Da La Repubblica del 22/11/2005
Aborto, il dramma delle donne straniere
Le immigrate sono più di un quarto. Dimezzati dall'82 gli interventi totali
Ecco i dati dell'ultima relazione ministeriale consegnata alle Camere
L'anno scorso 136 mila gravidanze interrotte: +3,4% rispetto al 2003
Quasi annullato il divario nubili-sposate. Il 57% dei ginecologi sono obiettori
di Giovanna Casadio
ROMA - Una su quattro è straniera. Giovani (anche giovanissime), lavoratrici, poco istruite. Sono le donne che abortiscono in Italia, intorno alle quali il neo segretario dell'Udc, Lorenzo Cesa vorrebbe condurre un'«indagine», idea condivisa dal ministro Storace. E che in realtà sono monitorate, radiografate, annualmente analizzate «nelle caratteristiche socio-demografiche», come si legge nell'introduzione alla «relazione sullo stato di attuazione» della legge 194 che il ministro della Salute (ma anche il Guardasigilli per la parte di sua competenza, ovvero le minorenni che si rivolgono al giudice tutelare) presentano al Parlamento. Due indagini quindi a disposizione.
Tabelle, comparazioni: le ultime informazioni complete sono riferite al 2003. Ma ci sono i dati «preliminari» che fotografano il 2004 e dicono che il numero degli aborti è stato di 136.715 con un aumento del 3,4% rispetto al 2003, quando ci fu una diminuzione dell'1,4% nel confronto con il 2002. Però dal 1982 a oggi gli aborti sono pressoché dimezzati. Dagli oltre 380 mila di quello che fu l'anno-boom («L'anno in cui il fenomeno, dopo l'approvazione della legge nel 1978, finalmente emerge», spiega Maura Cossutta, medico e parlamentare del Pdci) ai 136 mila attuali, in pratica il 41,8% in meno. L'analisi aggiornata del ministro Storace (consegnata alle Camere il 19 ottobre 2005) afferma che la riduzione del ricorso all'aborto è stata maggiore per le donne più istruite, per le sposate e per quelle occupate. Scorrendo le cifre il trend sembra distaccarsi da questa fotografia nel 2003, ma - spiegano gli analisti - bisogna fare i conti con la realtà rappresentata dalle immigrate, che sono il 25,9% del totale di chi ha interrotto la gravidanza. Da parte delle donne straniere il ricorso all'aborto è stato tre volte maggiore (nelle giovanissime anche quattro volte) rispetto alle italiane. Basti pensare che calerebbero di ben 6 punti percentuali gli aborti nel confronto del 2003 con il 2002, considerando solo le italiane. Comunque le donne che abortiscono di più hanno tra i 20 e i 24 anni e tra i 25 e i 29 anni; hanno almeno un figlio; sono lavoratrici. In generale il "tasso di abortività", a cui si riferisce l'Organizzazione mondiale della Sanità, è di 9,6 aborti ogni mille donne in età feconda (dai 15 ai 49 anni). La differenza tra nubili e sposate va scomparendo: sull'aumento degli aborti tra le nubili incide sempre il dato-straniere. «Prevenzione dell'aborto? An, Udc e Lega si preoccupino dell'integrazione delle immigrate» attacca Livia Turco, ex ministro ds del Welfare, scorrendo la relazione e individuando i punti di criticità appunto negli aborti in aumento tra le donne straniere, nella mancata prevenzione e educazione sessuale a scuola e tra gli adolescenti. E poi c'è la questione degli obiettori di coscienza: l'indagine consegnata in Parlamento segnala che il 57% di ginecologi sono obiettori, come il 45,7% degli anestesisti e il 38,1% del personale non medico. «È la prima parte della legge che va cambiata», rincara Maria Grazia Sestini, sottosegretario forzista al Welfare, di Comunione e Liberazione. Ma per Antonio Tomassini, di Fi, ginecologo e presidente della commissione Sanità del Senato, sono i soldi che mancano ai consultori.
Tabelle, comparazioni: le ultime informazioni complete sono riferite al 2003. Ma ci sono i dati «preliminari» che fotografano il 2004 e dicono che il numero degli aborti è stato di 136.715 con un aumento del 3,4% rispetto al 2003, quando ci fu una diminuzione dell'1,4% nel confronto con il 2002. Però dal 1982 a oggi gli aborti sono pressoché dimezzati. Dagli oltre 380 mila di quello che fu l'anno-boom («L'anno in cui il fenomeno, dopo l'approvazione della legge nel 1978, finalmente emerge», spiega Maura Cossutta, medico e parlamentare del Pdci) ai 136 mila attuali, in pratica il 41,8% in meno. L'analisi aggiornata del ministro Storace (consegnata alle Camere il 19 ottobre 2005) afferma che la riduzione del ricorso all'aborto è stata maggiore per le donne più istruite, per le sposate e per quelle occupate. Scorrendo le cifre il trend sembra distaccarsi da questa fotografia nel 2003, ma - spiegano gli analisti - bisogna fare i conti con la realtà rappresentata dalle immigrate, che sono il 25,9% del totale di chi ha interrotto la gravidanza. Da parte delle donne straniere il ricorso all'aborto è stato tre volte maggiore (nelle giovanissime anche quattro volte) rispetto alle italiane. Basti pensare che calerebbero di ben 6 punti percentuali gli aborti nel confronto del 2003 con il 2002, considerando solo le italiane. Comunque le donne che abortiscono di più hanno tra i 20 e i 24 anni e tra i 25 e i 29 anni; hanno almeno un figlio; sono lavoratrici. In generale il "tasso di abortività", a cui si riferisce l'Organizzazione mondiale della Sanità, è di 9,6 aborti ogni mille donne in età feconda (dai 15 ai 49 anni). La differenza tra nubili e sposate va scomparendo: sull'aumento degli aborti tra le nubili incide sempre il dato-straniere. «Prevenzione dell'aborto? An, Udc e Lega si preoccupino dell'integrazione delle immigrate» attacca Livia Turco, ex ministro ds del Welfare, scorrendo la relazione e individuando i punti di criticità appunto negli aborti in aumento tra le donne straniere, nella mancata prevenzione e educazione sessuale a scuola e tra gli adolescenti. E poi c'è la questione degli obiettori di coscienza: l'indagine consegnata in Parlamento segnala che il 57% di ginecologi sono obiettori, come il 45,7% degli anestesisti e il 38,1% del personale non medico. «È la prima parte della legge che va cambiata», rincara Maria Grazia Sestini, sottosegretario forzista al Welfare, di Comunione e Liberazione. Ma per Antonio Tomassini, di Fi, ginecologo e presidente della commissione Sanità del Senato, sono i soldi che mancano ai consultori.
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