha ricalcolato la stima per rivederla al rialzo, a quota zero, grazie alla crescita italiana nel secondo trimestre. ISTAT. Lo scorso 11 agosto, l’Istat ha annunciato una crescita trimestrale del Pil dello 0,7% rispetto al trimestre precedente.

È la crescita maggiore registrata dal 2001.

ROMA - «E’ la dimostrazione che la politica economica italiana è pienamente credibile. Le nuove stime del Fondo Monetario sono perfettamente allineate a quelle del Documento di Programmazione. E da lì ripartiremo per la Finanziaria, che avrà una portata di 17,5 miliardi di euro. Altro che Documento superato, da riscrivere...». Prima di commentare la buona novella, il ministro dell’Economia Domenico Siniscalco deve togliersi un sassolino dalla scarpa. «Il Fondo ci dà ragione. E’ singolare, e anche un po’ ridicolo, che i commentatori economici italiani si siano lanciati in un dibattito isterico sui conti pubblici italiani allo sbaraglio, sul Dpef da buttare, fidandosi delle indiscrezioni pubblicate dalla stampa tedesca sui vecchi dati del Fondo Monetario», dice il ministro.

La buona notizia è che quelle stime, che indicavano per l’Italia un prodotto interno lordo in calo dello 0,3% nel 2005, sono state appena riviste per tener conto dei buoni dati sul secondo trimestre dell’anno. La crescita prevista per l’economia italiana, adesso, è pari a zero. Il quadro resta poco entusiasmante, ma è certo meno nero che in passato. Anche perché l’aggiustamento appena operato alle previsioni 2005 potrebbe indurre il Fondo, nell’Outlook definitivo che uscirà a fine settembre, «a migliorare anche le stime sulla crescita del 2006 per ora ferme all’1,5%» dice Siniscalco.

«Le nostre previsioni erano corrette. Sono e siamo credibili. Nel Documento di Programmazione abbiamo cercato di essere più prudenti possibili» aggiunge il ministro dell’Economia, che domani rientrerà a Roma dalle vacanze: «Il Dpef è una base valida da cui dobbiamo ripartire per costruire la Finanziaria, camminando senza ondeggiare». Dove quell’ondeggiare può esser letto come un nuovo invito alla maggioranza a non cedere alle tentazioni elettorali, o all’opposizione perché non ceda ai catastrofismi. «Sarà una Finanziaria importante - spiega Siniscalco - e serve un dibattito serio, non isterico, sulla politica economica».

Per ora la dimensione degli interventi da attuare con la legge di bilancio è fissata a 17,5 miliardi di euro. Undici e mezzo per correggere il deficit pubblico, ovvero quegli 0,8 punti di pil di cui parla il Dpef per portare l’indebitamento netto dal tendenziale del 4,6 al 3,8%. «Più circa 6 miliardi di euro per il rilancio dell’economia» aggiunge Siniscalco. In tutto 17,5 miliardi da recuperare nel bilancio essenzialmente grazie «ai tagli alla spesa pubblica e all’allargamento della base imponibile attraverso la lotta all’evasione fiscale», spiega il ministro.

Lui per il momento lavora sulle coperture, cioè sui tagli e sulle nuove entrate che si renderanno necessari per finanziare la manovra. L’articolazione degli interventi a sostegno dell’economia è decisione prettamente politica. Di sicuro, però, nel pacchetto ci sarà un primo taglio sostanziale all’Irap. Cinque miliardi di euro di sgravi per il 2006, di cui quattro per le imprese e uno per i professionisti, che nel bilancio pubblico dell’anno prossimo peseranno tuttavia di meno (circa 3 miliardi) per il gioco dei saldi e degli acconti. Ci saranno, nelle intenzioni, anche nuovi interventi fiscali per le famiglie e una nuova spinta agli investimenti pubblici.

Già domani, al Tesoro, si cominceranno a fare le prime simulazioni, i primi calcoli. Il prezzo del petrolio alle stelle, che secondo alcuni osservatori costringerebbe il Tesoro a rivedere decisamente in peggio le proprie stime sull’andamento dei prezzi, e indirettamente sulla crescita, preoccupano fino a un certo punto. Al Tesoro valutano anche scenari che apparirebbero catastrofici, con il barile a 80 dollari, con relativa tranquillità. «Certo - dice Siniscalco - stiamo seguendo la situazione con molta attenzione. Ma per fortuna l’Italia è un paese molto meno sensibile di altri alla crescita del prezzo del petrolio. Se restasse a 60 dollari al barile per tre anni, la crescita italiana perderebbe, in tutto, tre decimali di punto. La Cina tre punti».

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