Da La Repubblica del 02/09/2005
Originale su http://www.repubblica.it/2005/h/sezioni/esteri/urakatri/incu/incu.html

L'incubo americano nella città morta

di Vittorio Zucconi

WASHINGTON - Guardiamo la Pompei americana morire abbandonata a se stessa. Come la lava del Vesuvio, così l'acqua delle paludi e del lago ha ormai riempito la bacinella nella quale sorgeva, secondo la implacabile legge dei vasi comunicanti, quando gli argini hanno ceduto. E ora brucia, come una pira funebre di un funerale barbaro, in mezzo a un lago d'acqua, perché il petrolio e la benzina vomitati dai serbatoi e dai distributori hanno preso fuoco. Fango, acqua, vento e fuoco.

"E' il castigo di Dio contro la Sodoma e Gomorra che ha spalancato le porte al vizio, ai sodomiti e alla celebrazione del peccato", predica allucinato il reverendo Michael Marcavage, pastore della congregazione evangelica "America Repent", pèntiti America. "Peccatori, viziosi e sodomiti", sono bruciati vivi in un ospizio per vecchi che non erano stati evacuati e tentavano di bollire l'acqua nelle loro stanzette con fuochi di fortuna.

Quanti morti? Altri peccatori innocenti vagano con i loro bambini, gli stracci, le stecche di sigarette e le armi rubate ai saccheggi sui carrelli da barboni, aspettando autobus che li portino via, "boat people" nella nazione più ricca del mondo. I morti che camminano nella Pompei sul Golfo del Messico aspettano soccorsi che cinque giorni dopo ancora non arrivano dal ponte della autostrada I10, punteggiata soltanto da carcasse di uomini abbandonati sull'asfalto come cani e conigli centrati dal traffico, gettati da auto e camion che passano via, dicono i rarissimi agenti.
Migliaia di soldati dovrebbero arrivare addirittura dall'Iraq, dove Katrina ha fatto quello che la politica non vuol fare. Ha cominciato il ritiro di sei mila soldati del Mississippi e della Louisiana.

Sono sempre gli stessi, i morti nella città morta, tutti neri di pelle, tutti palesemente poveri, molti di loro armati con gli schioppi e le pistole saccheggiate in quei grandi magazzini come Wal-Mart che li vendono al banco, tra i frullatori e i fiocchi d'avena. E' il sottoproletariato nero di una New Orleans che non ha peccato per sesso o per gola, ma per iniquità verso i propri fratelli più deboli.

Centocinquantamila persone erano rimaste intrappolate in città, ammucchiate in quello stadio dove due vecchie hanno perso la speranza e si sono buttate dalle gradinate, per suicidarsi. Gli intrappolati esattamente quel 30% del mezzo milione di residenti, classificati "sotto il livello di sussistenza" dal censimento 2000. Dio fa piovere sui giusti e sugli ingiusti, ma i poveri si bagnano di più.

Passano le squadre di monatti che raccolgono con gli uncini i cadaveri gonfi e galleggianti sulle vie canale, e gli untori che tracciano grandi X con la vernice rossa sulle pareti delle case dove sanno o sospettano ci sia un morto. Non c'è il tempo, non ci sono gli obitori refrigerati, indispensabili nell'afa del Delta, per recuperarli e troppa gente viva è ancora appollaiata sui tetti, perché si possa occupare dei morti. Il ghiaccio è l'elemento più prezioso e raro, perché protegge il cibo, i medicinali deperibili, il latte per i bambini. Per un sacco di ghiaccio, un uomo ha ucciso a rivoltellate la sorella che glielo contendeva. Una strana misericordia diffonde l'aroma pungente della benzina e del petrolio e confonde il tanfo della putrefazione.

Il presidente Bush fa quello che può, improvvisa discorsi, recita la parte del condottiero, annuncia controffensive con promesse di immancabile vittoria, si prepara a una visita "touch and go", mordi e fuggi, stamane in Louisiana.

Si presenta in tv con il padre George e con l'odiato ma oggi utile Clinton dietro, per coprirsi le spalle e promettere interventi, soccorsi, ricostruzione. Spedisce la cavalleria, richiamata dall'Iraq a New Orleans, dove il ritorno improvviso al terzo mondo e alla jungla ha spazzato via ogni apparenza di "legge e ordine" e la rabbia dei dannati ha sparato contro gli elicotteri Chinook dell'esercito, come i terroristi sparano ai Chinook in Iraq.

Ci vorranno almeno 40 mila militari, chiede la governatrice Babineaux Blanco, per occupare New Orleans. Ma per ricostruire che cosa, nella stessa bacinella di sabbia che da anni gli ingegneri sapevano essere esposta a quello che stiamo vedendo, "l'incubo" lo chiamò il sindaco Nagin, preferendo ignorarlo. Gli incoscienti amministratori della Pompei sul Golfo del Messico costruirono, per non spendere, argini per reggere a un uragano di categoria 3, quando possono raggiungere il livello 4 o 5, come Katrina. Ma l'empia alleanza delle "mani unte", quella che i predicatori mai fulminano, della politica e dei soldi, degli immobiliaristi e degli amministratori che avevano costruito quartieri di villette sotto agli argini sordi agli avvertimenti, ha condannato New Orleans, altro che sodomiti e puttane.

Oggi, è impossibile, per chi non sia condannato all'ottimismo di Bush che trema al ricordo delle accuse di indifferenza che travolsero suo padre nel 1992 dopo l'uragano Andrew, immaginare che questa città morta possa rivivere, e non soltanto essere rimessa in piedi come una Disneyland della catastrofe.

Lo speaker della Camera, un deputato repubblicano della Georgia, Dennis Hastert, ieri ha osato dire quello che molti pensano, che forse non è il caso di buttare miliardi "e dovremmo pensare se non sia il caso di ricostruirla altrove, in terreni più sicuri". Povera città.
Ancora non ha cominciato a seppellire i suoi morti e già vogliono seppellire lei. La cosa più viva, a New Orleans, sono gli sciami di insaziabili zanzare che stanno nascendo dagli stagni fetidi.

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