Da Corriere della Sera del 29/10/2005

Blitz in Sicilia, sventata una nuova Capaci

Il giudice Sferlazza doveva saltare in aria come Falcone. Arrestato boss di Gela

di Alfio Sciacca

CALTANISSETTA - Come a Capaci, doveva saltare in aria con una potente carica di tritolo piazzata lungo la strada che collega Gela a Caltanissetta. Come a Capaci, nel mirino c’era un magistrato, guarda caso il giudice che aveva presieduto uno dei processi agli assassini di Giovanni Falcone. Ottavio Sferlazza oggi è capo dei Gip di Caltanissetta ma per anni è stato presidente della Corte d’Assise e alla mafia non ha mai fatto sconti. Questa sua determinazione lo avrebbe esposto alla voglia di vendetta del clan Rinzivillo di Gela. Secondo gli inquirenti l’attuale capo della cosca, Paolo Palmeri, 38 anni, voleva fargliela pagare. Anche perché di recente aveva subito una pesante sentenza firmata Sferlazza: condanna a 14 anni con rito abbreviato. «Alla base dell’attentato - dice il procuratore di Caltanissetta Renato Di Natale - c’era desiderio di vendetta contro un magistrato inflessibile». Da qui la condanna a morte nei confronti di un giudice dai modi garbati, sempre lontano dai riflettori, e allo stesso tempo determinato nell’amministrare giustizia in un territorio difficile e isolato ma dove, per il gioco delle competenze tra distretti giudiziari, i magistrati sono chiamati ad un aggravio di responsabilità. Qui, infatti, si sono celebrati alcuni dei grandi processi di mafia, molti dei quali presieduti da Sferlazza che, tra l’altro, giudicò gli assassini di due colleghi, Chinnici e Saetta, e del capitano dell’Arma Basile.

Per uccidere Sferlazza pare che le cosche gelesi avessero chiesto il via libera ai capi di Cosa Nostra siciliana, ma gli inquirenti temono che avrebbero agito comunque, anche a costo di provocare contraccolpi indesiderati dopo anni che non viene preso di mira un magistrato. L’attentato sarebbe dovuto scattare a breve ed era già arrivato l’esplosivo, anche se non è stato ancora trovato. Quando era tutto pronto, però, c’è stato l’imprevisto. Un commerciante di auto cooptato per l’attentato ha avuto paura e si è consegnato alla polizia. Il suo pentimento ha permesso di arrestare Paolo Palmeri, che intanto era tornato a piede libero, e Salvatore Azzarelli, 29 anni.

L’attentato a Sferlazza potrebbe legarsi anche a pericolose dinamiche interne alle cosche di Gela. «C’è un gruppo ben armato pronto a compiere diversi agguati - dice il pm Nicolò Marino -. Il clima è pesante e abbiamo preferito agire tempestivamente». Del resto, Gela è una realtà unica, dove i clan spesso sfuggono al controllo dei vertici di Cosa Nostra. Da queste parti per eliminare un magistrato non ci sarebbe neppure bisogno di potenti cariche di esplosivo. Il giudice Saetta venne ucciso a colpi di pistola mentre era in macchina sulla Caltanissetta-Agrigento. La stessa strada lungo la quale fu massacrato Livatino.

Nonostante i passi avanti, Gela sembra ancora una terra di nessuno. Una sorta di «Calabria siciliana» dove spesso i magistrati vivono in solitudine fra mille disagi. Proprio Sferlazza, a cui ora vengono rafforzate le misure di protezione, di recente era rimasto in panne per due volte con l’auto di servizio. «C’è grande carenza di auto blindate e ora non abbiamo neppure i soldi per la benzina - attacca il procuratore Di Natale -. Andiamo avanti grazie al credito di alcuni distributori».

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