Da La Repubblica del 14/11/2005

Filtrata dalla Siberia e pubblicata su Kommersant è un manifesto di lotta politica alla "verticale del potere" del Cremlino

Mosca, il "j'accuse" di Khodorkovski

Lettera dal carcere dell'ex padrone della Yukos contro Putin

di Giampaolo Visetti

MOSCA - Deportandolo in Siberia, il Cremlino si era illuso di seppellirlo vivo. Mikhail Khodorkovski, condannato a 8 anni di carcere per evasione fiscale e truffa, a un mese dal trasferimento tra le micidiali miniere di uranio al confine con la Cina conferma invece di essere ormai il vero leader politico dell'opposizione a Vladimir Putin. L'ex padrone del colosso petrolifero Yukos, ha riconquistato la scena riuscendo a pubblicare su Kommersant il suo manifesto di lotta alla «verticale del potere» putiniano. Come il «Programma 2020» sia filtrato dal carcere «YaG 14710» di Krasnokamensk, lo stesso in cui nel 1825 morirono i decabristi perseguitati dallo zar, è un mistero. Ma è pure una prova di forza e una sfida, potenziate dalle foto impressionanti di Khodorkovski recapitate all'edizione russa di Newsweek. L'oligarca divenuto dissidente, vestito di nero, è ritratto nella baracca che condivide con 150 ladri, rapinatori e spacciatori. La gratuita violenza della sua condanna da scontare a 6500 chilometri dalla famiglia, intimidatorio avvertimento del Cremlino tollerato da un Occidente assetato di petrolio, traspare per la prima volta da un profilo scavato e da una pelle emaciata da malato. Questo Khodorkovski in gabbia nella steppa stupisce però e commuove i russi, indotti a sproporzionati paragoni con le grandi figure morali del dissenso sovietico, da Sacharov a Solgenitsyn. Anche perché il suo manifesto dal carcere «per una rivoluzione democratica» invoca una «seconda svolta a sinistra», ponendo il tema della giustizia sociale nel Paese.

L'avversario di Putin avverte che nel 2008, quando il presidente dovrà passare la mano, la Russia «si troverà sull'orlo del baratro». Definisce la situazione «catastrofica», riconosce che la partita delle prossime presidenziali è già persa e si appella alla gente per costruire un grande blocco democratico nel giro di 15 anni. Per quella data Khodorkovski conta non solo di essere riemerso dall'inferno: si dice certo che «la paralisi del sistema e una nomenclatura parassitaria» avranno nel frattempo «prodotto una mobilitazione generale e una nuova élite responsabile». Per questo «una svolta a sinistra consentirà di superare la patologica e cosmica distanza tra il potere e i suoi sudditi». Nessuna nostalgia del comunismo, ma adozione «dei valori della socialdemocrazia europea». Tra i fallimenti di Putin, l'ex uomo più ricco di Russia cita infrastrutture fatiscenti, calo demografico devastante, estensione del conflitto dalla Cecenia a tutto il Caucaso del Nord, disfacimento dell'esercito, esplosione della corruzione, tracollo dell'industria e tramonto della scienza. Di qui la proposta di riforme drastiche «per evitare che tutto dipenda dai capricci di una persona»: fine del presidenzialismo, parlamento più forte, ritorno all'elezione diretta dei governatori regionali, federalismo, ricostruzione della «tradizionale rete di protezione sociale russa». La vendetta mediatica del deportato, che smantella la Russia di Putin promettendo «una nazione fondata sulle qualità invece che sulla fedeltà», imbarazza il Cremlino e agita i circoli ultranazionalisti: «Ma senza questa svolta - è la conclusione - il Paese non sopravviverà al nuovo secolo».

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