Da Carta del 03/03/2006
Originale su http://ww2.carta.org/articoli/articles/art_6065.html

Il bluff del nucleare iraniano

di Enzo Mangini

«Come comunicato al Board nel novembre 2004 e di nuovo a settembre 2005, di tutto il materiale nucleare dichiarato l'Iran ha dato conto. Sebbene l'agenzia non abbia visto alcuna diversione di materiale nucleare verso armi nucleari o altri ordigni nucleari, l'Agenzia non è, in questo momento, in grado di concludere che non ci siano in Iran attività nucleari non dichiarate». È uno dei passaggi fondamentali, all'inizio del paragrafo 53, del rapporto riservato che Mohammed el Baradei, direttore dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica [Iaea] ha inviato ai 35 membri del Board dei governatori. La riunione del Board inizierà a Vienna lunedì 6 marzo. Il Board dovrà decidere se deferire l'Iran al Consiglio di sicurezza dell'Onu per presunte violazioni del Trattato di non proliferazione nucleare [Npt], che Teheran ha sottoscritto aderendo anche al protocollo aggiuntivo e non vincolante che prevede le ispezioni negli impianti. In alcuni casi queste ispezioni avvengono con un preavviso di appena due ore. La decisione dovrebbe avvenire sulla base delle conclusioni del rapporto. Almeno ufficialmente. In realtà, come già accaduto con l'Iraq, gli Stati uniti stanno cercando di costruire la maggioranza dei due terzi necessaria per deferire l'Iran al Consiglio di sicurezza, a prescindere dal rapporto. L'accordo sul programma nucleare indiano firmato da Bush e dal presidente Manmohan Singh, rientra in questa strategia, visto che l'India è uno dei 35 paesi [su 139] che compongono il Board dell'Iaea per il biennio 2005-2006. Il suo voto sarà determinante.

In queste ultime settimane la stampa internazionale, soprattutto statunitense, britannica e israeliana si è data da fare per costruire attorno all'Iran una «cornice» comunicativa e politica incriminante. Con lo slittamento che abbiamo visto già in opera durante la preparazione della guerra all'Iraq, i commenti e gli articoli del New York Times, del Financial Times e anche di un giornale solitamente cauto come Haaretz danno ormai per scontato che l'Iran voglia dotarsi di armi nucleari. Le cose, invece, stanno diversamente. Il rapporto di El Baradei, piuttosto equilibrato, non dice affatto questo.


IL RAPPORTO

Il documento di undici pagine è diviso in quattro parti principali. I primi sette paragrafi riassumono la situazione e le richieste dell'Iaea all'Iran. La parta A riguarda gli sviluppi dei vari aspetti del programma nucleare iraniano dal novembre 2005 al febbraio 2006. La parte B contiene la valutazione complessiva dello stato delle relazioni con l'Iran, sia per quanto riguarda il merito del programma nucleare, che più in generale sul comportamento di Teheran verso l'Agenzia.

Da novembre 2005 a febbraio 2006, il personale dell'Agenzia è andato in Iran per tre volte: dal 25 al 26 gennaio, dal 12 al 14 febbraio e ancora il 26 febbraio. Lo scopo dei tre incontri era chiarire alcuni punti poco chiari emersi dal precedente rapporto, a novembre 2005: l'origine della contaminazione da uranio riscontrata su alcuni pezzi di centrifughe esaminati dagli ispettori Iaea; l'origine e i tempi di consegna di pezzi per centrifughe P1 e P2 che secondo l'agenzia sarebbero arrivati in Iran in diverse occasioni tra la fine degli anni '80 e il 2002; la natura di un documento del 1987 che riguarda la fabbricazione di sfere di uranio che «potrebbero essere usate per alcune componenti di armi nucleari»; le attività di ricerca nucleare e le attività condotte in alcuni siti militari indicati dall'Agenzia, su imbeccata statunitense, come «sospetti». Infine, l'Iaea chiede chiarimenti su un progetto denominato «Green salt project», che l'Iran afferma non esistere.

La qualità delle risposte iraniane è variabile. Su alcuni punti, l'Iaea dice che le analisi «tendono ad appoggiare le affermazioni iraniane». Questo vale sia per l'origine della contaminazione dei pezzi di centrifughe che per l'acquisto di una partita di pezzi di centrifughe P-1. Meno soddisfacenti, secondo il rapporto, sono le risposte a proposito delle forniture di centrifughe P-2 e circa la presenza del «documento di 15 pagine» datato 1987. Sul primo punto, l'Iran si è detto disposto a fornire documentazione che proverebbe che non ci sono state forniture di pezzi di centrifughe P-2 nel periodo indicato dall'Agenzia [1995-2000] e che quelle avvenute successivamente non sono nelle quantità contestate dall'Iaea. Sul secondo punto, il famigerato documento sarebbe stato fornito dal «network di approvvigionamento» di sua iniziativa e non sarebbe stato richiesto dall'Iran che non ha seguito nel procedure in esso descritte. L'Iaea non smentisce e anzi rileva che il programma di produzione dell'uranio metallico era destinato alle ricerche sul laser e non alle centrali.

In sostanza, le lacune rilevate dall'Iaea riguardano gli anni '80 quando, per ammissione delle stesse autorità iraniane, il programma di ricerca nucleare era tenuto sotto stretta segretezza. Ragione per cui è anche difficile reperire documenti rispetto a quel periodo, ammesso che ce ne siano.

Dal 2003, ribadisce il rapporto, l'atteggiamento dell'Iran è stato di maggiore collaborazione e apertura, tanto che l'Agenzia invita il governo di Teheran a continuare ad applicare volontariamente il Protocollo Aggiuntivo, firmato ma non ratificato dal parlamento iraniano e pertanto non vincolante. La buona volontà iraniana è dimostrata anche dal fatto che è stato consentito l'accesso agli ispettori anche in strutture non legate al programma nucleare. Tra queste, alcune basi militari e un istituto di ricerca universitario. Nelle basi, rileva l'Iaea, non sono state notate attività fuori dall'ordinario e i campioni di terreno prelevati non hanno mostrato alcuna contaminazione.

L'Iaea non nasconde il proprio rammarico per la decisione iraniana di riprendere i test per il processo di arricchimento del combustibile nucleare destinato ai reattori delle future centrali. Ma nota anche che a Natanz, nell'impianto pilota per questa procedura, le due cascate di centrifughe, rispettivamente di 15 e 20 «sono coperte dalle misure di sorveglianza dell'Agenzia». E siamo ancora alla fase di test. Non prima della fine del 2006 dovrebbe iniziare l'installazione del primo lotto di 3000 centrifughe P-1.


I TEMPI

Un altro punto su cui il rapporto di el Baradei differisce in modo sostanziale rispetto alle anticipazioni «filtrate» alla stampa anglosassone sono i tempi del programma iraniano. Da come l'intera disputa viene presentata, sembra che l'Iran debba avere una centrale nucleare domani e le bombe dopodomani. Invece :«Non ci sono nuovi sviluppi rispetto alle attività di estrazione dell'uranio o rispetto alle attività che coinvolgono plutonio e berillio [paragrafo 27]. Il 19 febbraio 2006 l'Agenzia ha visitato il Reattore di ricerca nucleare [Ir40] ad Arak per condurre verifiche sul progetto e ha confermato che il lavoro di costruzione è in corso. Tuttavia, secondo l'Iran, la data di entrata in funzione del reattore sarà probabilmente posposta fino al 2011 [paragrafo 28[. Il 9 ottobre 2005, l'Agenzia ha anche condotto una visita di verifica del progetto dell'impianto per la produzione di combustibile a Esfahan. Il lavoro di costruzione sta andando avanti, ma l'Agenzia è stata informata che la data di entrata in funzione, il 2007, indicato dai progetti originari dell'Iran, sarà probabilmente posposta». C'è tutto il tempo, quindi, per approfondire le verifiche dell'Iaea e per evitare un'escalation che ricorda molto da vicino quella costruita sullo spauracchio delle armi di distruzione di massa irachene.

Il tempo non c'è invece per l'agenda degli Stati uniti. Una fonte che preferisce restare anonima, ha confermato quello che un'altra fonte ha bisbigliato dopo una conversazione «mai avvenuta» con un alto e influente esponente neocon. Secondo le due fonti, gli Usa avrebbero in mente di colpire l'Iran entro il 2007. I casus belli sarebbero due. Il primo è la strategia di tensione alimentata nella provincia dell'Awhaz, Iran sudoccidentale, dov'è concentrata la minoranza araba, che sarebbe considerata utile per contrapporre la rivalità tra arabi e persiani alla solidarietà islamica che l'Iran di certo invocherebbe di fronte a un'aggressione statunitense. Il secondo è appunto il programma nucleare, gonfiato e ingigantito. L'Europa che si era mantenuta in gran parte scettica di fronte alle «prove» delle armi di distruzione di massa attribuite a Saddam Hussein, stavolta sembra più propensa ad accettare la versione statunitense. L'incontro di Vienna, quindi, dovrebbe seguire un copione già scritto. Totalmente diverso da quello che gli attori hanno avuto dal direttore el Baradei.

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