Da La Stampa del 16/11/2005
Originale su http://www.lastampa.it/cmstp/rubriche/girata.asp?ID_blog=2&ID_arti...
Summit Onu a Tunisi
Raggiunto un compromesso per il controllo di Internet
Ma resta il digital divide per l'accesso
di Anna Masera
Tunisi - «Due anni fa a Ginevra, la prima fase di questo vertice mondiale per la società dell’informazione aveva articolato la visione di una società aperta e inclusiva. Il nostro obiettivo qui a Tunisi oggi è di passare dalle parole all’azione. Anche i poveri devono avere libero accesso alla rete». Parola di Kofi Annan.
Sotto la stretta vigilanza delle forze dell’ordine tunisine sparse ovunque, oggi al SMSI (Summit Mondiale per la Società dell’Informazione), sotto l’egida dell’Onu è stato raggiunto un vago accordo di compromesso per il passaggio graduale del controllo di Internet dagli Usa alla comunità internazionale. Ma l’intesa nella sostanza non cambia gli equilibri attuali. Washington, da sempre contraria ad una cogestione a livello di governi, ha mantenuto il monopolio che esercita tramite la società californiana Icann sull'assegnazione dei «domini» (i vari .com, .it, .org). Gli altri 169 paesi presenti al vertice potranno dire la loro in un Forum internazionale di dialogo sulla governance di Internet aperto a tutti che sarà creato dall'Onu.
«Meglio poco che niente, almeno non sono state precluse scelte giuste», dichiara il senatore Verde Fiorello Cortiana: «Abbiamo ottenuto che si apra un forum che contenga non solo le istituzioni ma anche la società civile, le organizzazioni non governative e le imprese». Certo è che poteva andare peggio se fosse passata la linea di chi voleva dare il controllo all’Onu, che annovera fra i suoi affiliati anche governi non democratici come Iran, Siria e Cina. E almeno a parole Kofi Annan lo ha chiarito: non ci sarà nessuna interferenza. «Voglio essere assolutamente chiaro - ha detto il segretario generale dell’Onu-, le Nazioni Unite non vogliono prendere il sopravvento o controllare in qualsiasi modo la rete».
Soddisfatto il ministro italiano per l’Innovazione Lucio Stanca. «E’ passata la mia proposta di mediazione. Infatti l’internazionalizzazione non deve significare la gestione di Internet da parte dei governi. Un’agenzia dell’Onu riceverebbe l’orientamento dall’Assemblea generale. Che cosa accadrebbe se alcuni Stati tentassero di far passare il controllo censorio su Intenet invece di limitarsi alla salvaguardia della rete?».
Dal suo stand dell’Icann, l’ente tecnico che gestisce e assegna i domini su Internet, Raymond A. Pizak, presidente dell’Arin (American Registry for Internet Numbers) commenta: «Ci è andata bene, è vero che il governo americano ci controlla ma finora non ha interferito».
Da una parte si svolge il summit coi delegati, mentre nelle tende allestite sotto il caldo c’è la fiera, che è un suk delle tecnologie con stand attorno ai quali si accalcano rappresentanti da tutti i Paesi del mondo - alcuni con i sandali e il turbante in testa, altri in giacca e cravatta, tutti sudati. Vincono i progetti e le piccole iniziative: per esempio quello dell’Unione delle Province d’Italia che ha presentato un programma di gemellaggio con gli enti locali nei Paesi in via di Sviluppo per contrastare il divario digitale tra Nord e Sud del Mondo. Si sviluppa il business, si trovano fondi per informatizzare e sviluppare il Terzo Mondo. Per portare nelle scuole i computer a basso costo, il Mit ha presentato il suo prototipo da 100 dollari. Ma non c’è software libero senza libertà.
Le Ong (organizzazioni non govermative) che si occupano di diritti umani e civili e di libertà di informazione (perché senza quella Internet non ha senso), si sono riunite in città in un controvertice assieme ai dissidenti tunisini, che sono stati allontanati con la forza nei giorni scorsi dal summit ufficiale. Sette di loro stanno facendo uno sciopero della fame da trenta giorni, per sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi di libertà e diritti in Tunisia. «Qui Internet è censurata, i media sono monopolizzati da un partito al potere da 50 anni, la giustizia è controllata dal governo e le prigioni sono piene di detenuti politici» ha denunciato Sidiki Kaba, presidente della federazione internazionale dei diritti dell’uomo.
E conclude l’iraniana premio Nobel per la pace Shirina Ebadi, che rappresenta la federazione internazionale per i diritti umani per le donne: «Non ha senso parlare della società globale dell’informazione senza la libertà di associarsi e di esprimersi, Internet deve voler dire libertà per tutti». Domani il più atteso è Richard Stallman, l’ideatore del movimento del sofware libero.
Sotto la stretta vigilanza delle forze dell’ordine tunisine sparse ovunque, oggi al SMSI (Summit Mondiale per la Società dell’Informazione), sotto l’egida dell’Onu è stato raggiunto un vago accordo di compromesso per il passaggio graduale del controllo di Internet dagli Usa alla comunità internazionale. Ma l’intesa nella sostanza non cambia gli equilibri attuali. Washington, da sempre contraria ad una cogestione a livello di governi, ha mantenuto il monopolio che esercita tramite la società californiana Icann sull'assegnazione dei «domini» (i vari .com, .it, .org). Gli altri 169 paesi presenti al vertice potranno dire la loro in un Forum internazionale di dialogo sulla governance di Internet aperto a tutti che sarà creato dall'Onu.
«Meglio poco che niente, almeno non sono state precluse scelte giuste», dichiara il senatore Verde Fiorello Cortiana: «Abbiamo ottenuto che si apra un forum che contenga non solo le istituzioni ma anche la società civile, le organizzazioni non governative e le imprese». Certo è che poteva andare peggio se fosse passata la linea di chi voleva dare il controllo all’Onu, che annovera fra i suoi affiliati anche governi non democratici come Iran, Siria e Cina. E almeno a parole Kofi Annan lo ha chiarito: non ci sarà nessuna interferenza. «Voglio essere assolutamente chiaro - ha detto il segretario generale dell’Onu-, le Nazioni Unite non vogliono prendere il sopravvento o controllare in qualsiasi modo la rete».
Soddisfatto il ministro italiano per l’Innovazione Lucio Stanca. «E’ passata la mia proposta di mediazione. Infatti l’internazionalizzazione non deve significare la gestione di Internet da parte dei governi. Un’agenzia dell’Onu riceverebbe l’orientamento dall’Assemblea generale. Che cosa accadrebbe se alcuni Stati tentassero di far passare il controllo censorio su Intenet invece di limitarsi alla salvaguardia della rete?».
Dal suo stand dell’Icann, l’ente tecnico che gestisce e assegna i domini su Internet, Raymond A. Pizak, presidente dell’Arin (American Registry for Internet Numbers) commenta: «Ci è andata bene, è vero che il governo americano ci controlla ma finora non ha interferito».
Da una parte si svolge il summit coi delegati, mentre nelle tende allestite sotto il caldo c’è la fiera, che è un suk delle tecnologie con stand attorno ai quali si accalcano rappresentanti da tutti i Paesi del mondo - alcuni con i sandali e il turbante in testa, altri in giacca e cravatta, tutti sudati. Vincono i progetti e le piccole iniziative: per esempio quello dell’Unione delle Province d’Italia che ha presentato un programma di gemellaggio con gli enti locali nei Paesi in via di Sviluppo per contrastare il divario digitale tra Nord e Sud del Mondo. Si sviluppa il business, si trovano fondi per informatizzare e sviluppare il Terzo Mondo. Per portare nelle scuole i computer a basso costo, il Mit ha presentato il suo prototipo da 100 dollari. Ma non c’è software libero senza libertà.
Le Ong (organizzazioni non govermative) che si occupano di diritti umani e civili e di libertà di informazione (perché senza quella Internet non ha senso), si sono riunite in città in un controvertice assieme ai dissidenti tunisini, che sono stati allontanati con la forza nei giorni scorsi dal summit ufficiale. Sette di loro stanno facendo uno sciopero della fame da trenta giorni, per sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi di libertà e diritti in Tunisia. «Qui Internet è censurata, i media sono monopolizzati da un partito al potere da 50 anni, la giustizia è controllata dal governo e le prigioni sono piene di detenuti politici» ha denunciato Sidiki Kaba, presidente della federazione internazionale dei diritti dell’uomo.
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