Da Il Giorno del 01/03/2006
Originale su http://ilgiorno.quotidiano.net/art/2006/03/01/5405605

FONDAZIONE VERONESI

'Testamento biologico, sarò il garante'

La proposta è stata avanzata oggi dall'oncologo ed ex ministro della salute Umberto Veronesi: 'Non dobbiamo aspettare un altro caso Terry Schiavo'

Roma - Istituire il primo registro in Italia per il testamento biologico, con il quale ogni cittadino può dare disposizioni su quali terapie accettare e quali no, nel momento in cui si trova nel decorso terminale di una malattia. È la proposta avanzata oggi dall'oncologo ed ex ministro della salute Umberto Veronesi. «Non dobbiamo aspettare la prossima Eluana Englaro o un'altra Terry Schiavo - ha dichiarato Veronesi - per riaprire il dialogo sull'accanimento terapeutico e sul testamento di vita. La maggior parte dei malati e una percentuale sempre più alta di popolazione sana è favorevole al principio dell'autodeterminazione e ad un rapporto paritetico con il medico».

Veronesi ha ricordato che in parlamento sono già state presentate tre proposte di legge in merito «attualmente un pò insabbiate», perchè «non è facile fare una legge su questo tema, ma - ha detto - il testamento biologico non è altro che la definizione di direttive anticipate, ciò che un cittadino vorrebbe o non vorrebbe, nel caso non fosse in futuro in grado di pronunciarsi, su una terapia anche vitale e il medico deve già sapere qual è la volontà di una persona». Tale testamento, dunque, secondo l'ex ministro, «ha un valore educativo e verrà diffuso anche tra i giovani, purtroppo spesso coinvolti negli incidenti stradali. È un passo ulteriore - ha concluso Veronesi - per riappropriarsi delle decisioni sulla propria vita, un passo in avanti per la civiltà».

E a chi gli ha domandato se abbia già pensato a redigerne una copia per sè, Veronesi ha risposto in un primo momento, scherzando: «non l'ho ancora fatto, c'è tempo, ci penserò». Ma poi ha ammesso di averne redatta una copia e di averla affidata a una persona che farà da esecutore. In Italia non esiste ancora una normativa sul testamento biologico, dunque, diversamente dagli Stati Uniti e da altri paesi del nord Europa, come Olanda, Belgio, Danimarca e Germania. L'idea della Fondazione Veronesi, quindi, suggerisce un modo per colmare il vuoto normativo, creando un registro sul modello dei living will registry americani, di cui vuole farsi garante il comitato di giuristi che condividono gli obiettivi della Fondazione.

Nei paesi dove il testamento biologico è previsto da una legge, l'adesione della popolazione risulta essere molto forte: negli Stati Uniti, infatti, raggiunge il 15% e in Germania è stimata tra l'8 e il 10%. «Le previsioni per l'Italia sono difficili - ha rilevato Veronesi - ma non più di un mese fa l'Eurispes ha diffuso i risultati di un sondaggio sull'eutanasia, che è una scelta ben più controversa rispetto al testamento biologico, in base al quale in Italia i cattolici sarebbero per il 38% favorevoli e per il 48% contrari. Fra i non cattolici il 69% si è dichiarato favorevole e il 18,6% contrario, con una percentuale generale di indecisi di poco più del 12%».

Su questo tema la Fondazione Veronesi ha raccolto in un libro (edito con Il Sole 24 Ore), le riflessioni di dieci giuristi: «il testamento biologico - ha sottolineato Pietro Rescigno, ordinario di diritto civile all'università La sapienza di Roma, intervenuto oggi al dibattito - può anche essere tecnicamente già considerato valido nel nostro ordinamento, ad esempio sotto il profilo della tutela della privacy e del potere di autodeterminazione in un ambito che tocca profondamente la libertà e il destino della persona».

Il rifiuto del trattamento medico, ha aggiunto Guido Alpa, docente di diritto privato del primo ateneo romano, «è un esercizio del diritto alla salute dichiarato all'articolo 32 della costituzione». In ogni caso, la sensibilità nei confronti dell'autonomia del paziente sembra essere cresciuta e, come ha osservato Salvatore Patti, anch'egli docente di diritto privato alla Sapienza, «ciò che avviene nella prassi è la creazione di una forma di collaborazione tra malato terminale e medico, che prendono insieme le decisioni».

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