Da Corriere della Sera del 14/11/2005

Il premier spagnolo riceverà i cattolici che attaccano la riforma della scuola

Zapatero ora in difficoltà apre la porta alla protesta Per la prima volta opposizione in vantaggio nei sondaggi

di Mino Vignolo

MADRID - Il governo spagnolo ha ceduto alla pressione della piazza e riceverà presto nel palazzo della Moncloa gli organizzatori della imponente manifestazione svoltasi sabato a Madrid contro il progetto di legge sulla riforma dell'istruzione che, fra l'altro, rende facoltativo l'insegnamento della religione cattolica. Centinaia di migliaia di persone (poco più di 400mila secondo la prefettura, di nomina socialista, un milione e mezzo secondo il governo regionale, popolare) sono scese in strada per chiedere il ritiro di una legge che viola, a loro modo di vedere, la libertà di educazione.

«E' il momento del negoziato e non delle invettive», ha dichiarato il ministro della Comunicazioni Fernando Moraleda che ha ribadito la volontà del governo di dialogare con la società. Il primo ministro Zapatero incontrerà prossimamente con capi delle associazioni di familiari e scolastiche che hanno giurato guerra alla riforma. Luis Carbonell, il presidente della potente Confederazione nazionale cattolica dei genitori degli alunni ne è sicuro: «Il fatto che ci riceva riflette un cambio di atteggiamento dovuto alla manifestazione». La mega-marcia di Madrid spalanca le porte della Moncloa che permanevano chiuse.

Vi erano state, prima di sabato, tre grandi manifestazioni di protesta in un anno e mezzo, ma il governo non aveva ascoltato il clamore sociale. Al quarto round José Luis Rodríguez Zapatero comincia a cedere anche perché il panorama politico è cambiato. La luna di miele con l'opinione pubblica è finita e ieri un sondaggio pubblicato su La Vanguardia vede il partito popolare (Pp) in testa.

Il partito di Rajoy e del ex-premier Aznar otterrebbe il 42.5% dei voti contro il 40.1% del partito socialista. E' preoccupante per Zapatero che una percentuale considerevole di cittadini che nel marzo 2004 hanno votato socialista (uno su dieci) sceglierebbero oggi il Pp. E' uno stato d'animo attribuibile, scrive La Vanguardia nell’editoriale, all’«allegria insolente con cui determinati dirigenti socialisti hanno abbordato processi sociali complessi, come la riforma dello Statuto di autonomia catalano».

Il progetto di Estatut, con il riconoscimento di «nazione» per la Catalogna e con un autogoverno tale che l'opposizione può agitare lo spauracchio di una balcanizzazione della Spagna, ha contribuito enormemente alla perdita di 14 punti nei sondaggi al governo dall'inizio dell'anno. Ma esistono altri fattori negativi. Il primo riguarda i rapporti Stato-Chiesa. La riforma della scuola è soltanto l'ultima delle ragioni di scontro con i cattolici. I matrimoni gay, il divorzio rapido sono stati interpretati come espressioni di fondamentalismo laicista. Negativa per il governo, che non dispone di maggioranza assoluta in Parlamento, è la percezione di stare sotto ricatto degli indipendentisti catalani di Esquerra Repubblicana (Erc) che garantiscono ai socialisti la governabilità a Barcellona e a Madrid.

Il passaggio degli Archivi della guerra civile da Salamanca in Catalogna è stato visto come un cedimento alle pretese di Erc. E poi vi sono gli assalti dei migranti clandestini alla frontiera di Ceuta e Melilla, enclave spagnole in Africa. Destra e sinistra hanno criticato il governo. Troppo debole, secondo la destra, troppo egoista, secondo i comunisti.

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