Da Il Giornale del 19/11/2005
Originale su http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=44112
I tentacoli della ’ndrangheta sulla Capitale
Invisibile e abile a mimetizzarsi, l’«onorata società» di Reggio e dintorni preparerebbe la «scalata» ai business più lucrosi
di Alessia Marani
«La pervasività della 'ndrangheta ha contaminato anche il Lazio e la Capitale». A lanciare l'Sos è nientemeno che il sostituto procuratore nazionale Antimafia Emilio Ledonne, intervenuto ieri mattina a un convegno promosso da Confindustria Lazio su «il Ruolo delle banche nell'azione di prevenzione dell'economia criminale». Ledonne non usa mezzi termini e descrive un panorama tutt'altro che sereno. Anzi. Traccia una sorta di «mappa» delle infiltrazioni criminose a Roma che, in realtà, nulla di nuovo rivela rispetto a quanto emerso fino a oggi dalle indagini e dalle operazioni portate a termine dagli investigatori di Arma, polizia e Guardia di finanza su 'ndrine e affiliati ai gruppi d'azione con radici nella punta dello Stivale.
«La presenza diffusa dei soggetti collegati a cosche calabresi - afferma, infatti, il magistrato - viene segnalata nell'area sud-est, in particolare nei quartieri di Cinecittà, Casilino, Appio e in alcuni comuni a nord della città, quali Rignano Flaminio, Morlupo e Sant'Oreste».
Non basta. Ledonne aggiunge: «Risultano ormai consolidate sul territorio romano alcune presenze che costituiscono il terminale delle attività economico-finanziarie di organizzazioni collegate a propaggini mafiose dedite agli investimenti e alle infiltrazioni nella progettazione e nell'affidamento di appalti». Non a caso il viceprocuratore della Dna ricorda quanto emerso da «Appia 2», la maxi-inchiesta della Dda (Direzione distrettuale antimafia) su traffico di droga, armi ed estorsioni ad Anzio e Nettuno, seguito della Appia-Mythos di Catanzaro che mandò alla sbarra alcuni dei componenti dello spietato clan Gallace-Novella di Guardavalle che si scoprì, appunto, avere piazzato degli avamposti in terra laziale.
Transfughi delle guerre dell'«onorata società» reggina, invece, i Morabito-Bruzzaniti-Palamara di Africo, arrestati sempre su mandato della Dda (indagine «Ionio»). I «picciotti» di Reggio avevano messo su un giro d'usura e taglieggiamenti nei confronti di alcuni commercianti romani. Insomma, l'altra faccia della luna, come aveva definito la 'ndrangheta Julie Tingwall, sostituto procuratore dello Stato della Florida a Tampa, perché «invisibile», «capace di mimetizzarsi, soprattutto in terre straniere» guarda alla Capitale, ai suoi interessi economici e ai suoi sviluppi futuri, pronta a riciclare fiumi di denaro provento delle sue attività illecite in affari a sei zeri. Nella sua analisi sulla mafia calabrese, Tingwall non omette di dire: «Se a queste sue prerogative si aggiunge la sottovalutazione del fenomeno, si può capire come la 'ndrangheta sia riuscita a prosperare, quasi indisturbata. Fino a qualche anno fa, infatti, molti la ritenevano un'accozzaglia di criminali, dedita al pizzo e ai sequestri di persona e nulla più. Ma il salto di qualità è stato fatto». Rispondendo a Ledonne, il prefetto Achille Serra ha voluto sottolineare, però, come «l'ndrangheta non si sia impossessata del terriotorio laziale. Roma - ha aggiunto Serra - resta comunque una città sicura anche se la guardia non va affatto abbassata.
Caratteristica della mafia è quella di, per così dire, “spossessare” il territorio in cui va a insediarsi. Affermare che il Lazio o Roma siano in mano alle organizzazioni mafiose è decisamente azzardato. Certo, nella Capitale vivono quattro milioni di persone ed è difficile ritenere che non vi siano esponenti della criminalità organizzata. Quello che fa la differenza con altre regioni è la cultura mafiosa, l'adeguamento all'ideologia mafiosa della gente, un fattore che non c'è nel nostro territorio».
Insomma, Serra getta acqua sul fuoco e conclude: «Roma è una città sicura se il rapporto è, come deve essere, con altre grandi metropoli del mondo quali New York, Parigi e Londra». È il presidente regionale di Confindustria, Giancarlo Elia Valori, a puntare l'attenzione sulle normative antiriciclaggio, il primo vero strumento di difesa dalle infiltrazioni criminali. «Gli intermediari bancari e finanziari - dice - rivestono un ruolo strategico per annullare alla base pericolose distorsioni delle dinamiche economiche e le possibilità di uno sviluppo equo».
Valori cita come esempio «da tutelare» il nuovo progetto di crescita dell'area attorno a Fiumicino-Maccarese, nuovo centro d'interesse economico-finanziario. Eclatanti i dati della Dna sulla droga in arrivo o «di passaggio» nel 2004 nel Lazio: 722 chili di cocaina sequestrati, 1.830 tra hashish e marijuana. Eppure le operazioni finanziarie «sospette» in un territorio in cui operano 778 banche con 30.964 sportelli sono state appena le 301 segnalazioni ritenute credibili su 7.878 in 8 anni.
«La presenza diffusa dei soggetti collegati a cosche calabresi - afferma, infatti, il magistrato - viene segnalata nell'area sud-est, in particolare nei quartieri di Cinecittà, Casilino, Appio e in alcuni comuni a nord della città, quali Rignano Flaminio, Morlupo e Sant'Oreste».
Non basta. Ledonne aggiunge: «Risultano ormai consolidate sul territorio romano alcune presenze che costituiscono il terminale delle attività economico-finanziarie di organizzazioni collegate a propaggini mafiose dedite agli investimenti e alle infiltrazioni nella progettazione e nell'affidamento di appalti». Non a caso il viceprocuratore della Dna ricorda quanto emerso da «Appia 2», la maxi-inchiesta della Dda (Direzione distrettuale antimafia) su traffico di droga, armi ed estorsioni ad Anzio e Nettuno, seguito della Appia-Mythos di Catanzaro che mandò alla sbarra alcuni dei componenti dello spietato clan Gallace-Novella di Guardavalle che si scoprì, appunto, avere piazzato degli avamposti in terra laziale.
Transfughi delle guerre dell'«onorata società» reggina, invece, i Morabito-Bruzzaniti-Palamara di Africo, arrestati sempre su mandato della Dda (indagine «Ionio»). I «picciotti» di Reggio avevano messo su un giro d'usura e taglieggiamenti nei confronti di alcuni commercianti romani. Insomma, l'altra faccia della luna, come aveva definito la 'ndrangheta Julie Tingwall, sostituto procuratore dello Stato della Florida a Tampa, perché «invisibile», «capace di mimetizzarsi, soprattutto in terre straniere» guarda alla Capitale, ai suoi interessi economici e ai suoi sviluppi futuri, pronta a riciclare fiumi di denaro provento delle sue attività illecite in affari a sei zeri. Nella sua analisi sulla mafia calabrese, Tingwall non omette di dire: «Se a queste sue prerogative si aggiunge la sottovalutazione del fenomeno, si può capire come la 'ndrangheta sia riuscita a prosperare, quasi indisturbata. Fino a qualche anno fa, infatti, molti la ritenevano un'accozzaglia di criminali, dedita al pizzo e ai sequestri di persona e nulla più. Ma il salto di qualità è stato fatto». Rispondendo a Ledonne, il prefetto Achille Serra ha voluto sottolineare, però, come «l'ndrangheta non si sia impossessata del terriotorio laziale. Roma - ha aggiunto Serra - resta comunque una città sicura anche se la guardia non va affatto abbassata.
Caratteristica della mafia è quella di, per così dire, “spossessare” il territorio in cui va a insediarsi. Affermare che il Lazio o Roma siano in mano alle organizzazioni mafiose è decisamente azzardato. Certo, nella Capitale vivono quattro milioni di persone ed è difficile ritenere che non vi siano esponenti della criminalità organizzata. Quello che fa la differenza con altre regioni è la cultura mafiosa, l'adeguamento all'ideologia mafiosa della gente, un fattore che non c'è nel nostro territorio».
Insomma, Serra getta acqua sul fuoco e conclude: «Roma è una città sicura se il rapporto è, come deve essere, con altre grandi metropoli del mondo quali New York, Parigi e Londra». È il presidente regionale di Confindustria, Giancarlo Elia Valori, a puntare l'attenzione sulle normative antiriciclaggio, il primo vero strumento di difesa dalle infiltrazioni criminali. «Gli intermediari bancari e finanziari - dice - rivestono un ruolo strategico per annullare alla base pericolose distorsioni delle dinamiche economiche e le possibilità di uno sviluppo equo».
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