Da Il Messaggero del 02/09/2005

Un fantasma contro la democrazia

Dopo la tragedia causata anche dal finto kamikaze, dialogo più difficile

di Marcella Emiliani

Nella Bagdad di oggi il fantasma del terrorismo riesce a fare un numero di vittime ancora maggiore del terrorismo medesimo. E' bastato che tra la folla qualcuno gridasse che erano in azione due kamikaze perché il panico trascinasse uomini, donne e bambini in una calca tale da fare almeno 800 morti e il bilancio continua a salire di ora in ora. Non è la prima volta che nel corso di un pellegrinaggio musulmano si verificano sciagure del genere. La Mecca, la prima città santa dell'Islam, ne sa qualcosa e in Arabia Saudita tutto è pianificato, organizzato e controllato fin nel minimo particolare. La fatalità, quando si assembra un milione di persone in preda ad un grosso coinvolgimento emotivo, è purtroppo sempre in agguato, ma quanto è successo ieri a Baghdad rientra appieno in una dinamica di guerra civile che fa temere davvero il peggio. Il tutto è cominciato in mattinata quando sulle migliaia di persone che stavano recandosi alla moschea sciita di al-Khadimyia, in occasione dell'anniversario della morte del settimo Imam, sono piovuti alcuni proiettili di mortaio. Il numero dei morti a seguito di questo attacco è stato solo di sette, con la polizia irachena che minimizzava il danno davanti alle telecamere, arrivando a sostenere che nessuno aveva sparato. Poi in un clima comunque già sovraeccitato e - particolare non trascurabile - ad una temperatura torrida di 50°, qualcuno si è messo a gridare che almeno due kamikaze stavano per farsi saltare per aria tra la folla ed è stato il caos. Il ministro degli Interni Bayan Jabar è arrivato a sostenere che è stato un terrorista a spargere la voce, mentre vari esponenti del governo si davano un gran da fare a smentire che si trattasse di un attacco "settario", cioè che quanto era successo dovesse essere letto nell'ottica dello scontro tra comunità confessionali che sta insanguinando il paese. Il guaio è che comunque siano andate le cose, gli effetti della strage di ieri avranno pesantissime conseguenze politiche sulla martoriata via della normalizzazione in Iraq. Il balletto delle rivendicazioni è cominciato subito: in un primo momento a rivendicare questo insolito e cruentissimo attentato è stata una formazione della guerriglia sunnita, l'Armata della comunità vittoriosa, ma mentre il numero dei morti saliva in maniera vertiginosa si è fatto vivo l'immancabile al Zarqawi col suo Movimento al Qaeda in Iraq che un'occasione del genere non poteva certo lasciarsela sfuggire, anche nell'ipotesi che non ci abbia avuto niente a che vedere. Perché comunque si voglia leggere la cosa, la gente comune vedrà in quanto è successo un attacco proditorio dei sunniti contro inermi civili sciiti colpiti in un momento sacro come un pellegrinaggio. E celebrare i pellegrinaggi, al di là della ricorrenza religiosa in sé, per gli sciiti iracheni oggi è più importante che mai, in primo luogo perché Saddam Hussein non permetteva loro di celebrare le proprie ricorrenze, in secondo luogo perché oggi gli sciiti possono mostrare alla luce del sole che sono la maggioranza "resuscitata", finalmente uscita dal ghetto e dalla repressione del periodo del lungo dominio sunnita. Una strage del genere per di più è arrivata proprio all'indomani della presentazione ufficiale della Costituzione che, come è noto, è stata rifiutata in toto dai sunniti: sempre nell'ottica della gente comune allora la medesima strage verrà vista non come una fatalità, ma come il rovescio sanguinoso della medaglia costituzionale. Quanto sembra lontano e finto il mondo della politica irachena da quella calca di ieri sul ponte che collega Adhamiya, la riva orientale del Tigri, sunnita, alla riva occidentale, sciita di Kadhimiya. Su quel ponte sono morte più di 800 persone, quasi a voler significare che tra sciiti e sunniti l'incontro è impossibile. Ma dopo la strage le cose si aggravano anche in campo sciita. Fino ad ora la maggioranza degli sciiti, premiata dalla democrazia arrivata con la guerra, è riuscita a tenere a freno i propri esponenti più focosi e guerrafondai come il giovane Muqtada al-Sadr che vorrebbe una dittatura della maggioranza. Da oggi sarà più difficile.

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