Da La Repubblica del 24/10/2005

Enna, preso in un casolare: era nell'elenco dei latitanti più pericolosi d'Italia. In manette tre complici

Mafia, arrestato il boss Di Fazio era il reggente del clan Santapaola

Il suo nome compare in uno dei messaggi scritti dal capo di Cosa nostra Provenzano

di Michela Giuffrida

ENNA - Quando i carabinieri hanno fatto irruzione nel casolare, lui non si è scomposto neppure per un attimo. Anzi, si è complimentato con chi gli metteva le manette e non ha opposto resistenza. Qualche minuto ancora e Umberto Di Fazio, 43 anni, da anni ricercato in tutta Europa ed inserito nell'elenco dei 30 latitanti di massima pericolosità che fanno parte del programma speciale di ricerca, sarebbe sfuggito all'arresto lasciando quel rustico nelle campagne di Agira, in provincia di Enna, per tornare al suo nascondiglio abituale. Nel casolare l'uomo, considerato il reggente del clan Santapaola in provincia di Catania, aveva cenato in compagnia di altri tre uomini: suo cugino, Giuseppe Di Fazio, Giuseppe Giannetto, entrambi di 43 anni, e l'imprenditore Michele Stivala, 25 anni. Tutti e tre sono stati arrestati per favoreggiamento personale. Mentre i quattro uomini cenavano e discutevano di "affari", l'intera zona era stata circondata dai carabinieri del reparto operativo di Catania e del comando provinciale di Enna. Che hanno atteso per ore, sotto la pioggia e in mezzo al fango del nubifragio di sabato notte, il momento giusto per entrare in azione. Proprio nell'ultimo periodo, grazie anche all'apporto fornito alle indagini dal Sismi, le ricerche di Di Fazio si erano concentrate nel triangolo Valguarnera, Agira, Leonforte. Qui il boss poteva contare, spiegano gli investigatori, sull'aiuto dei parenti: nove zii e una sessantina di cugini. E a quanto pare proprio seguendo le mosse di alcuni di loro, tra i quali Giuseppe DiFazio, alle due dell'altra notte è scattato il blitz che ha portato in carcere il reggente del clan Santapaola che dal gennaio del 2002 era ricercato dalla polizia di mezza Europa per l'estradizione in Italia. Nei suoi confronti era stata emessa una ordinanza di custodia cautelare per associazione mafiosa, estorsione e omicidio. Oltre ad una condanna in secondo grado all'ergastolo per omicidio, con un ricorso in Cassazione ancora pendente.

Una scalata, quella di Di Fazio nei ranghi di Cosa Nostra, che secondo gli inquirenti è lunga oltre un ventennio. È il 94 quando finisce in carcere per la prima volta, dopo essere stato bloccato con una bottiglia incendiaria in auto che doveva servire a compiere un attentato a scopo di estorsione. Il suo nome compare nel processo "Orsa Maggiore". E proprio in quel periodo di lui parla il pentito Maurizio Avola, che accusa Di Fazio di aver fatto parte del commando mafioso che nel ‘92 assassinò l'ispettore di polizia Giovanni Lizzio. Col tempo Umberto Di Fazio, sottolineano i magistrati, acquisisce il controllo totale degli affari illeciti della famiglia Santapaola, gestendo i più importanti appalti pubblici e le estorsioni alle ditte incaricate dei lavori nell'intera provincia di Catania grazie anche ad amicizie politiche. Nel 2000, quando ancora non era ricercato, il boss venne fermato assieme ad un consigliere provinciale di Catania che disse di «essere suo amico». L'ascesa ai vertici del clan gli procura non pochi nemici anche al suo interno. Così quattro anni fa Di Fazio sfugge per miracolo ad un agguato deciso per contrasti nell'ambito della gestione della cassa comune delle estorsioni. In seguito la "famiglia" non desiste. E il nome di Di Fazio compare in uno dei "pizzini'' del capo dei capi di Cosa Nostra Bernardo Provenzano, trovato addosso al capomafia Nino Giuffrè, poi pentito. A Giuffrè i boss catanesi chiedono il permesso di poter uccidere Di Fazio. Sarà il pentito poi a spiegare ai magistrati che il gruppo di La Rocca chiedeva di uccidere Di Fazio per contrasti nella gestione degli appalti.

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