Da PeaceLink del 01/11/2002
Originale su http://italy.peacelink.org/mosaico/articles/art_17796.html

Impunità a stelle e strisce

Gli Stati Uniti cercano ci minare le basi della Corte Penale Internazionale e la possibilità di incriminare i propri cittadini

di Grazia Barresi

È ormai da tempo che la politica degli Stati Uniti non va molto d'accordo col diritto internazionale. La tragica "trovata" dell'amministrazione Bush della guerra preventiva è solo l'ultima tappa di un percorso che l'11 settembre ha radicalizzato.

Continua, infatti, senza sosta la Campagna che gli USA hanno lanciato a livello mondiale per persuadere gli Stati a concludere accordi per l'immunità di giurisdizione, accordi che mirano di fatto a impedire che soldati americano accusati di genocidio, crimini di guerra e contro l'umanità siano sottoposti al giudizio della Corte Penale Internazionale. Con tali accordi d'immunità, né gli Stati Uniti né gli altri Stati sono tenuti ad aprire un'inchiesta (e, nel caso, a perseguire) nei confronti di un militare americano accusato dalla Corte d'aver commesso quei crimini.

A questa Campagna hanno già aderito due Stati, Romania (accordo firmato il 1° agosto) e Tagikistan (accordo del 27 agosto), che hanno firmato lo statuto di Roma istituito dalla Corte Penale Istituzionale approvato nella Conferenza diplomatica delle Nazioni Uniti (svoltasi dal 15 giugno al 17 luglio 1998 a Roma, con la partecipazione di 160 Stati). Se i parlamentari di questi due Stati dovessero rettificare tale accordi, violerebbero l'articolo 86 dello Statuto di Roma che li obbliga ad arrestare personale accusato di quei crimini e a consegnarli al Tribunale Internazionale. Ma purtroppo, la lista degli Stati sembra destinata ad aumentare (a cominciare da Timor est e Israele). È utile notare che, in questo modo, gli Stati praticamente abdicano al loro diritto sovrano a giudicare persone accusate di aver commesso crimini nel proprio territorio nazionale.


IL TRATTATO DELLA DEROGA

Come si sa, scopo dello Statuto di Roma è di mettere fine all'impunità per i crimini più gravi secondo il principio di complementarità: la Corte Penale Internazionale esercita la sua competenza se lo Stato interessato non assume le misure che gli sono proprie in modo che gli alcun individuo possa ritenersi al di sopra della legge e possa beneficiare dell'impunità per crimini così gravi.

Ebbene, se questo è li spirito dello Statuto di Roma, ogni sua possibile ed eccezionale deroga (prevista dall'articolo 98/2 dello Statuto e che gli Stati Uniti interpretano a modo loro) non può non attenersi a un tale spirito.

E questo, si badi, è un principio che riguarda tutti i trattati internazionali (pacta sunt servanda) e, in ultima analisi, il diritto internazionale. Diversamente, ci si chiede, a che cosa servirebbe sottoscrivere, un patto internazionale?

L'articolo 27-I dispone che lo Statuto "si applica a tutti in modo uguale, senza alcuna distinzione fondata sulla qualifica ufficiale" e nei casi di crimini commessi da persone che abbiano almeno 18 anni e di qualsiasi nazionalità. Lo stesso trattato precisa inoltre i tre casi eccezionali e ben precisi in cui la competenza ella Corte è limitata.

Anche nel caso degli accordi d'immunità di giurisdizione proposi dagli Stati Uniti, tocca comunque alla Corte, quale istanza giudiziaria internazionale indipendente, e non ai singoli Stati, determinare, rispetto allo Statuto di Roma, gli effetti giuridici che devono essere riconosciuti a tali accordi.

L'articolo 98 tratta delle relazioni tra gli obblighi degli Stati parte derivanti dal futuro Statuto di Roma e i loro obblighi derivanti dal diritto internazionale, in particolare dagli accordi preesistenti stipulati in occasione dell'invio, da parte di uno Stato, di forze in un altro Stato. Secondo molti dei delegati ufficiali a quella conferenza, quell'articolo si riferiva esclusivamente a regolare possibili conflitti tra il nascente Statuto e gli accordi preesistenti e non, come vorrebbero gli Stati Uniti, a incitare gli Stati parte a suggellare accordi futuri, cioè a Corte Penale funzionante.

Può sembrare una questione per soli addetti (e, infatti, lo è), ma al fondo della guerra d'interpretazione della norma internazionale giace un implicito postulato molo grave secondo il quale la competenza della Corte Penale Internazionale non debba in alcun caso esercitarsi nei confronti di cittadini americani sospettati di genocidio, di crimini di guerra o contro l'umanità.


LA PRASSI DELLA NATO

Per comprendere la portata dell'articolo 98-2 dello Statuto di Roma si può far riferimento a quanto avviene tra gli Stati Uniti e i Paesi del Patto Atlantico. L'articolo VII della Convenzione tra gli Stati membri della Nato sullo status delle loro forze che riguarda la competenza nei confronti dei membri delle forze dello Stato d'origine (e di alcuni civili che li accompagnano) a fatto da modello, per alcuni anni, per gli accordi bilaterali conclusi con gli Stati Uniti.

Questa convenzione prevede una divisione di competenza tra lo Stato d'origine (delle truppe) e lo Stato di soggiorno (dove, cioè, stazionano le truppe). Non si tratta di un trattato di estradizione, bensì di un accordo che delimita le circostanze nelle quali ciascuno Stato rinvierà una persona ad un altro Stato al fine di indagare e perseguire (il che può, in certi casi, avvenire nelle basi militari dello Stato d'origine installare nello Stato di soggiorno) così come di cooperare per tale indagine e procedimento.

Le corti marziali americane hanno il diritto di esercitare una competenza esclusiva sui membri delle forze armate americane che commettono infrazioni rilevanti per la legislazione militare statunitense ma non altrettanto per la legislazione dello Stato in cui si trovano quei membri.

Parallelamente i tribunali dello Stato di soggiorno hanno il diritto di esercitare una competenza esclusiva sui membri delle forze armate americane che commettono atti ricadenti nell'ambito della legislazione nazionale, ma che non costituiscono un'infrazione rilevante per la legislazione militare americana.

Le corti marziali americane e i tribunali dello Stato di soggiorno hanno dunque una giurisdizione concorrente sui membri delle forze armate americane per le infrazione che sono al tempo stesso una violazione della legislazione dello Stato in cui operano quelle Forze armate.

La determinazione della competenza giuridica avviene in questo modo: le corti marziali americane esercitano per priorità la loro giurisdizione su: 1) i crimini che costituiscono attentati alla sicurezza o ai beni degli Stati Uniti; 2) le infrazioni contro il personale americano o contro i loro beni; 3) le infrazioni "derivanti da qualsiasi atto o negligenza compiuti nell'esecuzione del servizio".

Dopo la decisione della Camera dei Lords nell'affare Pinochet, e poco probabile che gli atti di genocidio, i crimini di guerra contro l'umanità siano considerati come atti commessi nell'espletamento del servizio. Per questo, occorrerebbe aggiornare tutti quei trattati per includervi anche tutti i crimini rilevanti penalmente dal punto di vista del diritto internazionale.

In tutti gli altri casi di giurisdizione concorrente lo Stato di soggiorno ha il diritto di esercitare per priorità la propria giurisdizione. Tuttavia, sebbene ogni Stato abbia tale diritto, la giurisdizione concorrente deve esaminare "con benevolenza" ogni domanda di rinuncia a tale diritto proveniente dall'altro Stato quando quest'ultimo indichi che considerazioni "particolarmente importanti" lo giustifichino.

Nel 1953 nel ratificare la Convenzione tra gli Stati parte del Trattato della Nato sullo stato delle loro forze, gli Stati Uniti hanno emesso una riserva alla stessa Convenzione prevedendo che le autorità militari americane solleciteranno sistematicamente una tale rinuncia ogni qual volta considerino che il processo nello Stato di soggiorno rischia di essere ingiusto rispetto alle norme costituzionali americane. Tuttavia, il comportamento degli Stati Uniti non è stato univoco in alti casi.

Appare evidente che la norma della convenzione tra gli Stati Nato e la prassi di altri accordi simili non mirano a conferire l'impunità ai membri delle Forze armate dello Stato d'origine per i crimini da essi commessi ma piuttosto a determinare chi abbia la responsabilità di condurre le indagini e di procedere ai provvedimenti per tali crimini.

Recentemente gli Sai Uniti includono sempre più spesso negli accordi sullo status delle Forze delle clausole che modificano le disposizioni che danno alla giurisdizione militare americana il diritto di esercitare prioritariamente la giurisdizione concorrente. Queste clausole prevedono che lo Stato di soggiorno ha il diritto di esercitare per priorità la propria competenza quando il caso concerne degli interessi nazionali particolarmente importanti o che preoccupa l'opinione pubblica. La decisione di esercitare o meno questo diritto spetta esclusivamente allo Stato di soggiorno.

Anche tutti gli altri accordi preesistenti allo Statuto di Roma (se ne contano oltre un centinaio), non hanno lo scopo di garantire l'immunità a nessuno, bensì solo a ripartire tra gli Stati le responsabilità.

Tali accordi sono stati redatti dopo Seconda Guerra Mondiale per ridurre al minimo le possibilità che membri delle Forze armate americane di stanza in Europa e in Asia fossero giudicati da tribunali stranieri. Ciò era spiegato con la diversità dei sistemi giudiziari esistenti ma anche con la paura americana che il soldato, processato da un tribunale straniero, ricevesse una sorte peggiore di quella di una corte marziale statunitense, paura rafforzata nel caso in cui la vittima del crimine commesso dal militare americano fosse un cittadino del Paese di soggiorno. Insomma, non è possibile concepire un doppio binario che possa, in alcuni casi, sottrarre alla giustizia internazionale l'autore dei crimini contro l'umanità. Ma è proprio quello che gli Stati Uniti cercano di fare.


UNA CHIARA MINACCIA

Nel maggio scorso, mentre denunciavamo la firma dello Statuto di Roma gli Stati Uniti hanno chiaramente indicato l'intenzione di lanciare una campagna mondiale per ridurre la capacità della Corte Penale Internazionale di esercitare la propria competenza nei confronti dei cittadini degli Stati non parte accusati di genocidio, crimini di guerra e contro l'umanità commessi sul territorio degli Stati parte dello Statuto di Roma. Philip Reeker, portavoce del Dipartimento di Stato americano, ha precisato che gli accordi di immunità di giurisdizione che gli USA tentano di concludere "ci daranno le garanzie che cerchiamo".

La Campagna si è concretizzata finora in due modi. La prima è consistito nel far votare, nel luglio scorso, una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu che sottrae alla giurisdizione della Corte Penale Internazionale, per una durata di 12 mesi rinnovabili, i crimini eventualmente commessi dal personale militare impegnato nelle operazioni di pace, la seconda consiste nel persuadere gli Stati a concludere degli accordi d'immunità di giurisdizione miranti a impedire loro di consegnare alla Corte i cittadini americani (impegnati in missioni all'estero) accusati di particolari crimini, senza prevedere che inchieste o processi siano condotti dagli Stati Uniti o altro Stato.

Corollario a questo secondo approccio della campagna è la minaccia di sospensione dell'assistenza militare a quegli Stati dello Statuto di Roma che non concludano un tale accordo di immunità di giurisdizione con gli USA. Il 2 agosto scorso, infatti, è entrato in vigore l'articolo 2007 della legge sulla protezione dei membri delle forze armate americane che proibisce l'assistenza militare agli Stati parte della Corte Penale Internazionale.

Insomma, questi accordi propinati a mezzo mondo dagli Stati Uniti costituiscono un vero e proprio capestro non solo per gli Stati che li sottoscrivono ma anche per quanti non vi aderissero (Canada, Norvegia, Olanda, Svizzera e Jugoslavia hanno già rifiutato) oltre che per il diritto internazionale.

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