Da Corriere della Sera del 25/08/2005
Il governo vuole una legge per cambiare Banca d'Italia
Niente autoriforma, mandato a termine di 8 anni L'esecutivo accelera. Cresce il pressing su Fazio
di Mario Sensini
ROMA - Tutto è pronto per l'affondo finale sulla Banca d'Italia. Almeno dal punto di vista tecnico, l'armamentario del governo per portare a termine la riforma della banca centrale è ormai a punto. Le carte e i pareri giuridici messi insieme nel corso dell'estate spianano la strada alla soluzione drastica, un'iniziativa legislativa che escluderebbe il progetto di autoriforma sulla quale avrebbe cominciato a lavorare la banca stessa. Il tutto per trasformare la Banca d'Italia da organo monocratico qual è nei fatti diventato oggi, a istituzione collegiale, trasparente e responsabile dal punto di vista democratico. Ovviamente prevedendo anche un mandato a termine (di otto anni) per il governatore. Benché resti esclusa la possibilità di revocare «ex lege» il mandato ad Antonio Fazio, che formalmente sarebbe confermato in un regime transitorio di non brevissima durata, cinque anni, nel governo sono sempre più convinti che tanto basti a spingere l'attuale governatore, accusato con i suoi comportamenti disinvolti nei confronti dei regolati di aver minato la credibilità dell'istituzione, a farsi da parte.
Un pressing pesantissimo, insomma, pronto a scattare subito dopo il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (Cicr), al quale domani il governatore Antonio Fazio renderà conto del suo operato, e il Consiglio dei ministri del prossimo 2 settembre, dal quale dovrà scaturire la necessaria decisione politica. Ormai quasi scontata, come ammettono a mezza bocca molti esponenti dell'esecutivo, pronti a cogliere anche gli aperti segnali di disponibilità dell'opposizione. Ieri ne avrebbero discusso in Sardegna il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e il ministro delle Attività Produttive, Claudio Scajola, che domani parteciperà alla nuova riunione del Cicr.
Rotti gli indugi e verificata ancora una volta la tenuta giuridica il piano è dunque definito. L'ariete sarà una norma di legge, magari inserita nel ddl sul risparmio, per riformare lo statuto della banca centrale. L'ipotesi viene esplicitamente ritenuta dalla Bce «conforme al Trattato», purché escluda la revoca dell'attuale governatore. Per il quale occorre invece prevedere un regime transitorio. Sulla sua lunghezza si sta ancora ragionando. Potrebbero essere i cinque anni di mandato minimo cui fa riferimento lo statuto del Sebc, ma il punto non è questo. Perché comunque, anche nel periodo transitorio, Fazio non sarebbe più il governatore della stessa banca, l'accentratore di tutte le decisioni sensibili. Bankitalia diverrebbe un organo collegiale, esattamente come lo è la Bce. Con un Consiglio direttivo che prende le decisioni a maggioranza. E motivandole.
Del resto, ha ricordato recentemente ai suoi colleghi il ministro dell'Economia, Domenico Siniscalco, è la stessa Bce a sostenere nei suoi documenti che «il naturale complemento dell'indipendenza della vigilanza siano gli obblighi di trasparenza e responsabilità». L' accountability , insomma, nei confronti del potere esecutivo, cui compete la nomina del governatore. Un cambiamento radicale da imporre, considerato che il governo non crede più nell'autoriforma di Bankitalia. Il ministro dell'Economia l'aveva chiesta ben otto mesi fa.
Un pressing pesantissimo, insomma, pronto a scattare subito dopo il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (Cicr), al quale domani il governatore Antonio Fazio renderà conto del suo operato, e il Consiglio dei ministri del prossimo 2 settembre, dal quale dovrà scaturire la necessaria decisione politica. Ormai quasi scontata, come ammettono a mezza bocca molti esponenti dell'esecutivo, pronti a cogliere anche gli aperti segnali di disponibilità dell'opposizione. Ieri ne avrebbero discusso in Sardegna il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e il ministro delle Attività Produttive, Claudio Scajola, che domani parteciperà alla nuova riunione del Cicr.
Rotti gli indugi e verificata ancora una volta la tenuta giuridica il piano è dunque definito. L'ariete sarà una norma di legge, magari inserita nel ddl sul risparmio, per riformare lo statuto della banca centrale. L'ipotesi viene esplicitamente ritenuta dalla Bce «conforme al Trattato», purché escluda la revoca dell'attuale governatore. Per il quale occorre invece prevedere un regime transitorio. Sulla sua lunghezza si sta ancora ragionando. Potrebbero essere i cinque anni di mandato minimo cui fa riferimento lo statuto del Sebc, ma il punto non è questo. Perché comunque, anche nel periodo transitorio, Fazio non sarebbe più il governatore della stessa banca, l'accentratore di tutte le decisioni sensibili. Bankitalia diverrebbe un organo collegiale, esattamente come lo è la Bce. Con un Consiglio direttivo che prende le decisioni a maggioranza. E motivandole.
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