Da Corriere della Sera del 28/10/2005
Berlusconi: l’euro ci frena, il Patto non ha più senso
«La Bce apra sul deficit. Moneta troppo forte: il made in Italy è rincarato del 50%»
di Marco Galluzzo
LONDRA - E’ una tesi che ha sempre sostenuto, prendendo a modello la politica reaganiana, la necessità che sia lo Stato ad immettere denaro nel mercato in tempi di stagnazione. Ieri però il presidente del Consiglio si è spinto più in là di ogni precedente, dicendo in sostanza che il vincolo del 3% stabilito dal patto di Maastricht, ancorché già riformato, non ha più attualità né senso e che «l’economia va sostenuta anche con interventi di spesa pubblica in deficit».
Il contesto è quello del vertice europeo di Hampton Court, alle porte della capitale inglese. Il tema non è nell’agenda dell’incontro fra i capi di governo, Berlusconi lo suggerisce ai colleghi durante i lavori e ne parla durante la conferenza stampa finale, invitando per l’ennesima volta la Banca centrale europea a cambiare strategia: «Non c’è alcuna preoccupazione per le finanze pubbliche. La preoccupazione dominante della Bce è quella di contenere l’inflazione, ma con un’economia in stagnazione bisogna cambiare prospettiva. E l’economia va sostenuta anche con interventi di spesa pubblica in deficit».
«Oggi l’eccezione è rappresentata dal rispetto del rapporto deficit-pil al 3% - aggiunge poco dopo il Presidente del Consiglio - mentre la regola è lo sfondamento di questa percentuale, anche se a questo rapporto si dà una grande importanza. Ma grande importanza in realtà non ha, perché un sistema in deficit non dà automaticamente una crescita dell’inflazione e perché i numeri dimostrano che i Paesi che sfondano il parametro rappresentano oggi il 75% del Pil europeo».
Il capo del governo ripete poi che «i dati confermano che l’economia è in ripresa» e rinnova l’auspicio tradizionale rivolto alla sinistra: «Spero che si smetta di fare i menagrami perché si fanno danni a tutti. Il pessimismo della sinistra, che viene ampiamente accolto dai media, non fa altro che influenzare negativamente le decisioni dei consumatori e fa male a tutti e all’Italia». In questo contesto sono del tutto infondate, ad avviso del premier, le indiscrezioni su un possibile abbassamento del giudizio sul nostro debito: «Non esiste un rischio di downgrading del rating», dice sottolineando come tutti gli indicatori vadano nella «direzione opposta», anche se «negli ultimi anni l’euro ci ha fatto perdere il 50% di competitività». E se da Roma, aggiunge, «alcuni ministri mi invitano» a smentire la possibile modifica della tassazione dei redditi da capitale allora «smentisco nella maniera più decisa: non ci sarà alcun aumento delle imposte sulle rendite finanziarie».
L’incontro con i giornalisti è anche occasione per tornare sui tempi del ritiro dall’Iraq: «Prevediamo di far rientrare i nostri soldati dall’Iraq a gruppi di 300, tranne gli ultimi 1000, che torneranno tutti insieme», sono le parole contenute nell’ultimo libro di Bruno Vespa. La precisazione, a una domanda sui tempi, è «che non ci sono novità, faremo ogni cosa in sintonia con i nostri alleati e ne parlerò anche con Bush». L’incontro alla Casa Bianca è imminente, lunedì prossimo.
Pochi cenni sull’incontro del giorno, «molto cordiale, con un clima simpatico», utile forse alle decisioni che dovranno essere prese a dicembre: «Tutti hanno espresso l’augurio che si possa trovare un accordo sul bilancio», dice ancora il Cavaliere. Che non manca l’appuntamento con la battuta e l’alleggerimento; la domanda è sull’ipotesi che aziende italiane vengano multate dalla Ue per la vendita di pannolini a costi troppo alti. Risposta: «Non lo so... ancora non li uso...».
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«Oggi l’eccezione è rappresentata dal rispetto del rapporto deficit-pil al 3% - aggiunge poco dopo il Presidente del Consiglio - mentre la regola è lo sfondamento di questa percentuale, anche se a questo rapporto si dà una grande importanza. Ma grande importanza in realtà non ha, perché un sistema in deficit non dà automaticamente una crescita dell’inflazione e perché i numeri dimostrano che i Paesi che sfondano il parametro rappresentano oggi il 75% del Pil europeo».
Il capo del governo ripete poi che «i dati confermano che l’economia è in ripresa» e rinnova l’auspicio tradizionale rivolto alla sinistra: «Spero che si smetta di fare i menagrami perché si fanno danni a tutti. Il pessimismo della sinistra, che viene ampiamente accolto dai media, non fa altro che influenzare negativamente le decisioni dei consumatori e fa male a tutti e all’Italia». In questo contesto sono del tutto infondate, ad avviso del premier, le indiscrezioni su un possibile abbassamento del giudizio sul nostro debito: «Non esiste un rischio di downgrading del rating», dice sottolineando come tutti gli indicatori vadano nella «direzione opposta», anche se «negli ultimi anni l’euro ci ha fatto perdere il 50% di competitività». E se da Roma, aggiunge, «alcuni ministri mi invitano» a smentire la possibile modifica della tassazione dei redditi da capitale allora «smentisco nella maniera più decisa: non ci sarà alcun aumento delle imposte sulle rendite finanziarie».
L’incontro con i giornalisti è anche occasione per tornare sui tempi del ritiro dall’Iraq: «Prevediamo di far rientrare i nostri soldati dall’Iraq a gruppi di 300, tranne gli ultimi 1000, che torneranno tutti insieme», sono le parole contenute nell’ultimo libro di Bruno Vespa. La precisazione, a una domanda sui tempi, è «che non ci sono novità, faremo ogni cosa in sintonia con i nostri alleati e ne parlerò anche con Bush». L’incontro alla Casa Bianca è imminente, lunedì prossimo.
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