Da La Nuova Ecologia del 15/12/2005
Originale su http://www.lanuovaecologia.it/rifiuti/politiche/5133.php

Un incentivo per il riciclaggio

di Rosanna Laraia

L’obiettivo? Promuovere il Green public procurement verso i materiali riciclati. E favorire lo sviluppo del mercato. Fra capitolati tecnici, deroghe e calcoli sul fabbisogno dei diversi settori merceologici.

Sono molte le disposizioni normative atte a promuovere e regolamentare il recupero ed il riciclaggio, e soprattutto gli acquisti di materiali riciclati a partire dal decreto Ronchi che prevede, in più parti, l’adozione di misure e strumenti da parte dello Stato e delle Regioni finalizzate a determinare condizioni favorevoli al mercato dei materiali riciclati. Anche le procedure agevolate per le attività di recupero dei rifiuti, previste dallo stesso testo normativo e che sono divenute attuabili attraverso due specifici decreti (5 febbraio 1998 per i rifiuti non pericolosi e 161/2002 per i rifiuti pericolosi) rappresentano importanti strumenti per promuovere il recupero dei rifiuti ed, in particolare, il riciclaggio ed il mercato dei materiali riciclati.

Con la legge finanziaria del 2002, è stato fornito un ulteriore importante strumento di incentivazione del mercato dei prodotti riciclati, introducendo all’articolo 19, comma 4 del D. Lgs.22/97 una disposizione che prevede che «le regioni, sulla base di metodologie di calcolo e della definizione di materiale riciclato stabilite da un apposito decreto del ministero dell’Ambiente e delle Tutela del territorio, adottino, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del suddetto decreto, le disposizioni occorrenti affinché gli uffici e gli enti pubblici, e le società a prevalente capitale pubblico, anche di gestione dei servizi, coprano il fabbisogno annuale dei manufatti e beni, indicati nel medesimo decreto, con una quota di prodotti ottenuti da materiale riciclato non inferiore al 30% del fabbisogno medesimo».

Da questa disposizione discende quindi il DM 8 maggio 2003, n. 203 (il cosiddetto “Decreto 30%”) che ha l’obiettivo di creare condizioni di mercato più favorevoli ai prodotti realizzati a partire da materiali riciclati, imponendo delle percentuali minime di utilizzo degli stessi da parte di soggetti pubblici e gestori di servizi. L’obiettivo è quello di superare lo svantaggio economico dell’opzione riciclaggio rispetto ad altre forme di trattamento dei rifiuti, a causa dei maggiori costi di questa opzione rispetto alla discarica e all’incenerimento e favorire quindi lo sviluppo di un mercato di questi materiali.

E’ chiaro che l’incentivo all’utilizzo di materiali riciclati non può essere inteso come una generale promozione del Green public procurement (Gpp) in quanto riferita unicamente a prodotti realizzati a partire da rifiuti; il Gpp rappresenta, invece, uno degli strumenti più efficaci per promuovere il mercato dei prodotti ritenuti «ambientalmente preferibili» tra i quali non sono necessariamente compresi quelli ottenuti da materiale riciclato. Il Gpp promuove, infatti, prodotti che durante l’intero ciclo di vita, a partire dalla loro realizzazione, sono in grado di generare minori impatti sull’ambiente; in termini di diminuzione dell’energia e delle materie prime utilizzate, riduzione delle emissioni durante la produzione, minore produzione di rifiuti, maggiore durata , facilità nello smontaggio e riciclabilità.


IL DECRETO 30%

Il decreto dell’8 maggio 2003, n. 203 individua dunque regole e definizioni affinché le Regioni adottino le disposizioni necessarie, destinate agli uffici ed enti pubblici ed alle società a prevalente capitale pubblico e anche di gestione dei servizi, per implementare acquisti in beni riciclati nella misura del 30% rispetto ai propri bisogni complessivi. Esso rappresenta un formidabile strumento di promozione del mercato dei materiali e dei beni e manufatti riciclati. Si può, senz’altro, affermare che si tratta di una norma innovativa che percorre una strada non utilizzata da nessun altro Paese dell’Unione, ma che per creare realmente degli effetti positivi sul sistema di gestione dei rifiuti, necessita di tempi lunghi e, forse, anche di alcune modifiche per facilitarne l’applicazione.

Il decreto definisce come «materiale riciclato» un materiale che sia realizzato utilizzando «rifiuti derivanti dal post-consumo» nei limiti in peso imposti dalle tecnologie impiegate per la produzione del materiale medesimo e come «manufatti e beni» ottenuti con materiale riciclato quelli realizzati con una prevalenza in peso di materiale riciclato. Questo significa che solo un prodotto realizzato con almeno il 51% del suo peso con materiale riciclato potrà rientrare fra quelli ammessi a godere dei benefici introdotti dalla nuova disciplina.

La percentuale di materiale riciclato impiegata (che ovviamente potrà essere anche superiore al 51%), dovrà essere specificata e certificata da soggetto terzo professionalmente abilitato tramite perizia giurata. E’ evidente che si mira a promuovere unicamente quei prodotti che contengono quote variabili di rifiuti derivanti dai cicli di consumo e non quelli che costituiscono scarti di lavorazione; questi ultimi rappresentando flussi omogenei di rifiuti dotati di un maggior grado di purezza, sono infatti più facilmente allocabili sul mercato rispetto ai rifiuti derivanti dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani. L’obiettivo è invece quello di intervenire, creando uno sbocco di mercato, su quei flussi di rifiuti considerati più “problematici” in termini di reinserimento nei cicli produttivi.

Ma ciò anche se largamente condivisibile sul piano concettuale, è indubbio che crei una serie difficoltà sul piano pratico, in quanto la maggior parte dei materiali riciclati utilizzano indifferentemente per la loro produzione sia rifiuti da post consumo che scarti di lavorazione; la distinzione tra materiali post consumo e scarti di lavorazione non è, poi, chiaramente “colta” dagli operatori del settore.


DEROGHE E DESTINATARI

La norma prevede comunque le cosiddette “deroghe” , che valgono per quei rifiuti e materiali che, pur non derivando dai cicli di consumo, sono computati, in tutto o in parte, nella percentuale di rifiuti contenuti nel materiale riciclato. In particolare le deroghe ammesse riguardano i rottami metallici ferrosi e non ferrosi, conformi a specifiche europee (Ceca, Aisi, Caef, Uni ed Euro) e/o a quelle previste dal DM 5 febbraio 1998, nonché i materiali tessili costituiti al cento per cento da fibre precedentemente incorporate in un semilavorato o prodotto finito. Ma vediamo chi dovrà attuare questo dispositivo.

I destinatari del provvedimento sono gli enti pubblici e le società a prevalente capitale pubblico, anche di gestione dei servizi; quindi viene chiarito e ampliato il campo dei soggetti obbligati all’acquisto dei beni e manufatti riciclati, già individuato dalla legge 448/2001 che parlava di «uffici pubblici e società a prevalente capitale pubblico».

All’Osservatorio nazionale sui rifiuti (Onr) viene affidato il compito, tra gli altri, di stilare e rendere pubblico l’elenco dei destinatari nazionali; le regioni, a loro volta, dovranno individuare ed aggiornare l’elenco dei destinatari di competenza delle rispettive aree geografiche, dandone comunicazione all’Onr.

Per rendere operativo il sistema, si prevede che gli enti pubblici dovranno adottare specifiche disposizioni, al momento di formulazione di una gara per la fornitura e l’installazione di manufatti e beni, e nella predisposizione di capitolati di opere pubbliche. Quali sono le disposizioni:

• ogni anno, e per ciascuna categoria di prodotto, almeno il 30% del fabbisogno di manufatti e beni acquistato, dovrà essere coperto con prodotti ottenuti con materiale riciclato;

• l’acquisto di singoli prodotti, per un quantitativo superiore al 30% in una categoria, non potrà compensare il mancato acquisto in altre categorie;

• i capitolati non dovranno contenere caratteristiche tecniche dei manufatti e beni più restrittive rispetto a quelle previste dalle norme vigenti nazionali e comunitarie.

Tutte le disposizioni vanno applicate ai manufatti e beni di cui sia verificata la disponibilità e la congruità di prezzo; la congruità si ritiene rispettata se l’eventuale incremento di prezzo non supera quello dei corrispondenti manufatti e beni contenenti materie prime vergini di una percentuale che dovrà essere di volta in volta definita.

L’Onr dovrà inoltre curare, aggiornare e rendere pubblico il Repertorio del riciclaggio (Rr) che prevede: l’elenco dei materiali riciclati; l’elenco dei manufatti e beni in materiale riciclato, con l’offerta, la disponibilità e la congruità del prezzo.

Per ottenere l’iscrizione dei materiali e dei manufatti o beni al Repertorio, il soggetto che li detiene dovrà inoltrare una dettagliata richiesta, cui dovrà allegare specifiche informazioni a seconda che riguardi i materiali o i manufatti. Per i materiali riciclati è necessaria anche una perizia giurata che attesti la percentuale di rifiuti in essi contenuti.

Riguardo ai beni e manufatti le informazioni da fornire, oltre ai dati identificativi dell’azienda produttrice, sono il nome commerciale del manufatto, il codice del Repertorio dei materiali utilizzati per la sua realizzazione e la relativa percentuale in peso riferita al peso totale del bene o manufatto, informazione fondamentale per valutare il rispetto del requisito essenziale della prevalenza in peso nel manufatto del materiale riciclato.

Un punto debole nell’introduzione di una percentuale minima obbligatoria di materiale riciclato negli appalti di forniture e servizi per la pubblica amministrazione è la difficoltà a controllare l’intero sistema ed in particolare a verificare il rispetto del requisito relativo al contenuto del materiale riciclato nel prodotto finito.

Per questo motivo è previsto un sistema di controllo, che dovrà constatare la veridicità di quanto dichiarato nella domanda di iscrizione di un materiale e di un bene o manufatto, pena la cancellazione dal Repertorio del riciclaggio.

Ciascuna filiera di materiali può dotarsi di una organizzazione cui partecipino produttori di materiali e di manufatti riciclati, enti di ricerca ed eventuali consorzi di filiera, con l’obiettivo di controllare il rispetto nel tempo di quanto dichiarato nella richiesta di iscrizione; di adottare e/o promuovere la ricerca di sistemi di analisi sui materiali riciclati che consentano di verificarne la natura e la provenienza. Indubbiamente una garanzia che il sistema proceda nella giusta direzione è dato dal fatto che, trattandosi, per i materiali ed i beni iscritti, di un grosso vantaggio in termini di mercato, sarà il mercato stesso a vigilare affinché solo i prodotti rispondenti ai requisiti richiesti dalla norma possano accedere alla relative agevolazioni.

Ma a chi deve essere inoltrata la domanda?

Il decreto prevedeva l’istituzione di uno specifico Gruppo di lavoro interministeriale composto da rappresentanti dei ministeri, Onr e Regioni, poi decaduto, poiché la Corte dei Conti ha censurato proprio questa parte del decreto rendendo peraltro di difficile applicazione il sistema dei controlli che a questo organismo faceva capo.


LA COMMISSIONE TECNICA

La censura operata dalla Corte dei Conti, ha reso indispensabile l’introduzione di una serie di provvedimenti per assicurare la reale funzionalità del sistema.

Con il DM 9 ottobre 2003 in sostituzione del Gruppo di lavoro interministeriale, è stata istituita un’apposita Commissione Tecnica, composta da 9 membri, in rappresentanza dei Ministeri dell’ambiente e tutela del territorio, delle attività produttive, della salute e delle regioni.

Alla Commissione, che può avvalersi della consulenza dell’Apat per svolgere le sue funzioni, sono stati attribuiti una serie di compiti che riguardano, in particolare:

• l’indicazione dei limiti in peso dei rifiuti nei materiali riciclati imposti dalle tecnologie ed il loro aggiornamento in relazione al progresso scientifico e tecnologico;

• l’analisi della documentazione relativa alle richieste di inserimento dei materiali riciclati e dei beni e manufatti riciclati nel Repertorio;

• l’indicazione dei criteri per la valutazione della congruità del prezzo dei beni e manufatti riciclati rispetto a quelli contenenti materie vergini;

• l’indicazione della disponibilità sul mercato dei materiali e dei beni da inserire nel Repertorio;

• l’assegnazione, a seguito dell’istruttoria tecnica, di un codice del Repertorio;

• l’indicazione di eventuali deroghe riguardo a rifiuti e materiali non derivanti dal post consumo ad integrazione di quelle già previste all’ art. 9 del decreto 203/2003.

La Commissione ha, in primo luogo, risolto, anche attraverso audizioni con i Soggetti interessati, alcuni problemi applicativi ed interpretativi della norma relativi in particolare alla definizione della prevalenza in peso dei materiali riciclati nei beni e manufatti, alla metodologia di calcolo da applicare per la valutazione del 30% del fabbisogno annuale, alla valutazione della congruità del prezzo. Per facilitare, poi, la reale applicazione della norma, la Commissione ha deciso di elaborare e sottoporre all’approvazione del ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio, circolari relative a specifici settori merceologici contenenti indicazioni operative e dettagli sulla documentazione da produrre per le richieste di inserimento nel Repertorio.

Sono state così pubblicate ben sette circolari operative per i diversi settori merceologici : tessile e abbigliamento (8 giugno 2004); plastica (4 agosto 2004); carta (3 dicembre 2004) ; legno e arredo (3 dicembre 2004) ; ammendanti ( 22 marzo 2005); edile, stradale e ambientale (15 luglio 2005); articoli in gomma (circolare 19 luglio 2005).

Ciascuna delle circolari segue uno schema comune, fornendo specifiche indicazioni riguardo a: definizione di materiale riciclato; materiali riciclati ammissibili alla iscrizione nel Repertorio del riciclaggio; limiti in peso imposti dalle tecnologie; definizione di bene e manufatto ed elencazione non esaustiva di categorie di prodotti ottenuti con materiale riciclato; metodologia di calcolo per la valutazione del 30% del fabbisogno annuale e obbligo di acquisto; criteri per la valutazione della congruità del prezzo; indicazioni sulla documentazione da produrre per l’iscrizione nel Repertorio dei materiali riciclati e dei beni e manufatti riciclati; indicazioni sull’invio della domanda.

Ciascuna circolare fornisce inoltre indicazioni specifiche sul settore di riferimento e in alcuni casi, “interpreta” le disposizioni del DM 203/2003 con lo scopo di consentire l’iscrizione al Repertorio del numero più vasto di materiali e di beni e manufatti.


LA METODOLOGIA DI CALCOLO

Per ciascun settore merceologico viene indicata la metodologia di calcolo da utilizzare per la valutazione del 30% del fabbisogno annuale di ciascun destinatario. Al riguardo il DM 203/2003 consente due opzioni per la stima del quantitativo rappresentante il fabbisogno annuale di manufatti e beni: l’unità di misura atta ad identificare l’unità di prodotto; l’importo annuo destinato all’acquisto di manufatti e beni.

Così per i settori del tessile e dell’abbigliamento, di quello edile e stradale, del legno e arredo, della plastica, e degli articoli in gomma, le relative circolari chiariscono che il termine quantitativo per la definizione dell’obbligo per ciascuna categoria deve fare riferimento all’importo annuo destinato all’acquisto di manufatti e beni.

Per i settori della carta e degli ammendanti il riferimento, è, invece, la quantità totale annua di manufatti e beni appartenenti a ciascuna categoria di prodotti.


LA CONGRUITÀ DEL PREZZO

Si ricorda che tra le competenze affidate alla Commissione Tecnica vi è quella di stabilire la congruità di prezzo dei beni e manufatti per i quali scatta l’obbligo di acquisto. La congruità si ritiene rispettata se l’eventuale incremento di prezzo non supera quello dei corrispondenti manufatti e beni contenenti materie prime vergini di una percentuale indicata appunto dalla stessa Commissione.

A riguardo ciascuna circolare fornisce un’indicazione di carattere generale assumendo che la congruità del prezzo dei manufatti e beni realizzati con materiali riciclati iscrivibili al Repertorio si ritiene rispettata se tale valore non risulta superiore a quello relativo ai corrispondenti beni e manufatti realizzati con materiali vergini.


COME ISCRIVERSI

Per tutti i settori merceologici le relative circolari riportano la documentazione da produrre nella domanda di iscrizione al Repertorio del riciclaggio, differenziandola per i materiali e per i beni e manufatti.

Tali precisazioni ed indicazioni risultano opportune in quanto il decreto non è sufficientemente chiaro al riguardo.

Nel caso di quei materiali riciclati che, per il fatto di rispondere a precisi standard sono stati assimilati a prodotti (vedi ammendanti e aggregati riciclati), le relative circolari chiariscono che la documentazione da presentare è quella relativa ai beni e manufatti riciclati e non quella relativa ai materiali riciclati.


MATERIALI IN REPERTORIO

Nella definizione di materiale riciclato si ribadisce che si tratta di materiali realizzati utilizzando rifiuti derivanti dal post-consumo, nei limiti in peso imposti dalle tecnologie impiegate per la produzione dello stesso materiale. Questo è uno degli aspetti più complessi poiché i materiali, nella maggior parte dei casi, sono realizzati a partire sia da rifiuti derivanti dal post consumo che da scarti di lavorazione ed è quindi praticamente impossibile, nel materiale finito, distinguere la provenienza dei rifiuti utilizzati per la sua produzione.

Comunque, seguendo questo approccio metodologico in ogni circolare si è tentato di indicare, a titolo esemplificativo e non esaustivo, solo quei materiali che contengono una quota di rifiuti derivanti dalla raccolta differenziata e/o dai cicli di consumo.

A titolo di esempio, nella circolare relativa al settore edile e stradale vengono indicati tra i materiali riciclati ammissibili all’iscrizione nel Repertorio del Riciclaggio solo quelli che inglobano rifiuti inorganici derivanti dalla demolizione e dalla manutenzione di opere edili e infrastrutturali; non vengono, invece, ammessi quelli contenenti i rifiuti derivanti dalle attività di costruzione.

Risulta chiaro che, in molti casi, come, ad esempio, per il settore della plastica dove si parla genericamente di granuli, pellets, scaglie, macinati, micronizzati, semilavorati costituiti da polimeri rigenerati omogenei e da polimeri rigenerati eterogenei costituiti da diverse matrici polimeriche, si ribadisce la loro provenienza principale da raccolta differenziata, fermo restando che detti polimeri derivano anche da scarti di lavorazione.

Ciascuna circolare individua inoltre, in base alla tecnologia utilizzata per la produzione dei materiali riciclati, il limite tecnologico relativo al contenuto di rifiuti. Chiaramente tali limiti sono strettamente correlati alle caratteristiche prestazioni che il materiale dovrà garantire.

In molti casi la tecnologia impiegata per la produzione dei materiali riciclati non impone, in realtà, particolari limiti per cui si può arrivare anche al contenuto del 100% di rifiuti riciclati (è il caso degli aggregati riciclati, degli ammendanti, della paleria in legno ecc).

Un discorso a parte va fatto riguardo al contenuto minimo di rifiuti da post consumo che le circolari fissano a livelli decisamente più bassi.

Qualunque sia la percentuale fissata risulta evidente la difficoltà, in sede di istruttoria, ad accertare che il requisito sul contenuto minimo di rifiuti da post consumo nei singoli materiali sia rispettato. Del resto per questo motivo è richiesta una certificazione che dovrà essere fornita da parte dei soggetti che fanno richiesta di iscrizione al Repertorio del riciclo.

Anche se, come si è più volte riscontrato, la certificazione prodotta indica la quota complessiva di rifiuti contenuta nel materiale senza distinguere, nel caso di rifiuti di diversa provenienza, la percentuale relativa ai rifiuti da post consumo. Questo rappresenta, dunque, un altro degli aspetti della norma di difficile applicazione, cui non si è forse tenuto conto nel momento in cui si è scelto di ammettere a beneficiare delle agevolazioni di mercato i soli materiali e beni e manufatti derivanti da rifiuti provenienti da raccolta differenziata e/o cicli di consumo. Ciascuna circolare chiarisce che i beni e manufatti iscrivibili al Repertorio sono solo quelli che presentano una prevalenza in peso di materiale riciclato, dove, comunque, la prevalenza va riferita al materiale stesso, in funzione dei limiti in peso imposti dalle tecnologie impiegate, e non ai rifiuti in esso contenuti. Questa precisazione interpretativa delle disposizioni in materia contenute nel DM 203/2003, risulta quanto mai opportuna in quanto, nella maggior parte dei casi, il contenuto reale di rifiuti nei beni e manufatti, ed in particolare, di quelli derivanti dal post consumo, è, come si è visto, molto lontano dalla percentuale del 51%. Viene, poi, per ciascun settore merceologico indicato un elenco non esaustivo delle categorie di prodotti, che potranno essere integrate successivamente.

Nell’ambito di ciascuna categoria sono altresì indicati, a titolo di esempio e in maniera non esaustiva, i beni e manufatti ottenuti con materiali riciclati iscrivibili nel repertorio del riciclaggio.

L’obiettivo è quello di individuare il numero più elevato possibile di categorie, dato che l’obbligo dell’acquisto di beni e manufatti riciclati nella misura del 30% del fabbisogno annuale scatta per categorie di prodotti e che, come previsto dal decreto «l’acquisto dei singoli prodotti per un quantitativo superiore al 30% in una categoria non può compensare il mancato acquisto in altre categorie». Stilando elenchi molto ampi di categorie di prodotti si amplia, quindi, il mercato dei beni e manufatti riciclati.

Va a questo punto evidenziato che, nell’analisi dei settori merceologici, la Commissione tecnica si è resa conto che l’applicazione “letterale” della norma che prevede che l’obbligo di acquisto da parte dei destinatari riguardi solo i beni e manufatti prodotti da materiali riciclati, avrebbe “penalizzato” alcuni prodotti che non sono caratterizzati da più fasi di trasformazione, ma da una sola. Nel caso classico della plastica ma anche del tessile e del legno, a partire dai rifiuti viene prima prodotto un materiale (granulo riciclato, pannello truciolare, fibra tessile rigenerata) e successivamente il bene (manufatto in plastica o in legno, abito ecc); in alcuni casi, invece, a partire dai rifiuti si produce direttamente un materiale che rappresenta un prodotto commercializzabile. E’ questo il caso, nel settore degli ammendanti, dell’ammendante compostato verde (Acv) e dell’ammendante compostato misto (Acm) derivanti dai rifiuti organici e regolamentati dalla circolare 22 marzo 2005, e dell’aggregato riciclato da rifiuti inorganici da demolizione e manutenzione, disciplinato dalla circolare relativa al settore edile e stradale.

Questi materiali riciclati, laddove rispondono a precisi standard (quelli definiti dalla legge 748/84 per gli ammendanti e quelli riportati in allegato alla circolare per gli aggregati riciclati) sono direttamente utilizzabili; non consentirne la “qualificazione” come beni e manufatti avrebbe significato escludere dai benefici previsti dal decreto 203/2003, ingenti flussi di rifiuti che rappresentano attualmente un problema per la loro difficile allocazione sul mercato..

Queste valutazioni hanno condotto la Commissione ad assumere un approccio metodologico differente che sarà utilizzato per tutti quei settori nei quali non esiste un “manufatto” ottenuto a partire da materiale riciclato.

È chiaro, comunque, che nel caso di assimilazione di determinati materiali a manufatti, il requisito essenziale della prevalenza in peso prevista per i beni dovrà applicarsi a questi materiali; per questo motivo l’obbligo di acquisto dell’aggregato riciclato per opere di ingegneria civile e stradale e degli ammendanti scatta in quanto detti materiali contengono rifiuti da post consumo in percentuale superiore al 50%.

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