Da Corriere della Sera del 17/11/2005

Il gruppo islamico conquista il 20% al primo turno per il nuovo Parlamento

L’Egitto stanco di Mubarak premia i Fratelli Musulmani

di Cecilia Zecchinelli

È andata meglio di quanto loro stessi si aspettassero, come tanti temevano, come molti ritengono fosse il solo risultato possibile in un Paese dove democrazia e pluralismo politico non esistono ancora. I Fratelli Musulmani d’Egitto, principale forza d’opposizione al Partito Nazional Democratico (Pnd) del raìs Mubarak, hanno vinto nel primo round delle elezioni parlamentari (pesantemente irregolari a favore del Pnd) oltre il 20% dei seggi: 34 su 164. E dato che il 20 novembre e il 1° dicembre verranno eletti altri 280 deputati, la Fratellanza può tranquillamente prepararsi a raggiungere e superare l’obiettivo di mandare almeno 50 uomini al Maglis . Adesso ne conta solo 15. Un ottimo risultato per un partito illegale da 50 anni, che fa eleggere i suoi candidati come «indipendenti», che ha scarso accesso ai media e che ai mille problemi dell’Egitto risponde «l’Islam è la soluzione». Ancora lontanissimo dalla maggioranza assoluta che alla fine manterrà in Parlamento il Pnd (oggi ha l’89%), ma molto migliore di qualsiasi altro partito ufficiale: liberali, marxisti, nasseriani, panarabisti hanno ottenuto in tutto meno di dieci deputati. Ayman Nour, capo di Al Ghad e secondo eletto alle recenti presidenziali (dove la Fratellanza non ha potuto presentare un suo candidato), ha perfino perso il suo seggio.

«Mubarak ha fatto di tutto per reprimere le forze democratiche ma sa benissimo che i Fratelli non sono un vero nemico», sostiene Amir Salem, avvocato del Cairo e attivista per i diritti umani. «Finora in Parlamento la Fratellanza si è occupata solo di imporre limiti islamici a istruzione e cultura. La politica la lasciano a Mubarak, che li tiene in pugno perché può sempre arrestarne qualche centinaio come in passato». Nessun pericolo immediato per il raìs, nonostante sia chiaro che il voto ai Fratelli è una protesta di chi è stanco del suo regime, ma per la democrazia forse sì. «Questo mix di Stato autoritario e religione - dice Salem - è molto, molto negativo».

La Fratellanza intanto nega patti con il raìs (di cui la stampa araba scrive periodicamente) e si dice anzi «a favore di riforme e più libertà, contro il regime Mubarak», come il leader politico del gruppo, Abdel El Monem Abul Futuh, ha dichiarato recentemente al Corriere . Aggiungendo che la forza del gruppo sta «nei milioni di sostenitori (due di iscritti e tre di simpatizzanti secondo le stime) e nelle sue moltissime opere sociali». Anche la «guida» Mahdi Akef ha preso le distanze dal governo, denunciando le irregolarità al voto e chiamando gli adepti «a difendere le urne anche con la morte».

«Non vedo pericoli di islamizzazione massiccia dopo questo risultato e penso che se Mubarak avesse potuto chiudere le moschee, impedire ai Fratelli di partecipare al voto, l’avrebbe fatto», dice Hisham Qassem, analista politico e direttore editoriale di Al Masri Al Yawm . «Ma non poteva permettersi di schiacciarli come sta facendo con l’opposizione democratica. E poi la presenza massiccia di islamici in Parlamento gli fa gioco: la sbandiererà come prova di un processo elettorale "corretto" e la userà come messaggio da mandare a Washington: "Volete tanto la democrazia in Medio Oriente? Ecco i rischi che poi si corrono"».

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