Da La Repubblica del 10/10/2005

Oggi l'accordo Merkel-Schroeder

La Coalizione tedesca cambia i giochi

di Bernardo Valli

Il risultato elettorale tedesco del 18 settembre si presentava come un'equazione assurda. Tante incognite e nessuna soluzione. Tre settimane dopo l'intelligenza e la responsabilità politica l'hanno tradotto in un compromesso che sembra riflettere e rispettare i tanti significati di quel voto, in realtà ricco di insegnamenti anche per l'Europa. Di ostacoli da superare prima di arrivare alla concreta composizione di un governo federale ce ne sono ancora molti. I negoziati potrebbero protrarsi per parecchi giorni. Dovranno pronunciarsi le direzioni dei partiti e dopo le direzioni le stesse assemblee dei partiti (anche attraverso congressi straordinari). Ma nelle prossime ore dovremmo conoscere il nome del cancelliere e la natura del governo che dovrà guidare.

Salvo sorprese, sempre possibili in una contrattazione che impegna personaggi di forte temperamento, partiti ricchi di storia e idee non sempre rinunciabili, Angela Merkel sarà la prima donna, dopo sette uomini, a ricoprire la massima carica dell'esecutivo federale. Ma il suo governo sarà presidiato da un robusto numero di socialdemocratici, i quali da posti chiave, probabilmente come titolari del ministero degli esteri, dell'economia, della famiglia, del lavoro e di altri ancora, veglieranno all'applicazione di un programma assai lontano da quello proposto dalla Merkel (e in particolare da alcuni suoi collaboratori, ad esempio dal professor Kirchhof di Heidelberg, esperto fiscale sostenitore di un'aliquota unica, la flat tax) durante la campagna elettorale. Un programma abbastanza simile all'Agenda 2010, lanciata e soltanto in parte realizzata dal governo rosso-verde di Schroeder. Un cancelliere di destra e un programma di sinistra? Un governo Merkel che pratica lo schroederismo? Meglio non esagerare. La verità è forse a metà strada: la Germania proseguirà nelle riforme iniziate da Schroeder, senza la forte accelerazione neo liberista suggerita dalla destra, soprattutto per quel che riguarda la flessibilità del lavoro e il sistema fiscale, dal quale dipende il sistema assistenziale.

L'essenza dell'economia sociale di mercato, alle radici della Repubblica federale (e alla base dell'identità europea) non sarà insomma stravolta dalla necessaria modernizzazione, dall'inevitabile adeguamento del modello renano all'economia mondiale. E' quel che ha chiesto la maggioranza dell'elettorato tedesco: sì alle riforme, ma no a un'abdicazione dello Stato sociale rispetto al mercato. Il compromesso che consente la Grande Coalizione rispetta quel verdetto.

Il risultato di metà settembre non consentiva una maggioranza parlamentare stabile. Né a destra, né a sinistra. Né l'opposizione (le due Unioni cristiane, la Cdu e la sorella bavarese Csu, e i liberali) raggiungeva il quoziente necessario. Né l'alleanza rosso-verde (Spd ed ecologisti) poteva riproporsi dopo sette anni di governo. Nel suo insieme la sinistra aveva ottenuto più del 50 per cento, superando largamente la soglia del 48,5 per cento con la quale nel sistema elettorale tedesco si ha la maggioranza al Bundestag. Ma era un quoziente impraticabile, perché calcolato tenendo conto del quasi 9 per cento ottenuto da Die Linke (La Sinistra), formazione in cui convivono gli eredi del partito comunista dell'Est e i secessionisti della socialdemocrazia dell'Ovest. Die Linke, contraria a qualsiasi ritocco del modello assistenziale tedesco, per ora è esclusa da ogni trattativa. Con quei secessionisti la Spd non tratta. Ma ne dovrà tenere conto perché essi saranno presenti in Parlamento, e rappresenteranno l'opposizione di sinistra. Nella Repubblica federale, la socialdemocrazia tedesca non ha mai conosciuto nulla del genere. E' un'insidiosa novità.

Non restava dunque, dopo il risultato del 18 settembre, che un'alleanza tra i due principali partiti, il socialdemocratico e il cristiano-democratico. Ma anche questa formula appariva irrealizzabile, poiché entrambi i leader, Gerhard Schroeder e Angela Merkel, esigevano la carica di cancelliere. Possibile sul piano aritmetico e praticabile su quello politico, nonostante la rivalità tra le due formazioni (visto il precedente del triennio ‘66-'69, durante il quale esse governarono insieme), la Grande Coalizione risultava bloccata dalle ambizioni personali. Nell'opinione pubblica è affiorato un forte malumore, di cui ha risentito soprattutto Schroeder. La sua personale popolarità ha subito un duro colpo negli ultimi giorni. I più ingenui, spesso anche i meno obiettivi, hanno giudicato pura arroganza la sua pretesa di restare alla testa dell'esecutivo, benché disponesse di quattro seggi in meno al Bundestag rispetto alla Merkel (222 contro 226). Spettava dunque a quest'ultima, leader del partito di maggioranza relativa, occupare la cancelleria.

Quel che è accaduto nelle ultime tre settimane ha rivelato che la posta in gioco andava ben al di là delle ambizioni personali dei due protagonisti. Le schermaglie pubbliche, spesso vivaci e insolenti, ma soprattutto le discussioni appartate, tendevano a definire il peso di ciascun partito nella Grande Coalizione e soprattutto il programma da attuare. La suddivisione dei ministeri e ancor più il livello delle riforme saranno al centro dei negoziati tutt'altro che conclusi, e ancora suscettibili di colpi di scena. Ma l'essenziale sarebbe stato deciso. I quattro seggi in più al Bundestag davano la precedenza ad Angela Merkel sul piano procedurale, ma su quello sostanziale Gerhard Schroeder poteva gettare sulla bilancia quel 50 per cento abbondante di tedeschi che votando a sinistra (anche per quella all'indice del transfuga socialdemocratico Oskar Lafontaine) aveva respinto la svolta neoliberista proposta dalla destra. Mi sembra impossibile, ma c'è chi non lo esclude del tutto, che il cancelliere uscente accetti il posto di vice cancelliere e di ministro degli Esteri riservato a un socialdemocratico. Schroeder subordinato alla Merkel? La Merkel con sul collo il fiato di Schroeder? Esigendo la cancelleria, al momento della clamorosa rimonta elettorale del suo partito, Schroeder ha messo in risalto il fallito trionfo della Merkel, e ha gettato le basi per un compromesso che gli fa perdere la cancelleria ma salva il salvabile del suo programma.

Per l'Europa alla tormentata ricerca di un modello in grado di stimolare il mercato senza compromettere lo stato sociale, l'esperienza tedesca è essenziale. Chi pensava a un fallimento inevitabile del riformismo graduale di Schroeder si deve ricredere. La forte presenza socialdemocratica nel governo di Angela Merkel ne garantisce la continuità. Si arriverà a una paralisi dell'esecutivo, come paventa il Financial Times? E come temono non pochi imprenditori? La convivenza di due grandi partiti, uno di sinistra e uno di destra, sia pure moderati, ed entrambi fedeli con variabile intensità al mercato e al sociale, può in effetti rivelarsi difficile se non proprio paralizzante. Ma Schroeder non lascia alla Merkel un'eredità disastrosa. Certo, i cinque milioni di disoccupati sono là, quasi immobili. Il loro numero scende con una lentezza esasperante. E tuttavia i segnali di una ripresa ci sono e dovrebbero intensificarsi in un futuro non troppo lontano. E' anche riferendosi a quei segnali promettenti che il cancelliere uscente ha potuto difendere il suo programma.

Può essere deluso anche chi vedeva già all'orizzonte un'alleanza neo liberista tra Berlino, Londra e Parigi: tra Merkel, Blair e il francese Sarkozy in ascesa e pronto a succedere all'infiacchito Jacques Chirac. Nicolas Sarkozy appare infatti come un sostenitore del modello anglo-sassone (più mercato che sociale). Ma la sua marcia verso il palazzo dell'Eliseo, dove nella Quinta Repubblica sono concentrati i principali poteri, si sta rivelando molto meno facile del previsto. Nella prospettiva delle elezioni del 2007, Chirac gli ha opposto Dominique de Villepin, come primo ministro e probabile candidato alla successione. E Villepin rappresenta, nella destra parigina, la forte corrente interventista (colbertista), vale a dire sostenitrice del modello francese, anche per quel che riguarda l'economia sociale di mercato. La Grande Coalizione disegnata da Schroeder cambia molti giochi che sembravano scontati.

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