Da La Repubblica del 10/10/2005

I nuovi dannati della terra

di Khaled Fouad Allam

Esistono mille modi per morire: nelle guerre, nella malattia, nel terrorismo, nell'ineluttabilità di ogni vita. Ma è assurdo morire di fronte a un muro, correndo, il corpo insanguinato, cercando di sfuggire alle pallottole di un'Europa che non ha ancora capito che l'immigrazione è un problema politico, e che per risolvere i problemi politici si devono utilizzare gli strumenti della politica. Morti assurde quelle che avvengono nelle enclave di Melilla e di Ceuta, dove la miseria del mondo si affaccia di fronte a noi come se dovesse ricordarci che nella mondializzazione c'è anche chi sta male, chi fugge le guerre e le carestie. Stiamo entrando in un mondo cupo, in cui i muri dividono i ricchi e i poveri: ed è inammissibile vedere questa morte affacciarsi così facilmente, semplicemente perché si vuole oltrepassare un muro di filo spinato, un filo spinato che disegna le nuove forme del mondo.

Sì, il mondo di oggi è ben diverso da quello della fine del secolo appena passato. Ricordiamoci il muro di Berlino, caduto nel 1989 dopo quasi trent'anni: chi lo oltrepassava era considerato un eroe, quasi un semidio, perché aveva scavalcato, oltre alla morte, la tirannia per abbracciare la libertà. Allora il mondo occidentale accoglieva a braccia aperte chi riusciva a superare quel muro. Ma oggi nessuno accoglierà coloro che tentano di oltrepassare quei muri fra libertà e benessere, un benessere che viene loro rifiutato.

Mi sembra che stiamo vivendo un capitolo terribile della storia. Ciò che fa fuggire quegli esseri umani, oltre le guerre e la disperazione, è la fame, oggi moltiplicata dai disastri ambientali: e non c'è nessuna arca di Noè che li aspetti. A volte mi sembra che le braccia di Cristo non possano più sopportare il carico di tanta miseria. I ritratti delle loro angosce sulle pagine dei nostri quotidiani diventano lo specchio della nostra incapacità a sollevare la loro sofferenza. La morte sta al loro fianco, dall'istante della loro nascita.

Trovo che vi sia una notevole leggerezza dell'Europa nell'affrontare la questione. I parlamentari europei devono capire che il mondo non potrà attendere a lungo in queste condizioni; si potrebbe iniziare istituendo un commissario europeo all'immigrazione. Il linguaggio della fratellanza, le parole cooperazione, dialogo nord-sud, non possono essere dimenticate così in fretta, in nome della nostra quiete, della nostra agiatezza. Certo, capisco che non tutti possono venire a vivere in Europa; ma ciò non significa che non vi siano soluzioni diverse dal filo spinato.

Dieci anni fa fu lanciata, alla Conferenza di Barcellona, l'idea di un progetto per il Mediterraneo: è un anniversario ben triste dieci anni dopo, perché il progetto di Barcellona non funziona. Sono rimasto colpito a sentire qualche giorno fa il presidente del Parlamento europeo, l'onorevole Borel constatare il fallimento delle politiche europee per il Mediterraneo a una conferenza su "Islam e democrazia" organizzata a Venezia dalla Margherita. Egli ricordava ad esempio come la Polonia ricevesse in un anno la dotazione finanziaria che l'insieme dei paesi della riva sud del Mediterraneo riceve in dieci anni. La sproporzione la dice lunga sull'attuale modo di costruire il prolungamento mediterraneo dell'Europa.

L'odierno discorso della mondializzazione si sta orientando verso l'utopia della libera circolazione dei beni e dei capitali, e di alcune élite; parallelamente a ciò, cresce il timore patologico della circolazione degli esseri umani, per divenire quasi un'ossessione. Ne risulta il profilarsi di qualcosa come un'enorme catastrofe, non molto dissimile dai drammi ecologici in atto: si sta assistendo infatti a una territorializzazione della povertà. Il mondo non sembra essere in grado di reggere tutto ciò; e il vuoto della politica muterà sempre più gli esseri umani in lupi affamati. E' tempo di tornare alla politica autentica - certo non un politica utopistica, ma una politica capace di costruire spazi di vita - se non vogliamo vedere nell'Africa e nel Mediterraneo crescere i nuovi dannati della terra.

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