Da La Repubblica del 28/10/2005
Bush "scarica" il suo giudice
La Miers rinuncia alla Corte suprema, esulta la destra religiosa
Osteggiata perché non abbastanza "radicale". I democratici attaccano: "Ha ceduto ai falchi repubblicani"
di Alberto Flores D'Arcais
NEW YORK - Harriet Miers non ce l'ha fatta. L'avvocato texano scelta da George W. Bush per sostituire Sandra Day O'Connor alla Corte Suprema dovr rinunciare al sogno di ogni americano laureato in legge: travolta dalle polemiche sulla sua «incompetenza giuridica», dalla richieste dei democratici che Bush consegnasse tutti i documenti che la riguardano e, soprattutto, dal fuoco di fila dei gruppi conservatori non andrà a sedersi sullo scranno dei Supreme Justices ma resterà alla Casa Bianca come "consigliere legale".
«Oggi ho dovuto con riluttanza accettare la decisione di Harriet Miers di ritirare la sua nomina alla Corte Suprema degli Stati Uniti». Con uno scarno comunicato affidato alle agenzie di stampa il presidente americano ha preso atto di quello che al Congresso e sui giornali erano in molti a predire: l'avvocato Miers difficilmente sarebbe passata indenne di fronte al voto del Senato, dove molti repubblicani si erano apertamente ribellati alla Casa Bianca; la scelta di Bush questa volta era stata sbagliata.
Per il presidente è una brutta botta, che arriva alla vigilia di quella - ancora più pesante - che la Casa Bianca si aspetta oggi dal procuratore speciale Patrick Fitzgerald sul Cia-gate.
Qualche maligno commentatore ha ironizzato sulla scelta di tempo per annunciare la notizia, definendola «sospetta» proprio perché la nuova notizia toglierebbe spazio al Cia-gate. In realtà la posizione della Miers era traballante da giorni e dal Congresso arrivavano segnali inquietanti per l'amministrazione e diversi inviti a «cambiare cavallo».
Charles Krauthammer, premio Pulitzer e columnist del Washington Post molto ascoltato alla Casa Bianca, aveva suggerito questa via d'uscita il 21 ottobre: «Un modo perfettamente onorevole di risolvere l'enigma è questo: la Miers si "ritira" per rispetto verso il Senato, il Senato esprime "apprezzamento" per il suo atteggiamento responsabile, la Casa Bianca accetta la sua decisione con "profondo dispiacere e gratitudine"». E cosí è andata esattamente a finire.
Allo scenario previsto da Krauthammer manca l'epilogo, quale sarà il nome del prossimo nominato (o nominata). «Rimane la mia responsabilità di colmare questo posto vuoto. E lo farò nei tempi opportuni», ha scritto Bush e il "totonomine" è già iniziato. C'è chi prevede che sarà scelta anche stavolta una donna - in omaggio al posto lasciato libero da Sandra Day O'Connor - chi, come il potente senatore repubblicano Trent Lott che dice che «razza e sesso» non hanno alcuna importanza, quello che conta è che il presidente scelga un uomo o una donna dalle spiccate caratteristiche conservatrici. I nomi più gettonati sono gli stessi circolati prima della nomina di Miers: giudici conservatori come Edith Hollan Jones ed Emilio Garza o un moderato come l'attuale ministro della Giustizia Alberto Gonzales, che diventerebbe il primo ispanico ad entrare alla Corte Suprema.
Che Bush possa scegliere Gonzales - il quale prima di diventare ministro faceva alla Casa Bianca lo stesso lavoro che fa adesso la Miers (consigliere legale) - sembra difficile. I gruppi ultras repubblicani avevano già fatto muro contro di lui quando il suo nome era circolato nei mesi scorsi, ritenendolo troppo `moderato' su temi sociali quali l'aborto. Questa volta il presidente dovrà scegliere il nome stando ben attento a non urtare di nuovo la destra del partito e quegli intellettuali e columnist neocon che possono influenzare i senatori del Grand old party e ad evitare il cronyism, il nepotismo che molti gli rimproverano. A meno che non voglia (e ha già dimostrato di esserne capace) far vedere che nei momenti topici a decidere è ancora e soltanto lui e che il partito deve adeguarsi.
Il ritiro della Miers è un brutto colpo anche per l'opposizione democratica, che schieratasi inizialmente in modo pregiudiziale contro l'avvocato texano - perché l'aveva scelta Bush - si era poi ammorbidita man mano che la candidata della Casa Bianca veniva attaccata dalla destra, salvo poi tornare ad attaccarla negli ultimissimi giorni. Adesso i senatori democratici accusano la Casa Bianca di essersi «piegata ai voleri dell'ala radicale di destra del partito repubblicano» (come ha detto il leader della minoranza al Senato, Harry Reid) oppure invitano Bush ad «unire il paese nel fare la prossima nomina, ascoltando tutti gli americani e non solo l'estrema destra», come gli ha chiesto Ted Kennedy. L'impressione è che anche questa volta i democratici siano arrivati troppo tardi a capire cosa stava succedendo.
«Oggi ho dovuto con riluttanza accettare la decisione di Harriet Miers di ritirare la sua nomina alla Corte Suprema degli Stati Uniti». Con uno scarno comunicato affidato alle agenzie di stampa il presidente americano ha preso atto di quello che al Congresso e sui giornali erano in molti a predire: l'avvocato Miers difficilmente sarebbe passata indenne di fronte al voto del Senato, dove molti repubblicani si erano apertamente ribellati alla Casa Bianca; la scelta di Bush questa volta era stata sbagliata.
Per il presidente è una brutta botta, che arriva alla vigilia di quella - ancora più pesante - che la Casa Bianca si aspetta oggi dal procuratore speciale Patrick Fitzgerald sul Cia-gate.
Qualche maligno commentatore ha ironizzato sulla scelta di tempo per annunciare la notizia, definendola «sospetta» proprio perché la nuova notizia toglierebbe spazio al Cia-gate. In realtà la posizione della Miers era traballante da giorni e dal Congresso arrivavano segnali inquietanti per l'amministrazione e diversi inviti a «cambiare cavallo».
Charles Krauthammer, premio Pulitzer e columnist del Washington Post molto ascoltato alla Casa Bianca, aveva suggerito questa via d'uscita il 21 ottobre: «Un modo perfettamente onorevole di risolvere l'enigma è questo: la Miers si "ritira" per rispetto verso il Senato, il Senato esprime "apprezzamento" per il suo atteggiamento responsabile, la Casa Bianca accetta la sua decisione con "profondo dispiacere e gratitudine"». E cosí è andata esattamente a finire.
Allo scenario previsto da Krauthammer manca l'epilogo, quale sarà il nome del prossimo nominato (o nominata). «Rimane la mia responsabilità di colmare questo posto vuoto. E lo farò nei tempi opportuni», ha scritto Bush e il "totonomine" è già iniziato. C'è chi prevede che sarà scelta anche stavolta una donna - in omaggio al posto lasciato libero da Sandra Day O'Connor - chi, come il potente senatore repubblicano Trent Lott che dice che «razza e sesso» non hanno alcuna importanza, quello che conta è che il presidente scelga un uomo o una donna dalle spiccate caratteristiche conservatrici. I nomi più gettonati sono gli stessi circolati prima della nomina di Miers: giudici conservatori come Edith Hollan Jones ed Emilio Garza o un moderato come l'attuale ministro della Giustizia Alberto Gonzales, che diventerebbe il primo ispanico ad entrare alla Corte Suprema.
Che Bush possa scegliere Gonzales - il quale prima di diventare ministro faceva alla Casa Bianca lo stesso lavoro che fa adesso la Miers (consigliere legale) - sembra difficile. I gruppi ultras repubblicani avevano già fatto muro contro di lui quando il suo nome era circolato nei mesi scorsi, ritenendolo troppo `moderato' su temi sociali quali l'aborto. Questa volta il presidente dovrà scegliere il nome stando ben attento a non urtare di nuovo la destra del partito e quegli intellettuali e columnist neocon che possono influenzare i senatori del Grand old party e ad evitare il cronyism, il nepotismo che molti gli rimproverano. A meno che non voglia (e ha già dimostrato di esserne capace) far vedere che nei momenti topici a decidere è ancora e soltanto lui e che il partito deve adeguarsi.
Il ritiro della Miers è un brutto colpo anche per l'opposizione democratica, che schieratasi inizialmente in modo pregiudiziale contro l'avvocato texano - perché l'aveva scelta Bush - si era poi ammorbidita man mano che la candidata della Casa Bianca veniva attaccata dalla destra, salvo poi tornare ad attaccarla negli ultimissimi giorni. Adesso i senatori democratici accusano la Casa Bianca di essersi «piegata ai voleri dell'ala radicale di destra del partito repubblicano» (come ha detto il leader della minoranza al Senato, Harry Reid) oppure invitano Bush ad «unire il paese nel fare la prossima nomina, ascoltando tutti gli americani e non solo l'estrema destra», come gli ha chiesto Ted Kennedy. L'impressione è che anche questa volta i democratici siano arrivati troppo tardi a capire cosa stava succedendo.
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