Da Il Sole 24 Ore del 13/12/2005
Originale su http://www.ilsole24ore.com/fc?cmd=art&codid=20.0.1595293149&ch...

Il Papa: «Avviare il disarmo nucleare»

di Piero Fornara

La «verità della pace» continua ad essere «compromessa e negata in modo drammatico dal terrorismo» che è in grado di «tenere il mondo in stato di ansia e di insicurezza»: è l'allarme lanciato da Benedetto XVI nel messaggio per la Giornata della pace 2006, voluta da Paolo VI e che sarà celebrata il 1° gennaio di ogni anno.


LA MINACCIA DEL TERRORISMO. Il Papa ha ricordato le parole di Paolo VI e Giovanni Paolo II che hanno denunciato «la tremenda responsabilità dei terroristi» e condannato «l'insensatezza dei loro disegni di morte». Disegni che secondo Papa Ratzinger sono «ispirati da un nichilismo tragico e sconvolgente» a fianco del quale c'è un «fanatismo religioso», un «fondamentalismo» che «può ispirare e alimentare propositi e gesti terroristici». Da una parte il nichilismo nega l'esistenza di Dio e la sua «provvidente presenza nella storia; il fondamentalismo ne sfigura il volto amorevole e misericordioso, sostituendo a Lui idoli fatti a propria immagine». Nell'analizzare le cause del terrorismo, il Papa ha auspicato che «oltre alle ragioni di carattere politico e sociale, si tengano presenti anche le più profonde motivazioni culturali, religiose ed ideologiche».

Però «la verità della pace richiede che tutti — sia i governi che in modo dichiarato o occulto possiedono armi nucleari, sia quelli che intendono procurarsele — invertano congiuntamente la rotta con scelte chiare e ferme, orientandosi verso un progressivo e concordato disarmo nucleare». In una guerra atomica «non vi sarebbero dei vincitori, ma solo dele vittime». Benedetto XVI ha chiesto anche alla comunità internazione di fermare le spese militari e di «rilanciare in maniera convinta e congiunta il disarmo». Disarmo che porterà vantaggi ai paesi poveri, che hanno diritto allo sviluppo, solennemente riaffermato dall'Onu, organizzazione verso la quale la Santa Sede riconferma la «propria fiducia», anche se ne auspica un «rinnovamento istituzionale e operativo che la metta in grado di rispondere alle mutare esigenze dell'epoca odierna, segnata dal vasto fenomeno della globalizzazione».

Il Papa cita anche «i tanti soldati impegnati in delicate operazioni di composizione dei conflitti e di ripristino delle condizioni necessarie alla realizzazione della pace», ricordando con le parole del concilio Vaticano II che anche chi è militare si deve considerare «ministro della sicurezza e della libertà dei popoli. Se adempiono rettamente a questo dovere, concorrono anch'essi veramente a stabilire la pace».Un «fronte esigente», sul quale si colloca anche l'azione pastorale degli «ordinariati militari della Chiesa cattolica».


IL CARD. MARTINO SU IRAK E TORTURE. Il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, durante la presentazioe del messaggioper la pace si è detto «favorevole al mantenimento dei militari in Irak fino ache il Paese giunga alla formazione di una società in pace e democratica. «Non voglio ripetere i numerosi appelli di Giovanni Paolo II sulla inutilità della guerra», ha proseguito il porporato, aggiungendo l'auspicio di «essere vicini a una situazione di autogoverno dell'Irak». In tal caso, «la presenza delle truppe militari non si spiegherebbe più».

La tortura è una umiliazione della persona umana e la Chiesa non ammette questo mezzo per strappare la verità, ha detto ancora il cardinale Martino. Si tratta anche di una pratica inutile, in quanto «le persone spesso dicono quello che vogliono i torturatori. Ci sono altri mezzi per farli parlare». Rispetto al tema della guerra preventiva, il porporato ha auspicato: «Speriamo che sia una cosa del passato. Molte volte il rischio è che sia una guerra alle intenzioni e non ai fatti».Il Vaticano condanna anche l'esecuzione avvenuta questa mattina poco dopo le nove, ora italiana, in California di Stanley "Tookie" Williams, il fondatore della sanguinaria banda dei Crips, convertitosi da lupo ad agnello dopo 24 anni di carcere. «Anche un criminale, chiunque esso sia, ha diritto al rispetto perché è un essere umano. La pena di morte è sempre negazione della dignità umana».

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