Da La Stampa del 07/04/2003
Diario pacifista
E già si preparano a un'altra guerra nel nome della pace
di Giulietto Chiesa
LA guerra l'hanno fatta (e la stanno facendo) e già fanno finta che sia finita, o che stia per finire. Hanno fretta di dimenticarla perché se ne vergognano.
Così, dopo avere fatto un errore e una mostruosità, ecco che si accingono, per ipocrisia, per cattiva coscienza, a commetterne un altro.
Già, perché non c'è un solo dato che ci induca a pensare che, dopo questa, ci sarà una pace. Né giusta, né ingiusta. La guerra contro l'Iraq ha destabilizzato tutto il Medio Oriente, tutto il mondo arabo, mezzo mondo. A Washington i super falchi (che sono ormai stormi) stanno progettando un governo coloniale che sarà più «americano» di quello afghano. Onu e Europa sono a brandelli. Il G-8 è ormai un G-4.
La «distruzione creativa», inventata da Paul Shumpeter, si è tradotta in distruzione semplice. Il «creativo» verrà dopo. Ma il futuro dell'Iraq sarà «americano», dice Paul Wolfowitz, ficcando il pugnale nella schiena dell'unico maggiordomo che ha servito la colazione all'imperatore.
E allora quale pace ci aspetta? Di quale ricostruzione vanno biascicando in Italia, a destra e a sinistra, quelli che contano tanto quanto il tre di picche?
Non le vedono le masse che manifestano in tutte le capitali arabe? E pensano davvero, dopo che l'Iraq ha dimostrato di andare alla sconfitta certa, ma senza arrendersi, che l'occupazione militare Usa risolverà il problema?
Non si sono accorti nemmeno che gli sciiti del Sud non hanno mosso un dito. Le previsioni erano che si sarebbero sollevati. Perché non l'hanno fatto? Ma semplicemente perché da Teheran è venuto l'ordine perentorio: non aiutare gli Stati Uniti. E perché quest'ordine? Perchè l'Iran sa perfettamente di essere il prossimo bersaglio di una lunga guerra. Così come lo sospetta la Siria, che lancia appelli alla guerra santa.
Così si sta preparando la prosecuzione della guerra, mentre il Papa fa appello alla Pacem in Terris, alla testa, quasi da solo, dei milioni di italiani che, in grande maggioranza, invocano la pace.
Così, dopo avere fatto un errore e una mostruosità, ecco che si accingono, per ipocrisia, per cattiva coscienza, a commetterne un altro.
Già, perché non c'è un solo dato che ci induca a pensare che, dopo questa, ci sarà una pace. Né giusta, né ingiusta. La guerra contro l'Iraq ha destabilizzato tutto il Medio Oriente, tutto il mondo arabo, mezzo mondo. A Washington i super falchi (che sono ormai stormi) stanno progettando un governo coloniale che sarà più «americano» di quello afghano. Onu e Europa sono a brandelli. Il G-8 è ormai un G-4.
La «distruzione creativa», inventata da Paul Shumpeter, si è tradotta in distruzione semplice. Il «creativo» verrà dopo. Ma il futuro dell'Iraq sarà «americano», dice Paul Wolfowitz, ficcando il pugnale nella schiena dell'unico maggiordomo che ha servito la colazione all'imperatore.
E allora quale pace ci aspetta? Di quale ricostruzione vanno biascicando in Italia, a destra e a sinistra, quelli che contano tanto quanto il tre di picche?
Non le vedono le masse che manifestano in tutte le capitali arabe? E pensano davvero, dopo che l'Iraq ha dimostrato di andare alla sconfitta certa, ma senza arrendersi, che l'occupazione militare Usa risolverà il problema?
Non si sono accorti nemmeno che gli sciiti del Sud non hanno mosso un dito. Le previsioni erano che si sarebbero sollevati. Perché non l'hanno fatto? Ma semplicemente perché da Teheran è venuto l'ordine perentorio: non aiutare gli Stati Uniti. E perché quest'ordine? Perchè l'Iran sa perfettamente di essere il prossimo bersaglio di una lunga guerra. Così come lo sospetta la Siria, che lancia appelli alla guerra santa.
Così si sta preparando la prosecuzione della guerra, mentre il Papa fa appello alla Pacem in Terris, alla testa, quasi da solo, dei milioni di italiani che, in grande maggioranza, invocano la pace.
Sullo stesso argomento
Articoli in archivio
Quante legioni ha l'america? Troppo poche per un impero
Com'è possibile che la più grande democrazia del mondo non riesca a liberarsi dal pantano iracheno?
Com'è possibile che la più grande democrazia del mondo non riesca a liberarsi dal pantano iracheno?
di Niall Ferguson su Corriere della Sera del 23/10/2006
di Thomas E. Ricks su Panorama del 26/09/2006
Reticenze americane
Due tonnellate di uranio rovesciate dagli inglesi su Bassora. Una quantità imprecisata dagli Usa
Due tonnellate di uranio rovesciate dagli inglesi su Bassora. Una quantità imprecisata dagli Usa
di Toni Mira su La Nuova Ecologia del 13/05/2005
News in archivio
su Amnesty International del 16/10/2006
su Corriere della Sera del 28/09/2006
su Panorama del 13/09/2006
In biblioteca
di Timothy Garton Ash
Mondadori, 2006
Mondadori, 2006