Da La Repubblica del 22/10/2005

La busta con le pallottole è arrivata nell'ufficio del sostituto procuratore Francesco Mollace

Due proiettili per il magistrato minacce all'amico di Fortugno

di Attilio Bolzoni

ROMA - Quando portano cattive notizie le poste italiane funzionano sempre bene. In quarantotto ore due proiettili calibro 7,62 hanno viaggiato da Catanzaro fino a Reggio Calabria, destinazione la Procura della Repubblica. «Sono pallottole di un fucile mitragliatore kalashnikov, le ho riconosciute subito», racconta il magistrato che ha ricevuto una busta appena dopo mezzogiorno. Sono partite pressappoco alla stessa ora dei funerali di Francesco Fortugno, mercoledì pomeriggio. E sono arrivate sulla scrivania di Francesco Mollace, uno dei sostituti più esperti delle cose di ‘ndrangheta, un amico della famiglia dell'uomo politico ucciso a Locri.

È l'ultima sfida, forse anche più infida di tante altre, pericolosa. Per i tempi: il magistrato l'altro ieri era in chiesa per dare il suo saluto al vice presidente del Consiglio e un giorno prima era andato anche a fare le condoglianze alla vedova. Più insidiosa delle altre per il destinatario dell'ambasciata, uno di quelli che per avere lavorato tanto e bene è finito sotto inchiesta disciplinare. La colpa? Aver coordinato l'indagine sull'arresto del super latitante Orazio De Stefano, uno dei padrini più potenti delle cosche reggine, uno che alla Procura di Reggio nessuno cercava.

Invece di congratularsi con lui gli hanno spedito un provvedimento. L'accusa specifica arrivata dal suo capo, il procuratore Antonino Catanese: «Una condotta gravemente scorretta nei confronti del suo ufficio e della distrettuale antimafia...». Cosa aveva fatto in sostanza Francesco Mollace secondo il procuratore capo? Aveva svolto indagini che non poteva più svolgere in quanto era uscito dall'antimafia. E poi «assumeva, del tutto arbitrariamente, la trattazione della procedura finalizzata alla ricerca del latitante Orazio De Stefano, rientrante nell'esclusiva competenza della Procura generale, che aveva emesso il provvedimento di carcerazione per espiazione di pena definitiva». Così Francesco Mollace è finito in quel torchio che sono spesso diventati alcuni uffici giudiziari calabresi. E così gli hanno spedito dal ministero gli ispettori e aperto un procedimento disciplinare.

Chi sta decifrando in questi mesi - e soprattutto in questi ultimissimi giorni - i movimenti della ‘ndrangheta sa bene da quale mano potrebbe provenire quella busta con i due proiettili di kalashinikov. «È stato un duplice messaggio: la vicinanza con la famiglia Fortugno e poi c'è la vendetta di quella parte di ‘ndrangheta che si è sentita colpita proprio da lui», fanno sapere in alcuni qualificati ambienti investigativi. È una delle tante "mosse" che sta tentando la mafia calabrese, in questo autunno dove ha fatto partire un attacco totale e molto "politico". Ci sono le pallottole e gli attentati, ma da tempo la ‘ndrangheta non usa più solo quelli per intimidire. Ne sa qualcosa proprio il sostituto procuratore Mollace, vittima con alcuni suoi colleghi di una violentissima campagna di stampa dove veniva indicato addirittura come "mafioso" da un foglio locale. Piombo e false informazioni, vecchia tecnica.

Il magistrato che ha ricevuto i due proiettili ha cominciato a entrare nel tritacarne con due interrogazioni parlamentari di An, una di Angela Napoli e l'altra di Renato Meduri. Chiedevano conto dell'attività di Mollace.

Gli ispettori sono arrivati subito a Reggio. E poi hanno inviato tutte le carte al procuratore generale della Cassazione, che ha svolto la sua indagine e ha accertato tutto ciò che era accaduto nella Procura reggina in quei mesi.

Il procuratore generale ha avanzato una richiesta di archiviazione al Csm. «Accuse palesemente infondate», quelle contro il sostituto procuratore Francesco Mollace. Infondate per le presunte "scorribande" investigative, infondate per la scadenza dei termini, infondate perché le indagini condotte dal magistrato erano formalmente partite ben due anni prima «su altri soggetti che supportavano» la latitanza di De Stefano. Il procuratore generale della Cassazione ha anche scritto nella sua richiesta di archiviazione: «Nessun altro magistrato nella Procura di Reggio Calabria si occupava della cattura del Di Stefano e che nessuna lagnanza di violazione della propria competenza venne formulata dalla Procura generale: ciò far ancor più risaltare la singolarità dell'addebito».

Questa storia del sostituto procuratore Francesco Mollace spiega bene la Calabria di oggi. Gli sono appena arrivate quelle due pallottole ma lui è ancora "in sospeso", le carte del procuratore generale della Cassazione non sono state mai esaminate dal Csm. Depositate il 4 gennaio del 2005 saranno vagliate nel febbraio del 2006. A Reggio non li fanno fuori solo con le pallottole.

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