Da Panorama del 02/01/2006
Originale su http://www.panorama.it/mondo/giappone_russia/articolo/ix1-A020001034221
Se Putin ci taglia il gas
Le autorità energetiche già segnalano anomalie nell'approvvigionamento, nonostante le rassicurazioni. Prima morale: antistoriche sono le guerre coloniali, ma presidiare le fonti di approvvigionamento è una necessità. E torna attuale la vecchia teoria dei due forni di Andreotti. Ecco i luoghi comuni da sfatare.
di Renzo Rosati
Proprio mentre gli italiani scoprono il fascino della concorrenza nel gas domestico, allettati dalle offerte dei concorrenti interni dell'Italgas, si rischia di dover stringere i rubinetti delle forniture che giungono dall'estero. La guerra del gas esplosa tra Russia e Ucraina, con la Gazprom che su ordine di Vladimir Putin ha ridotto gli approvvigionamenti alla repubblica ex sovietica guidata da Viktor Yushenko, e quindi il transito della materia prima verso tutta l'Europa, tanto che è già stato riscontrato un sensibile calo del flusso di gas verso Italia, Austria e Ungheria, dimostra una volta di più quanto poco certi luoghi comuni reggano alla prova dei fatti.
Primo di questi luoghi comuni: sarebbe immorale difendere gli interessi strategici dell'Occidente nelle aree calde del mondo. Questa è stata l'accusa mossa per esempio a quei paesi, tra cui l'Italia, che sono intervenuti in Iraq. Certo immorali e antistoriche sono le guerre coloniali e di conquista. Ma diversificare, presidiare e difendere le fonti di approvvigionamento è una necessità con la quale bisognerà misurarsi sempre di più.
A maggior ragione oggi che l'Oriente asiatico, Cina in testa, è affamato di petrolio e di gas, e presumibilmente entro pochi anni diverrà un acceso, e magari agguerrito, concorrente dell'Europa e degli Usa.
NON BASTANO LE STRETTE DI MANO
Il secondo luogo comune è che per garantirsi il futuro energetico basti una stretta di mano e una visita in dacia con numero uno di turno a Mosca (zar, dittatore del Pcus o presidente pseudodemocratico, poco importa). È un errore, se di tale si tratta, commesso sia dal centrodestra italiano di Silvio Berlusconi sia dalla socialdemocrazia tedesca di Gerhard Schröder (che dalla Gazprom ha accettato un incarico ben remunerato), sia dalla Francia di Jaques Chirac. Per la nuova Russia, come per la vecchia, business is business, i valori e ancor di più i rapporti personali vengono dopo.
TERZO LUOGO COMUNE
Terzo luogo comune: esisterebbero fonti di energia più facili, più a buon mercato e più pulite rispetto al petrolio ma che non siano il nucleare. L'Europa e l'Italia in particolare hanno puntato sul gas come materiale meno inquinante, meno pericoloso e più economico. Nulla di più sbagliato.
Molti condomìni negli ultimi anni hanno cambiato impianto, per ragioni di minore inquinamento e spinti da incentivi economici. Ma di colpo appare poco probabile che si mantenga in futuro anche la convenienza nel prezzo del combustibile (rispetto al gasolio). La storia somiglia a quella sperimentata da tanti automobilisti che hanno scelto in diesel convinti che sarebbe rimasto più conveniente. Oggi il prezzo del gasolio auto è quasi allineato a quello della benzina verde.
UN TERZO DELLE FORNITURE DALLA RUSSIA
La somma di questi tre luoghi comuni, per quanto riguarda l'Italia, dà il seguente risultato: oggi importiamo dalla Russia il 30% del gas, contro il 33 che viene dall'Algeria, il 30 dall'Unione Europea, il 6 dalla Norvegia, l'1 dalla Libia. Nel 2010 è previsto che la Russia divenga il nostro primo fornitore, con il 36%. La quota libica salirebbe all'11, quella dell'Ue scenderebbe al 20.
Per un paese che dipende dall'estero per l'85% della propria energia, è un rischio molto alto. Ancora più alto se si grida allo scandalo (quasi fossero la Tav della Val di Susa) per i gasdotti che dovrebbero attraversare l'Iraq e l'Afghanistan che l'Occidente cerca di riportare nella propria orbita, anche per garantirsi un «forno» in più (secondo una vecchia metafora andreottiana sui partiti alleati della Dc che dovevano essere intercambiabili) dal quale rifornirsi.
A SINISTRA IDEOLOGIA DEI PANNELLI SOLARI
Oggi si parla molto di ritorno al nucleare. Almeno ne ha parlato molto il centrodestra, senza peraltro avviare alcun programma concreto. Nel programma del centrosinistra, poi, la questione energetica è affrontata in maniera minimalista, se non ideologica: pannelli solari, energia eolica, niente atomo e logicamente rifiuto di presidiare i nostri interessi all'estero.
Dire le cose con franchezza è sempre rischioso, specie in campagna elettorale e soprattutto quando si devono mettere d'accordo molte opinioni diverse. Ma ogni tanto è indispensabile. Altrimenti la concorrenza diventa materia buona per gli spot: ma qui si parla di interessi vitali del Paese e del nostro futuro.
Primo di questi luoghi comuni: sarebbe immorale difendere gli interessi strategici dell'Occidente nelle aree calde del mondo. Questa è stata l'accusa mossa per esempio a quei paesi, tra cui l'Italia, che sono intervenuti in Iraq. Certo immorali e antistoriche sono le guerre coloniali e di conquista. Ma diversificare, presidiare e difendere le fonti di approvvigionamento è una necessità con la quale bisognerà misurarsi sempre di più.
A maggior ragione oggi che l'Oriente asiatico, Cina in testa, è affamato di petrolio e di gas, e presumibilmente entro pochi anni diverrà un acceso, e magari agguerrito, concorrente dell'Europa e degli Usa.
NON BASTANO LE STRETTE DI MANO
Il secondo luogo comune è che per garantirsi il futuro energetico basti una stretta di mano e una visita in dacia con numero uno di turno a Mosca (zar, dittatore del Pcus o presidente pseudodemocratico, poco importa). È un errore, se di tale si tratta, commesso sia dal centrodestra italiano di Silvio Berlusconi sia dalla socialdemocrazia tedesca di Gerhard Schröder (che dalla Gazprom ha accettato un incarico ben remunerato), sia dalla Francia di Jaques Chirac. Per la nuova Russia, come per la vecchia, business is business, i valori e ancor di più i rapporti personali vengono dopo.
TERZO LUOGO COMUNE
Terzo luogo comune: esisterebbero fonti di energia più facili, più a buon mercato e più pulite rispetto al petrolio ma che non siano il nucleare. L'Europa e l'Italia in particolare hanno puntato sul gas come materiale meno inquinante, meno pericoloso e più economico. Nulla di più sbagliato.
Molti condomìni negli ultimi anni hanno cambiato impianto, per ragioni di minore inquinamento e spinti da incentivi economici. Ma di colpo appare poco probabile che si mantenga in futuro anche la convenienza nel prezzo del combustibile (rispetto al gasolio). La storia somiglia a quella sperimentata da tanti automobilisti che hanno scelto in diesel convinti che sarebbe rimasto più conveniente. Oggi il prezzo del gasolio auto è quasi allineato a quello della benzina verde.
UN TERZO DELLE FORNITURE DALLA RUSSIA
La somma di questi tre luoghi comuni, per quanto riguarda l'Italia, dà il seguente risultato: oggi importiamo dalla Russia il 30% del gas, contro il 33 che viene dall'Algeria, il 30 dall'Unione Europea, il 6 dalla Norvegia, l'1 dalla Libia. Nel 2010 è previsto che la Russia divenga il nostro primo fornitore, con il 36%. La quota libica salirebbe all'11, quella dell'Ue scenderebbe al 20.
Per un paese che dipende dall'estero per l'85% della propria energia, è un rischio molto alto. Ancora più alto se si grida allo scandalo (quasi fossero la Tav della Val di Susa) per i gasdotti che dovrebbero attraversare l'Iraq e l'Afghanistan che l'Occidente cerca di riportare nella propria orbita, anche per garantirsi un «forno» in più (secondo una vecchia metafora andreottiana sui partiti alleati della Dc che dovevano essere intercambiabili) dal quale rifornirsi.
A SINISTRA IDEOLOGIA DEI PANNELLI SOLARI
Oggi si parla molto di ritorno al nucleare. Almeno ne ha parlato molto il centrodestra, senza peraltro avviare alcun programma concreto. Nel programma del centrosinistra, poi, la questione energetica è affrontata in maniera minimalista, se non ideologica: pannelli solari, energia eolica, niente atomo e logicamente rifiuto di presidiare i nostri interessi all'estero.
Dire le cose con franchezza è sempre rischioso, specie in campagna elettorale e soprattutto quando si devono mettere d'accordo molte opinioni diverse. Ma ogni tanto è indispensabile. Altrimenti la concorrenza diventa materia buona per gli spot: ma qui si parla di interessi vitali del Paese e del nostro futuro.
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Guerini e Associati, 2009
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