Da La Repubblica del 14/10/2005

A sei giorni dal terremoto non c'è più nessuna speranza di salvare le persone rimaste sepolte

Pakistan, in migliaia sotto le macerie

Ritrovato il corpo del diplomatico italiano Alberto Bonanni

di Raimondo Bultrini

ISLAMABAD - «Stiamo perdendo la gara contro il tempo per salvare la gente nei villaggi più remoti. Servono prima possibile più elicotteri, più tende, più soldi». L'appello del sottosegretario alle Nazioni Unite Jan Egeland disegna il peggiore quadro possibile di uno dei terremoti più sconvolgenti della storia moderna. «Non ho mai visto prima tanta devastazione - ha detto - siamo ormai al sesto giorno di operazioni e ogni giorno il disastro risulta sempre più vasto».

Contro la cifra delle 23mila vittime accertate, decine di migliaia risultano i corpi ancora sotterrati sotto le rovine di città e villaggi dell'Azad Kashmir e della Frontiera del Nord Ovest senza ormai nessuna possibilità di ritrovare qualcuno in vita.

Anche le speranze per il diplomatico italiano Alberto Bonanni che viveva nel palazzo delle Margalla Towers a Islamabad si sono interrotte bruscamente ieri mattina quando il team di specialisti inglesi che da sei giorni lavorano ininterrottamente lo ha ritrovato sul suo letto, schiacciato da tonnellate di detriti del palazzo di dieci piani.

Bonanni è sicuramente morto nel sonno, secondo quanto hanno potuto accertare i soccorritori che ieri hanno ritrovato anche i corpi di altri tre inquilini, mentre più 40 persone risultano ancora disperse nell'unico edificio della capitale crollato la mattina dell'8 ottobre.

Dall'ambasciata italiana è stata subito avvisata la famiglia a Casarsa della Delizia, in provincia di Pordenone. «Era una notizia che purtroppo ci sentivamo addosso, soprattutto con il passare dei giorni - ha detto Daniela Bonanni, la sorella di Alberto che assiste a casa gli anziani genitori - ci hanno detto che è morto nel sonno. Mio fratello era un uomo assolutamente normale, uno che amava la vita e per questo viaggiava molto. Amava molto il Pakistan e la gente vera. Spero che ora non venga glorificato».

Bonanni viveva a Islamabad da molti anni occupandosi di diverse attività culturali. Aveva anche diretto una scuola e avrebbe dovuto organizzare una serie di concerti proprio a Islamabad e organizzare una tournée in Friuli di alcuni gruppi di danzatori.

Secondo l'Organizzazione mondiale della Sanità il disastro «è addirittura peggiore dello tsunami», e i senzatetto sono oltre due milioni e mezzo, una cifra che sfiora i quattro milioni se si considerano tutti i pachistani e gli abitanti del Jammu e Kashmir colpiti in un modo o nell'altro dalla tragedia.

Il presidente pachistano Pervez Musharraf ha nuovamente rivolto ieri un appello al suo popolo e alla comunità internazionale per moltiplicare gli sforzi. Il generale ha ufficialmente accettato anche gli aiuti da Israele, paese tradizionalmente odiato dai pachistani ortodossi che lo considerano il principale nemico dell'Islam. È del resto una situazione di totale emergenza da tutti i punti di vista, con milioni di persone che non hanno un tetto sotto cui ripararsi in regioni dell'Himalaya dove la temperatura scende già ora sotto i 15 gradi di notte. L'inverno alle porte potrebbe decimare i già provati abitanti di città grandi come Muzaffarabad nell'Azad Kashmir e Balakot nella Provincia della Frontiera Nord Ovest, oltre a quelli dei piccoli villaggi isolati e difficilmente raggiungibili se non con gli elicotteri.

Per dare un'idea del clima non solo meteorologico ieri in numerose località camion di aiuti sono stati bloccati e assaltati da folle inferocite e l'esercito ha dovuto sparare in aria per disperderle. Eppure migliaia e migliaia di cittadini stanno raggiungendo con ogni mezzo i centri colpiti dal sisma per portare aiuto, uno slancio umanitario senza precedenti per il paese che rischia però di rendere ancora più caotica la situazione in assenza di qualsiasi coordinamento dei soccorsi.

Gli ospedali della capitale e delle altre città come Menshera e Abbottabad, spesso distanti dalle zone colpite, sono ormai allo stremo, mentre ogni genere di infezioni e contagi si sta diffondendo tra i sopravvissuti che non dispongono di sufficiente acqua potabile e soprattutto di ripari. La situazione più allarmante resta quella delle centinaia di piccoli villaggi, spesso di 20, 30 case, dove le strade interrotte o la difficoltà di raggiungerli impedisce a bambini, anziani e feriti di ottenere una minima assistenza. «A pochi chilometri da Balakot - racconta un'esponente della Cisl internazionale che lavora con un sindacato pakistano ai soccorsi nelle aree più remote - abbiamo incontrato intere comunità dove le persone più deboli, soprattutto i bambini, stanno morendo per infezioni polmonari e diarree».

Ovunque gli elicotteri dell'esercito e quelli messi a disposizione dagli Stati Uniti e da altri paesi - in tutto 60 - lavorano senza sosta per raggiungere queste aree. Ma oltre a nuovi elicotteri servono molte altre cose. «Mancano decine di migliaia di tende - ha detto l'esponente delle Nazioni Unite - centinaia di migliaia di tonnellate di cibo, un milione di coperte». Ed è solo l'inizio.

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