Da Corriere della Sera del 05/09/2005

Morto il giudice Rehnquist

Corte Suprema senza leader Presidente dall’86, guidò la rivoluzione conservatrice in America. La scelta del successore rappresenta un’occasione storica per Bush

di Ennio Caretto

WASHINGTON - A due mesi dalle dimissioni di Sandra Day O’Connor, la repubblicana moderata che per 25 anni ne fu l’ago della bilancia, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha ieri perso William Rehnquist, il suo presidente, affetto da cancro alla tiroide. Operato l’autunno scorso, l’ottuagenario Rehnquist era sembrato riprendersi rapidamente: a gennaio, davanti a lui convalescente, aveva prestato giuramento il presidente Bush all’inizio del secondo mandato, e ancora a luglio il giudice aveva smentito seccamente ai media di volersi ritirare. Ma il male lo ha stroncato all’improvviso scuotendo l’America. «Era un uomo di carattere e dedizione. È una grande perdita per il Paese - ha detto George W. Bush, commosso -. Procederò rapidamente alla nomina di una persona di grande intelletto al suo posto».

Rehnquist ha lasciato una profonda impronta sulla Corte Suprema, dove trascorse trentatré anni. Insediatovi dal repubblicano Nixon nel ’72, nominatone presidente dal repubblicano Reagan nell’86, la spostò gradualmente a destra. Sotto di lui la Corte è diventata uno strumento della conservazione sociale e religiosa.

I democratici temono che Bush intenda accentuarne questo connotato scegliendo come successore il cattolicissimo giudice Antonin Scalia, un italo-americano padre di nove figli, considerato la mente più brillante ma anche più conservatrice della Corte. Oppure puntando su John Roberts, altro esponente della destra giudiziaria, già nominato lo scorso luglio al posto della O’Connor. Ma mentre è certo che Bush abbia già una ristretta rosa di candidati, non lo è che voglia andare a uno scontro con l’opposizione. Per legge, i giudici nominati dal presidente debbono ottenere il placet del Senato. Prima di scoprire le sue carte sul suo nuovo uomo, Bush potrebbe aspettare le udienze su Roberts, programmate per la prossima settimana. E, per prendere tempo, suggerisce il New York Times , potrebbe chiedere a Sandra O’Connor di rimanere ad interim fino a che la Corte (che ricomincerà a lavorare il 3 ottobre) non sarà al completo.

Di rado nella storia americana un presidente ha avuto l’occasione di scegliere due giudici supremi. L’ultima volta è successo nel 1971, quando fu nominato Rehnquist. In ogni caso Bush ha già vinto la sua battaglia: su nove giudici i liberal e i centristi saranno soltanto quattro, e quindi in genere perdenti. Se progettasse di stravincere e compisse una scelta troppo controversa, potrebbe trovarsi nella situazione di Reagan nell’87, che si vide bocciare il più prestigioso dei suoi candidati, Robert Bork.

Nel totogiudice, la corsa a indovinare se Scalia sarà davvero il nuovo leader della Corte, e chi erediterà il suo seggio, sono in primo piano i protagonisti del bushismo. Come alternativa a Scalia, si parla del giudice nero Clarence Thomas, nominato negli anni 80 da Bush padre, una mossa che potrebbe limitare i danni causati a Bush figlio dalla tragedia dei neri a New Orleans. Ma la statura giuridica di Thomas è modesta. La rosa è vasta, dal ministro della Giustizia Alberto Gonzales, l’ex consigliere legale della Casa Bianca, a un rispettato giudice della Corte d’Appello, Michael Luttig. Oppure Bush potrebbe puntare su una donna, come aveva chiesto la First Lady quando la O’Connors si dimise. Tra le candidate Edith Jones o Edith Clement, del distretto di New Orleans, scartate a luglio a favore di Roberts.

Per l’America, sarà comunque una svolta storica. Dopo trent’anni di successi, la destra ha il controllo dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. In un Paese dove la Corte Suprema riempie i frequenti vuoti decisionali, Bush è in grado di abbandonare il cammino della socialdemocrazia tracciato da Roosevelt e percorso da Kennedy. Ma è possibile che spostamenti eccessivi possano costare ai repubblicani le elezioni congressuali del novembre 2006.

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