Da La Repubblica del 05/09/2005

Il balletto delle dimissioni

di Massimo Giannini

SOLO in Italia può succedere che un funzionario pubblico, per quanto di rango elevatissimo, prenda in ostaggio il governo.

Tenga sotto scacco il sistema bancario. Esponga al rischio il mercato finanziario. Solo in Italia può succedere che una maggioranza politica, di fronte a una posta così alta, accetti il gioco al massacro. Compia scelte inutili ed ambigue. Balbetti parole insensate e contraddittorie. Antonio Fazio, a dispetto del buon senso e dell´etica della responsabilità, non si vuole dimettere. Non gli bastano il discredito istituzionale che ha arrecato alla Banca d´Italia e il prestigio personale che ha perduto.

Non gli bastano le intercettazioni telefoniche, le inchieste della magistratura, le istruttorie aperte dalla Commissione Ue, i "processi" istruiti dalla Bce, la legge sul mandato a termine del governatore varata a causa sua solo due giorni fa.

Ma quello che è peggio, è che tutto questo non basta neanche al governo. Silvio Berlusconi continua a lasciar fare. Non interviene, non decide, non parla. Come sempre, non governa, E sotto di lui, dentro la coalizione, è il solito caos. Due vicepremier, Fini e Tremonti, chiedono espressamente le dimissioni del governatore.

Siniscalco dichiara che dopo il varo della riforma si sarebbe aspettato a sua volta un «atto di responsabilità» da parte di Fazio, che tuttavia non è venuto e non verrà. Così, adesso, annuncia un suo «passo formale», nelle «sedi istituzionali». Maroni si affretta a smentire, dichiara di aver aver avuto dal Cavaliere la garanzia telefonica che il governo non muoverà passi nei confronti del governatore e dice che quella del suo collega è «un´iniziativa personale». Siniscalco controreplica, con un ossimoro ardito e degno del Moro dei bei tempi, che certo la sua è «un´iniziativa personale ma istituzionale».

Tutto questo è puro Ionesco. E teatro dell´assurdo. Si deve esecrare, ma si può persino umanamente comprendere, che Fazio cerchi a ogni costo di restare al suo posto, contro tutto e contro tutti. Un altro "unto del Signore", di cui questo Paese, vista la paurosa involuzione di questi anni, non sentiva davvero il bisogno. Si deve biasimare, ma si può tatticamente capire, che la Lega, dopo averlo coperto di fango per tre anni, voglia ora tutelare l´uomo che ha salvato la cassaforte padana del Credieuronord dalla bancarotta, affidandola alle mani sicure del «furbo del quartierino» di Lodi. Quello che non si può accettare, è che il presidente del Consiglio, e con lui il ministro dell´Economia, con-titolari del potere di nomina e di revoca del governatore, continuino ad accettare l´indecoroso ricatto di Fazio, e l´ennesimo baratto della Lega.

La vergognosa commedia che sta ridicolizzando l´immagine dell´Italia e intaccando l´autorevolezza della sua Banca centrale va avanti ormai da mesi. Ha mille ragioni Mario Monti, a dire adesso che «l´elaborazione tormentata e il dibattito sulla riforma» di Bankitalia stanno riducendo la credibilità del Paese almeno quanto l´intera vicenda da cui tutto è nato, e cioè la gestione inaccettabile delle Opa su Antonveneta e Bnl. Ha mille ragioni lo stesso Siniscalco, a dire che la credibilità sui mercati, per un´istituzione come la Banca centrale, è «un bene pubblico», e dunque un interesse della collettività, che prescinde dalle intemperanze delle singole persone o dalle convenienze dei singoli partiti. Ma se tutto questo è vero, adesso è proprio il ministro dell´Economia che deve trarne le conseguenze. Siniscalco, sulla vicenda Bankitalia, ha tenuto una linea troppo altalenante. Prima prudente, fino a risultare evasivo. Poi via via più determinato, man mano che dalle procure, dalle forze politiche e dalla comunità finanziaria montavano lo stupore e lo sdegno per l´impeachment di Fazio con Fiorani e i suoi compari.

Ha tentato l´affondo, prima al Cicr e poi in Consiglio dei ministri, con una proposta di riforma della Banca d´Italia che prevedeva, oltre al mandato a termine, il limite di età per il governatore e soprattutto il trasferimento delle competenze sulle concentrazioni bancarie da Via Nazionale all´Authority Antitrust. Ma su questi due punti qualificanti ha perso la partita.

Ha fatto finta di essere soddisfatto lo stesso. Ma nel frattempo è stato scavalcato e travolto da Tremonti, che su Fazio e sulla sua "inadeguatezza" ha avuto il coraggio di dire in pubblico tutto ciò che il ministro dell´Economia va ripetendo solo in privato.

Ora, nella colpevole insipienza del Cavaliere, tocca a lui fare la mossa decisiva. Le norme vigenti glielo consentono. L´articolo 19 dello Statuto della Banca d´Italia recita: "Le nomine e le revoche del governatore devono essere approvate con decreto del presidente della Repubblica promosso dal presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il ministro del Tesoro". Lui stesso ha annunciato un «passo nelle sedi istituzionali». Lui stesso ha spiegato che quello del governatore è un «mandato a tempo indeterminato», e che in questo concetto di mandato è implicito il conferimento di una delega che si basa sulla fiducia. Se la fiducia è venuta meno, al ministro non resta che dirlo, con un atto formale depositato nelle mani del presidente del Consiglio. Toccherà a Berlusconi, semmai, dimostrare fino a che punto arriva la sua inettitudine politica e la sua irresponsabilità istituzionale.

L´Italia sta pagando un prezzo, alle stupefacenti carenze del governo e alle intollerabili resistenze del governatore. Da luglio, c´è chi calcola ogni giorno, sul mercato dei titoli di Stato, il "costo-Fazio" nello spread tra i nostri Btp e i bund tedeschi. Così non si può andare avanti. Siniscalco, in questi mesi e non solo sull´affare Bankitalia, ha aspettato e tollerato troppo. Adesso deve agire. Subito. E in modo finalmente chiaro, non equivoco. Metta sulla bilancia del governo, se davvero ce l´ha, tutto il peso politico della sua carica, finora troppo sacrificata ai tatticismi e ai galleggiamenti.

Costringa il Cavaliere a fare ciò che deve. Ha in mano la soluzione: deve solo avere la forza di tirarla fuori, invece di continuare a far parte del problema. Se rinuncia o fallisce anche stavolta, sia coerente fino in fondo, almeno lui. Se non lo fa Fazio, si dimetta Siniscalco.

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