Da La Stampa del 09/04/2003
Il braccio legato dei reporter
di Mimmo Candito
Un giornalista che va in guerra non pensa mai di morirvi. La morte gli viaggia accanto, ma lui le sfuggirà. Quasi sempre. Fino a qualche tempo fa, le guerre le combattevano i soldati. Poi si capì che le guerre le combattono anzitutto i massmedia. Dice il generale Jean: «Oggi l'informazione è l'arma più potente». E quando il generale Schwarzkopf partì per l'altra Guerra del Golfo, Bush (l'altro) l'ammonì: «Mi raccomando, Norman, non combattiamo più con un braccio legato dietro la schiena». Parlava del Vietnam, e dell'opinione pubblica che - per colpa dei giornalisti - aveva «legato il braccio» a Nixon. L'errore non andava ripetuto, nacque la guerra chirurgica, senza morti. I reporter non dovevano dare una sola immagine d'un soldato americano ucciso, o ferito. E fu così. Anche in questa guerra il Pentagono ha proclamato la guerra senza morti. Ne era tanto convinto da «incastrare» i giornalisti dentro le unità operative: avrebbero fatto da megafono per le sorti magnifiche della battaglia. Ma non c'è stata la sollevazione popolare irachena, ch'era l'elemento essenziale della guerra chirurgica; e sul campo, il presunto «megafono» s'è andato trasformando in imbarazzante testimone. Da lontano, le bombe intelligenti (esaltate su tutti i media) hanno fatto più o meno il loro lavoro. Ma ora si combatte dentro la città, e un comandante se ne fotte dei civili (e dei giornalisti) se i suoi uomini sono in pericolo. Cancellata la guerra chirurgica, si torna a Berlino e alla fine di un regno. «E' il diritto all'autodifesa», dice il generale Brooks. I giornalisti uccisi ieri non sono un bersaglio designato. In battaglia, un teleobiettivo viene sempre scambiato per il fucile d'un cecchino. Ma il lavoro che stanno facendo a Baghdad i reporter (di stampa e di tv o radio), raccontando la guerra di nuovo sporca, è una straordinaria testimonianza professionale in contrasto con le panzane della guerra asettica. Fino al 19 marzo i giornalisti morti sul campo negli ultimi dieci anni erano stati 413. Ora sono diventati 426, e due dispersi. Il racconto della realtà ha un costo.
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