Da La Stampa del 11/09/2006
Originale su http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/200609articoli/1049...
«L’Islam teme l’Occidente senza Dio»
Il Papa: non si sente minacciato dal Cristianesimo, ma dal disprezzo del sacro
di Marco Tosatti
MONACO DI BAVIERA. Il Papa professore e teologo lancia da Monaco la sua lettura dello scontro di civiltà, e della guerra strisciante che sembra scaturire dal mondo islamico verso il Nord del mondo. Non è il cristianesimo, che è vissuto come un pericolo da parte di Asia e Africa, ma è il secolarismo radicale, quello che cancella Dio dal panorama del mondo. Benedetto XVI non pronuncia mai la parola Islam ma i riferimenti sono trasparenti. «Le popolazioni dell'Africa e dell'Asia ammirano le nostre prestazioni tecniche e la nostra scienza - ha detto il Pontefice nell'omelia tenuta di fronte a 250 mila fedeli, in quella Monaco di cui è stato arcivescovo per quattro anni - ma al contempo si spaventano di fronte a un tipo di ragione che esclude totalmente Dio dalla visione dell'uomo, ritenendo questa la forma più sublime della ragione, da imporre anche alle loro culture».
È un accenno a una forma di violenza culturale che sembrerebbe imposta dalle società avanzate e secolarizzate. «La vera minaccia per la loro identità non la vedono nella fede cristiana, ma invece nel disprezzo di Dio e nel cinismo che considera il dileggio del sacro un diritto della libertà ed eleva l'utilità a supremo criterio morale per i futuri successi della ricerca». È impossibile non leggere in queste parole un riferimento chiaro all'episodio recente delle vignette su Maometto; strumentalizzate sicuramente da alcuni governi e gruppi di potere islamici, ma comunque segno, anche nelle reazioni eccessive, di una sensibilità ulcerata.
«Cari amici - ha continuato il Papa - questo cinismo non è il tipo di tolleranza e di apertura culturale che i popoli aspettano e che tutti noi desideriamo! La tolleranza di cui abbiamo urgente bisogno comprende il timor di Dio, il rispetto di ciò che per altri è cosa sacra. Uno rispetto che presuppone che noi stessi s’impari nuovamente il timor di Dio. Questo senso di rispetto può essere rigenerato nel mondo occidentale soltanto se cresce di nuovo la fede in Dio, se Dio sarà di nuovo presente per noi ed in noi».
Un'ultima annotazione sembra escludere la «fede sociale» voluta da qualcuno: «Questa fede non l’imponiamo a nessuno. Un simile genere di proselitismo è contrario al cristianesimo. La fede può svilupparsi soltanto nella libertà. Facciamo però appello alla libertà degli uomini di aprirsi a Dio, di cercarlo, di prestargli ascolto».
E per vincere questa «debolezza d'udito», che impedisce all'uomo occidentale di percepire Dio, perché «sono troppe le frequenze diverse che occupano i nostri orecchi», è necessario che i bambini sentano parlare di Dio a scuola. Benedetto XVI l'ha raccomandato a genitori e insegnanti di religione.
«Vi prego di cuore di tener presente nella scuola la ricerca di Dio, di quel Dio che in Cristo si è reso a noi visibile. So - precisa Papa Ratzinger - che nel nostro mondo pluralista è difficile avviare nella scuola il discorso sulla fede. Ma non è affatto sufficiente che i bambini e i giovani acquistino nella scuola solo conoscenze e abilità tecniche, e non i criteri che alle conoscenze e alle abilità danno un orientamento e un senso». Anche perché - e cita alcuni vescovi africani - è sbagliato mobilitarsi sui programmi sociali e non su quelli di evangelizzazione. Un rimprovero alla Chiesa tedesca, allargabile ad altre Chiese europee. «Dove portiamo agli uomini soltanto conoscenze, abilità, capacità tecniche e strumenti, là portiamo troppo poco. Allora sopravvengono ben presto i meccanismi della violenza, e la capacità di distruggere e uccidere diventa la capacità prevalente per raggiungere il potere, che una volta o l'altra dovrebbe portare il diritto ma che non ne sarà mai capace. In questo modo ci si allontana sempre di più dalla riconciliazione, dall'impegno comune per la giustizia e l'amore». E senza Dio «l'orizzonte della nostra vita si riduce in modo preoccupante».
È un accenno a una forma di violenza culturale che sembrerebbe imposta dalle società avanzate e secolarizzate. «La vera minaccia per la loro identità non la vedono nella fede cristiana, ma invece nel disprezzo di Dio e nel cinismo che considera il dileggio del sacro un diritto della libertà ed eleva l'utilità a supremo criterio morale per i futuri successi della ricerca». È impossibile non leggere in queste parole un riferimento chiaro all'episodio recente delle vignette su Maometto; strumentalizzate sicuramente da alcuni governi e gruppi di potere islamici, ma comunque segno, anche nelle reazioni eccessive, di una sensibilità ulcerata.
«Cari amici - ha continuato il Papa - questo cinismo non è il tipo di tolleranza e di apertura culturale che i popoli aspettano e che tutti noi desideriamo! La tolleranza di cui abbiamo urgente bisogno comprende il timor di Dio, il rispetto di ciò che per altri è cosa sacra. Uno rispetto che presuppone che noi stessi s’impari nuovamente il timor di Dio. Questo senso di rispetto può essere rigenerato nel mondo occidentale soltanto se cresce di nuovo la fede in Dio, se Dio sarà di nuovo presente per noi ed in noi».
Un'ultima annotazione sembra escludere la «fede sociale» voluta da qualcuno: «Questa fede non l’imponiamo a nessuno. Un simile genere di proselitismo è contrario al cristianesimo. La fede può svilupparsi soltanto nella libertà. Facciamo però appello alla libertà degli uomini di aprirsi a Dio, di cercarlo, di prestargli ascolto».
E per vincere questa «debolezza d'udito», che impedisce all'uomo occidentale di percepire Dio, perché «sono troppe le frequenze diverse che occupano i nostri orecchi», è necessario che i bambini sentano parlare di Dio a scuola. Benedetto XVI l'ha raccomandato a genitori e insegnanti di religione.
«Vi prego di cuore di tener presente nella scuola la ricerca di Dio, di quel Dio che in Cristo si è reso a noi visibile. So - precisa Papa Ratzinger - che nel nostro mondo pluralista è difficile avviare nella scuola il discorso sulla fede. Ma non è affatto sufficiente che i bambini e i giovani acquistino nella scuola solo conoscenze e abilità tecniche, e non i criteri che alle conoscenze e alle abilità danno un orientamento e un senso». Anche perché - e cita alcuni vescovi africani - è sbagliato mobilitarsi sui programmi sociali e non su quelli di evangelizzazione. Un rimprovero alla Chiesa tedesca, allargabile ad altre Chiese europee. «Dove portiamo agli uomini soltanto conoscenze, abilità, capacità tecniche e strumenti, là portiamo troppo poco. Allora sopravvengono ben presto i meccanismi della violenza, e la capacità di distruggere e uccidere diventa la capacità prevalente per raggiungere il potere, che una volta o l'altra dovrebbe portare il diritto ma che non ne sarà mai capace. In questo modo ci si allontana sempre di più dalla riconciliazione, dall'impegno comune per la giustizia e l'amore». E senza Dio «l'orizzonte della nostra vita si riduce in modo preoccupante».
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