Da La Repubblica del 01/12/2005
Originale su http://www.repubblica.it/2005/j/sezioni/esteri/nigergate/francia007/fr...

Alain Chouet, ex numero 2 dei servizi segreti transalpini racconta il ruolo di Parigi nell'affare del falso traffico di uranio

Nigergate, lo 007 francese che smonta la tesi del Sismi

di Carlo Bonini, Giuseppe D'Avanzo

PARIGI - La Direction Générale de la Sécurité extérieure (Dgse) è il controspionaggio francese all'estero. Alain Chouet ne è stato il numero 2. Oggi si gode in campagna la pensione, ma - fino all'estate del 2002 - è stato l'uomo che si è occupato del "Nigergate" per conto di Parigi. Dice: "So cosa è accaduto. Quando è accaduto. Come è accaduto. Ho guidato l'intelligence francese in questa storia. Ho preso le decisioni. Ho comunicato e scambiato con gli americani le informazioni riguardanti questo caso. All'epoca dei fatti dirigevo il Service de rensignement de sécurité, il Dipartimento Sicurezza e Intelligence, che ha competenza su antiterrorismo, controspionaggio all'estero, contro-proliferazione delle armi di distruzione di massa".

Il racconto di Alain Chouet corregge in quattro punti essenziali la ricostruzione dell'affare offerta al Parlamento dal governo e dal Sismi.

1) Rocco Martino, il vendifumo che dissemina i falsi documenti, non lavorava per la Dgse come ripetutamente (anche a Repubblica) ha riferito il direttore del Sismi, Nicolò Pollari.

2) La Cia è in possesso di almeno una parte dei documenti falsi (distribuiti da Rocco Martino) non dall'ottobre del 2002, quando vengono consegnati all'ambasciata americana di Roma da Panorama, ma da quattro mesi prima, in estate.

3) Contrariamente a quanto Pollari e Letta (autorità politica dell'intelligence) hanno riferito, non sono i francesi a trasmettere i documenti falsi a Washington, ma, al contrario, sono gli americani che trasmettono quei documenti ai francesi e chiedono di verificarne l'attendibilità: i francesi verificano e, sin dal luglio 2002, ne denunciano l'infondatezza.

4) Rocco Martino, pedinato e fotografato dal Sismi, entra in contatto con i francesi solo nell'estate del 2002. Il racconto di Alain Chouet rivela dunque la grossolana cosmesi della realtà, diciamo così, del nostro governo. È ora di dargli la parola.
"I miei rapporti personali con gli italiani sono sempre stati ottimi. Per questo sono ancora più stupito. Continuo a chiedermi perché il Sismi sostiene che dietro questa storia ci siamo noi. Vi racconto come sono andate le cose. Mi atterrò soltanto a fatti che conosco personalmente".

Alain Chouet tiene a mettere innanzitutto in ordine date e protagonisti. Correzione sostanziale: il prologo del "Nigergate" va in scena nell'estate del 2001, prima dell'11 settembre, per mano della Cia. "All'inizio dell'estate del 2001, la Cia ci gira un'informazione tanto generica quanto allarmante. "L'Iraq - avverte Langley - starebbe tentando di acquisire uranio da un Paese africano".

Gli americani aggiungono che a insospettirli è stato un viaggio, di almeno due anni prima, dell'ambasciatore iracheno presso la Santa Sede nei paesi centro-africani. Gli americani, come prassi, non rivelano quale sia la fonte delle loro informazioni. Washington non parla di Niger, ma genericamente di Africa. Gli Stati Uniti sanno che non si muove foglia nelle ex colonie africane francofone a nostra insaputa. Soprattutto nel campo della controproliferazione. Per noi, del resto, quell'informazione, per quanto generica, non è un'informazione come le altre.

Dalla Guerra del Golfo (1991) in poi, la Francia non può permettersi che qualcuno la accusi di sottovalutare i programmi di riarmo di Saddam Hussein. Quindi, quando gli americani si muovono nell'estate 2001, mi rimbocco subito le maniche. Incarico i miei uomini di mettersi al lavoro in Africa. In Niger, ovviamente, ma anche in Namibia (capirete presto il perché). Gli esiti sono del tutto negativi. Alla fine di agosto 2001, l'allerta si spegne. Dopo l'attacco alle Torri, tra il settembre 2001 e la primavera dell'anno successivo, quell'informazione sull'uranio nigerino torna a essere un indistinto e irrilevante rumore di fondo. Poi accade qualcosa...".

Per il Sismi accade questo. Il 21 settembre 2001, l'ammiraglio Gianfranco Battelli (predecessore di Pollari) invia un cable a Langley con notizie di una trasferta "avvenuta nel '99 di personale iracheno in Niger durante la quale erano state fatte anche domande sulla produzione di uranio impoverito nelle due miniere del Paese e sulle modalità di esportazione di quel materiale". Il 15 ottobre di quell'anno si insedia al Sismi Nicolò Pollari. Il 18 ottobre, con una lettera di una pagina e mezza, Pollari spiega alla Cia che "le notizie sul Niger arrivano da una fonte affidabile, anche se non si è grado di valutarne la qualità".

Nel febbraio e nel marzo 2002, a Langley arrivano da "un servizio estero" altri due rapporti che confermano la pista nigerina del riarmo atomico di Saddam. Il Sismi sostiene che si tratta di "informazioni francesi". Chouet sorride. "No, non è andata così. La Cia bussa ancora alla nostra porta, con la storia dell'uranio, soltanto nella tarda primavera 2002. Direi fine aprile, inizio maggio (quindi dopo i rapporti di febbraio e marzo). Questa volta, la richiesta ha un'urgenza non differibile (il 12 febbraio 2002, il vicepresidente Dick Cheney, ricevuto un rapporto della Dia che accredita l'acquisto iracheno di 500 tonnellate annue di uranio nigerino, chiede con decisione alla Cia di sviluppare l'informazione).

Rispetto all'estate dell'anno precedente, gli americani sono più precisi. Indicano un Paese, il Niger. Offrono una serie di dettagli. Ci consegnano, di fatto, tutte le informazioni che solo dopo scopriremo - sottolineo, dopo scopriremo - essere contenute nel dossier di Rocco Martino e di cui, in quel momento, non abbiamo ancora mai sentito parlare. Come prassi, Langley tace la fonte. Non spende né il nome di Martino, né quello del Sismi. Ci chiede soltanto di verificare quel materiale.

La pressione di Langley è robusta. La Cia chiede di avere subito una risposta sulla fondatezza di quelle informazioni. All'indomani dell'11 settembre, i rapporti tra Dgse e Cia sono eccellenti (buoni rapporti sempre messi in dubbio dall'Italia) e dunque dispongo una missione "deep undercover", sotto profonda copertura. Tra la fine di maggio e giugno 2002, i "miei" sono a Niamey, la capitale del Niger. La missione - come prevedono le direttive operative della Dgse - viene taciuta al nostro ministero degli Esteri come all'intera rete diplomatica".

In Niger gli uomini della Dgse trovano zero, nulla di diverso da quello che ha già rintracciato l'ex ambasciatore Joseph Wilson, inviato in febbraio dalla Cia a Niamey.

"Della squadra fanno parte cinque tra i nostri migliori agenti. Con una profonda conoscenza del Niger e di tutte le questioni legate allo yellowcake. I miei "ragazzi" restano in Africa per un paio di settimane e, al ritorno, mi dicono una cosa semplice: "Le informazioni americane sull'uranio sono tutte stronzate".

"Quando leggo la loro relazione, non dubito del loro lavoro, né, se permettete, della mia testa. Conosco bene il Niger, ma posso dire di aver conosciuto ancora meglio Bagdad e Saddam. E so che, se Saddam avesse voluto acquistare in Niger yellowcake di cui per altro già disponeva in grandi quantità, non avrebbe mai incaricato un ambasciatore di intavolare trattative. Il raìs non si fidava di nessuno al suo ministero degli Esteri. Figuriamoci dei suoi ambasciatori in giro per il mondo... Per una cosa del genere avrebbe mandato uno dei suoi figli. Peraltro, noi sapevamo il motivo del viaggio dell'ambasciatore iracheno presso la Santa Sede, Wissam Al Zahawie. Doveva individuare un Paese africano disposto, in cambio di danaro, ad accettare lo stoccaggio dei rifiuti tossico-nocivi del regime. Infatti, la Namibia, fino ad allora utilizzata come discarica dall'Iraq, aveva comunicato a Bagdad di non essere più intenzionata a impestare il proprio territorio. Riferisco alla Cia gli esiti della nostra missione in Niger. Gli americani mi appaiono molto delusi per quel che sono costretti ad ascoltare. Capisco già allora le ragioni della loro frustrazione e ancora meglio le comprendo quando la Cia, non contenta del risultato, ci fa avere, a fine giugno 2002, una parte dei documenti del dossier nigerino, quasi a voler dimostrare le ragioni della loro insistenza".

Siamo in un punto cruciale. Fine giugno 2002. Da Langley mandano una parte dei documenti nigerini a Parigi. Di quali documenti si tratta? Secondo la ricostruzione italiana e americana quei documenti non sono ancora in possesso della Cia, né sono mai stati in possesso del Sismi.

"Se la cosa vi sorprende non so che farci. Io vi dico che ho ricevuto un "assaggio" di quei documenti nell'estate 2002 da Langley. Spedirono il plico a Parigi attraverso i consueti canali di intelligence. Ricordo bene che non erano più di una decina di fogli. C'era una breve introduzione con cui la Cia illustrava il significato di quei documenti, e poi direi non più di tre documenti completi. Ci bastò un rapido esame di quelle carte per concludere che erano robaccia. Falsi grossolani".

"Il documento che più mi colpì faceva riferimento all'ambasciatore iracheno presso la Santa Sede. Guardando quella carta, ripensai alla strana e generica richiesta dell'estate 2001. Al punto che mi dissi: "Guarda un po' gli americani... Hanno questa roba da un anno e lo dicono solo adesso, dopo che siamo già andati due volte in Niger". Comunque né allora, né dopo, gli americani ci riferiscono da chi hanno ricevuto quella roba. Lo scopriamo però da soli. Siamo francesi, ma non del tutto scemi. Innanzitutto, quei documenti, per quel che si poteva leggere, giravano intorno all'ambasciata nigerina a Roma. E non ci sfugge dov'è Roma. Inoltre, in quegli stessi giorni in cui la Cia ci trasmette parte dei documenti, appare questo signore, un vostro connazionale. Rocco Martino".

Secondo il Sismi, Rocco Martino è un agente della Dgse almeno dal 2000. Ufficio in Lussemburgo con una società di copertura, la Security Development Organization, Intelligence Office al 3 di Rue Hoel, Sandweiler. Rocco Martino, per il nostro Servizio, lavora dunque per Chouet. Alla Dgse, come ha ripetuto Gianni Letta al Parlamento, Rocco Martino consegna i falsi documenti nigerini addirittura prima dell'11 settembre. Il Sismi per confermare la circostanza ha diffuso alla stampa due foto di Rocco Martino a colloquio, "a Bruxelles", con un agente francese di cui fa il nome, Jacques Nadal.

"Questa storia che Rocco Martino lavorava per noi è semplicemente un falso. Rocco Martino bussa per la prima volta alla nostra porta alla fine di giugno del 2002. Dice di avere documenti importanti su un traffico di uranio dal Niger all'Iraq e chiede per il materiale 100 mila dollari. Ora, io sono abbastanza abituato ai "suk" arabi per non abboccare a una richiesta di questo genere. E dico ai miei di dirgli che prima vediamo il materiale, e poi, se la cosa ci interessa, discutiamo del prezzo. Le cose vanno così. Martino si fa vivo alla nostra ambasciata in Lussemburgo e chiede di parlare con qualcuno dei nostri. Chiedo a Jacques Nadal, della "stazione" di Bruxelles, di incontrare quell'italiano in Lussemburgo. Nadal lo vede alla fine di giugno 2002".

A quell'incontro si riferiscono le foto diffuse dal Sismi. Chouet le guarda (la più nitida è pubblicata in queste pagine). Ride di cuore. "Rido perché queste foto dimostrano il contrario di quanto dice il Sismi. Mi spiego. Questa foto dimostra: che il Sismi seguiva Rocco Martino nell'estate del 2002 e dunque, già da allora, sapeva chi era e cosa faceva o stava tentando di fare; che il contatto di Rocco Martino è Jacques Nadal. Bene. Sapete quando Jacques Nadal è stato assegnato alla stazione di Bruxelles? Dal sottoscritto, nell'aprile-maggio 2002. Dunque, se si sostiene che Nadal è il "contatto francese" di Rocco, il che è vero come dimostra la foto, il contatto risale all'estate 2002. Non prima (né naturalmente dopo, nel 2003, quando tutto il mondo sa che quei documenti sono falsi e dunque l'incontro non avrebbe alcun senso). La foto, insomma, dimostra esattamente il contrario di quel che le si vuole far dire. Cioè che dietro Rocco ci sono i francesi.

"Ultima osservazione. Guardate come sono vestiti Rocco e Nadal. In Lussemburgo non si va in giro vestiti in quel modo altro che in piena estate. È una conferma di quel che dico. Si può obiettare: "Magari è l'estate prima". Ma, come ho detto, l'estate prima, Nadal non è ancora a Bruxelles. Dunque, Rocco ci cerca. Lo incontriamo due volte. Nella prima, ci fa vedere le carte. Nadal le raccoglie, le trasmette a Parigi. A Parigi le confrontiamo con quelle, già da noi giudicate false, che ci hanno trasmesso poche settimane prima gli americani. Sono identiche. Concludiamo che Rocco è la fonte delle "stronzate" rifilate agli americani. Le stesse sciocchezze che girano ormai dall'estate 2001. Concludiamo che è Rocco la fonte che sta cercando, in quei giorni, di rifilare quegli stessi documenti anche ai tedeschi del Bundesnachrichtendienst (Bnd, servizio federale d'informazione)".

"I tedeschi ci chiedono un consiglio e noi li avvertiamo che è immondizia. La seconda volta, incontriamo l'italiano verso fine luglio 2002. Gli diciamo che la sua è robaccia falsa. Nel frattempo, controlliamo chi è Rocco Martino e scopriamo che è un ex agente dell'intelligence italiana".

Il Sismi accusa l'intelligence francese di aver taciuto agli americani l'infondatezza del dossier nigerino. Anzi, segnala il Sismi, il direttore della controproliferazione del ministero degli Esteri francese, il 22 novembre 2002, nel corso di una riunione con funzionari del Dipartimento di Stato, riferisce che la Francia è in possesso di informazioni secondo le quali l'Iraq ha tentato di procurarsi uranio in Niger. L'informazione, afferma il diplomatico francese, è stata verificata e ritenuta attendibile.

Citando la relazione del Comitato di controllo sull'intelligence del Senato Usa, il Sismi sostiene che "soltanto il 4 marzo 2003, la Francia avverte Washington che le sue informazioni sull'uranio si basano sulle stesse informazioni in possesso di Parigi".
"Ripeto per l'ennesima volta. Primo: il nostro ministero degli Esteri non sa cosa fa la Dgse. È la regola. È una prassi che non vale solo per i servizi francesi. Secondo: abbiamo avvertito la Cia nell'estate 2002. Terzo: fate attenzione alle parole del rapporto Usa. Non dice che la Francia informa gli americani il 4 marzo 2003. Il rapporto dice: "Il 4 marzo 2003 il governo americano ha appreso che i francesi hanno basato le loro analisi iniziali sull'uranio nigerino sugli stessi documenti in possesso di Washington". "Il governo apprende che i Francesi...". Qualcuno ha trattenuto quell'informazione. A Washington, forse. Di certo, non a Parigi. E poi, sarei più cauto a dire che il nostro ministero degli Esteri ha sostenuto che la Francia aveva prove di un tentativo di traffico di uranio. Vi racconto una cosa. Nei miei due anni di comando alla Dgse mi è capitato di incontrare George Tenet, l'allora direttore della Cia. Ho partecipato a riunioni tra Parigi e Washington. Bene, se io dicevo che una determinata cosa era "possibile", quella parola, nella bocca di Tenet diventava "probabile"".

Conclusione con domanda. Secondo il racconto di Alain Chouet, i francesi non hanno nulla a che fare con Rocco Martino (il Sismi ha certamente a che fare con Rocco Martino). Nessuna mossa di Rocco Martino sfugge al Sismi quando, nell'estate del 2002, il vendifumo incontra per la prima volta l'agente francese (non è vero, dunque, che il Sismi sappia chi è Rocco Martino soltanto nell'estate del 2003).
Sono i francesi, a cui la Cia chiede lumi per verificare notizie avute dagli italiani, a smentirle (e non sono dunque gli italiani a smentire alla Cia le notizie in possesso dei francesi). Più precisamente. Sono i francesi ad avvertire gli americani del falso già nell'estate del 2002 (mentre il Sismi non avverte mai del falso né la Cia, né il Consiglio di Sicurezza Nazionale).

La Cia è in possesso di almeno parte dei documenti di Rocco Martino messi insieme da una fonte del Sismi (la "Signora" nell'ambasciata nigerina di Roma), controllata da un colonnello del Sismi (Antonio Nucera), già nel luglio del 2002. E non, come riferisce il Sismi, soltanto nell'ottobre 2002.

La testimonianza di Alain Chouet scombussola la versione posticcia offerta dal governo all'inconcludente e sottomesso Comitato di controllo parlamentare e al pubblico ministero di Roma. Parlamento e magistratura saranno in grado di prendere atto che, in questa storia del Nigergate, sono state dette troppe menzogne?

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