Da Corriere della Sera del 15/11/2005

La proposta di Barroso: «Cittadinanza agli immigrati se sono studenti brillanti»

di Giuseppe Sarcina

BRUXELLES - Un passaporto europeo per gli studenti extracomunitari più brillanti. L’idea viene dall’ufficio di José Manuel Durao Barroso, presidente della Commissione europea e, scrive il Financial Times nell’edizione di ieri, piace al premier inglese Tony Blair. Bruxelles, è bene precisarlo subito, non ha alcun potere sull’attribuzione della cittadinanza, una delle prerogative custodite nel modo più arcigno possibile dai singoli Stati. Tuttavia Barroso ha intenzione di lanciare una proposta-raccomandazione ai governi nelle prossime settimane, confidando nell’appoggio del leader britannico. La formula è semplice: offrire la cittadinanza piena (e non un provvisorio permesso di soggiorno) agli stranieri laureati che hanno intenzione di completare il dottorato di ricerca in uno dei 25 Paesi Ue. In altri termini: attirare in Europa gli studenti più brillanti, i talenti della ricerca in arrivo dall’India, dall’Africa, dalla Cina, pescando tra i 420 mila iscritti alle Università dell’Ue, provenienti da altre parti del mondo.

L’iniziativa, fanno notare negli ambienti diplomatici, è attribuibile direttamente a Barroso e quindi deve ancora superare il vaglio dei 24 commissari, nonché delle capitali più importanti (Parigi, Berlino, Roma, Madrid). Ma il problema, oggettivamente, c’è. Già da qualche anno, per altro, la Ue si interroga su come tenere il passo degli Stati Uniti, destinazione numero uno dei «baby-scienziati», specie nei settori d’avanguardia. Il vice presidente della Commissione, Franco Frattini (titolare del portafoglio Giustizia, libertà e sicurezza) ha posto il problema nel «Libro Verde» (rapporto per lanciare la discussione) sull’«immigrazione economica». Il dibattito, in questa fase, ruota su una domanda: è giusto considerare tutte le richieste di accesso nello stesso modo? Nel 2001 l’allora commissario Antonio Vitorino aveva proposto una direttiva che prevedeva procedure di ingresso uguali per tutti i migranti, sia per chi volesse andare a raccogliere i pomodori, sia per chi chiedesse di frequentare un master alla Sorbona di Parigi, piuttosto che alla Bocconi di Milano. La proposta «orizzontale», però, fu bocciata dal Consiglio dei ministri Ue e il Commissario portoghese modificò l’approccio. Oggi la legislazione comunitaria prevede due normative, entrambe promosse dallo stesso Vitorino, che in qualche modo preparano il terreno allo scatto suggerito da Barroso. La prima riguarda gli studenti: consolati e ambasciate europee concedono le vie brevi alle «matricole» ammesse a seguire i corsi negli atenei Ue, a condizione che gli immigrati-universitari siano in grado di mantenersi agli studi. L’altro provvedimento, pubblicato proprio nei giorni scorsi, accorda visti facilitati ai ricercatori extracomunitari, ma solo se già in possesso di un’offerta di impiego o addirittura di un contratto. Naturalmente, come ha dimostrato l’esperienza, proprio questo può essere l’ostacolo più difficile. Come si fa a trovare opportunità di lavoro, rimanendo al di fuori dei cancelli europei? La Gran Bretagna sta sperimentando una formula per gli immigrati che hanno conseguito un master o un dottorato di ricerca: si va al consolato, si esibisce il titolo di studio e si ottiene un «bonus» di un mese senza ulteriori formalità. Trenta giorni per girare in piena libertà Londra, Manchester o Liverpool. Se si trova un impiego si resta, altrimenti si torna a casa.

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