Da La Repubblica del 22/10/2005

Il magistrato: basta leggere le carte delle vecchie inchieste, non è la prima volta che lo dico

"Medici, imprenditori e poliziotti ecco chi aiuta il boss da 40 anni"

di Francesco Viviano

PALERMO - «Rappresentanti delle istituzioni, politici, imprenditori, forze di polizia, hanno coperto la latitanza di Bernardo Provenzano». Procuratore Pietro Grasso, è davvero così? Le sue affermazioni hanno provocato reazioni e polemiche, altri le chiedono di fare i nomi dei "protettori" di Provenzano alla luce della sua lunga esperienza nella procura palermitana.
«Quello che ho detto nell'intervista televisiva è un discorso che faccio da tempo, non è la prima volta che sottolineo quello che è la risultanza delle indagini che fino ad ora abbiamo svolto».

Può chiarire meglio?
«Allora, su Bernardo Provenzano abbiamo fatto anni ed anni di indagini per tentare di assicurarlo alla giustizia e da queste indagini sono sempre venuti fuori i variegati "collegamenti" e "protezioni" di cui ha gode e probabilmente ancora gode, il capo di Cosa nostra».

Ci ricordi i personaggi, i cosiddetti "colletti bianchi" (politici, imprenditori, uomini delle forze dell'ordine) che a vario titolo hanno protetto la lunga latitanza di Provenzano che ormai ha superato i 40 anni.
«Dalle numerose indagini che abbiamo svolto per la sua ricerca e per la sua cattura, sono emerse le categorie di cui ho detto, quindi, quella a Bernardo Provenzano, non è una copertura da parte di un'organizzazione criminale, ma è anche una copertura che viene da intere fasci sociali. E da queste indagini sono venuti risultati importanti con l'individuazione anche di persone al di sopra di ogni sospetto».

Appunto, chi sono?
«Per ricordarne alcuni, l'ingegnere Mario Fecarotta, per esempio, che abbiamo ritrovato in una inchiesta di mafia, una persona, sino ad allora, non sfiorata da nessun sospetto. E poi ancora, il geometra Pino Lipari che aveva, secondo le nostre indagini, rapporti diretti con Bernardo Provenzano. Ed ancora, altra categoria, i medici, come il dottor Giuseppe Di Noto, arrestato in un blitz compiuto nelle campagne di Mezzojuso dove fu arrestato il boss Benedetto Spera e dove speravamo invece di trovare proprio Bernardo Provenzano che, abbiamo poi scoperto, ma soltanto dopo, era nascosto a poche decine di metri dal casolare dove gli inquirenti fecero l'irruzione».

Lei ha parlato anche di imprenditori, di politici, di investigatori.
«Ma sono fatti sotto gli occhi di tutti. In galera, condannati o ancora sotto processo, ci sono personaggi di queste categorie. Per esempio, tra gli imprenditori, per citare soltanto gli ultimi, sono finiti in carcere e sotto processo, anche l'ingegnere Michele Aiello che secondo alcuni collabarotori di giustizia sarebbe vicino a Bernardo Provenzano, E, per ricordare esponenti delle forze dell'ordine, basta vedere i processi attualmente in corso, quello sulle "talpe", dove sono finiti in galera, un maresciallo della Dia, Giuseppe Ciuro ed un maresciallo dei carabinieri del Ros, Giorgio Riolo. Quest'ultimo era l'uomo che piazzava su nostra indicazione e su quella dei suoi colleghi, le microspie nei posti che ritenevamo opportuni per arrivare a Provenzano. Si è poi scoperto che Riolo le piazzava e poi informava l'imprendiore Aiello su dove le aveva collocate».

E la politica?
«Per esempio Francesco Campanella, presidente del consiglio comunale di Villabate, adesso collaboratore di giustizia, che aveva messo il timbro su una falsa tessera utilizzata da Bernardo Provenzano. E Campanella aveva dei rapporti con la politica, contatti a Roma con vari ministeri».

Ma prima o poi il boss sarà catturato?
«Fino a qualche anno fa non sapevamo nemmeno che faccia avesse, oggi abbiamo un quadro più preciso non solo del suo aspetto fisico».

Quali?
«Le comunicazioni di Provenzano con l'esterno sono sempre più difficili, più lente».

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