Da La Stampa del 15/04/2003

Primo convegno italiano dei diaristi sul web

Ma i blogger sono giornalisti?

di Anna Masera

MILANO - Giornalisti? Interessanti? Se lo chiedono i «blogger» (traduzione per i non addetti ai lavori di «blog» che è la crasi di «web log»: «diario in Rete», in pratica un sito personale con aggiornamenti quotidiani, link e spazio per i messaggi dei lettori). O almeno: dei blogger italiani che si sono ritrovati per la prima volta in un incontro non virtuale ma «dal vivo», armati di portatile e collegamento Internet per la cronaca e i commenti in diretta, venerdì sera scorso alla Casa della Cultura di Milano. Tema di discussione: media, informazione, tecnologia e tutto quanto concerne la «blogosfera». Il fenomeno dei blog ha una popolarità incredibile, su Internet, nonostante il momento difficile per la Net Economy: nel mondo ce ne sono più di un milione, in Italia le stime vanno dai 4 ai 10 mila diari online. Sono strumenti editoriali che permettono una facile pubblicazione, divisi in due grandi filoni: uno individualista, autobiografico, «firmato» da un solo autore; l’altro comunitario, politicamente o eticamente impegnato, teso verso la controinformazione oppure verso la diffusione di contenuti culturali. E’ solo una moda? La platea di Milano era stipata: tante facce giovani, ma anche qualche capello bianco, diverse ragazze, anche se nessuna al tavolo del «palco», tutto rigorosamente maschile. Eppure, l’unico libro italiano appena uscito sul tema è di una donna, Francesca Mazzucato, che si spaccia come «la più nota scrittrice blogger d’Italia» nel retro di copertina del suo «Diario di una Blogger» (Marsilio Editore): la storia d’amore di una Bridget Jones cybernauta bolognese (il suo sito è francescamazzucato.splinder.it ma - alla faccia dell’egoreferenzialità - ne ha un altro paio, tutti linkati fra loro). «Un blog è cazzeggio, cultura, teoria e infine, anche informazione» dichiara Giuseppe Genna di Carmilla (www.carmillaonline.com), secondo cui è grazie ai blog che «si rompe la dittatura silenziosa della produzione culturale in Italia». Cazzeggio? In effetti, un conto sono i warblog, cioè i diari dal fronte, testimonianze «alternative» sulla guerra in Iraq (come quello pubblicato su www.lastampa.it da due volontarie a Baghdad); un conto è, appunto, il cazzeggio di chi ammette di retrodatare il «post» (la pubblicazione) per aggirare il datore di lavoro. «Un blog è comunicazione globale, che permette lo stesso punto di partenza a tutti, dai grandi giornalisti (come Roberto D’Agostino e Claudio Sabelli Fioretti, che alla domanda «perché ti sei fatto un blog» hanno risposto entrambi: «Perché lì sono veramente libero») agli ultimi diaristi» dichiara lo scrittore Tommaso Labranca (www.labranca.co.uk). Ed ecco che arrivano i blogger-giornalisti: «Non vedo differenza tra blogger e giornalista, tranne che il blogger ha più libertà» afferma Gianluca Neri, che con il portale Clarence - buon per lui - ha fatto i soldi e adesso ha il tempo libero per cazzeggiare su www.Gnueconomy.net. «Non vedo legami tra blog e giornalismo» lo contraddice Massimo Mantellini, giornalista di Punto Informatico, ma anche noto blogger su www.mantellini.it. «Io mi considero un giornalista senza tessera, il mio sito è nato per mostrare l’altra verità degli scontri durante il G8 a Genova» dichiara Roberto Vignoli di Information Guerrilla (www.informationguerrilla.org). Ed ecco Luca Sofri, giornalista e uno dei pochi blogger (con www.wittgenstein.it) che può vantare un link sul sito di un giornale tradizionale (Il Foglio): «I blogger giornalisti? Un falso problema» decreta serafico. «Una generalizzazione è impossibile: perché la varietà dei blog, così come la varietà dei giornalisti, è troppa». Come dargli torto: così come è giornalista chi impagina ricette in un mensile di cucina, lo è chi scrive editoriali comodamente da casa sua e chi rischia la pelle sul fronte di guerra. L’unica distinzione che si può fare è tra i giornali fatti bene e quelli fatti male; i blog belli e quelli brutti. Ovvietà. Ma Sofri aggiunge un ingrediente-chiave: «I blogger hanno le stesse responsabilità dei giornalisti, non devono cadere nell’omertà corporativa che nasconde l’applicazione di due pesi e due misure... Sei lettori hanno gli stessi diritti di sei milioni di lettori». Parole sante. Applauso. Segue una discussione tecnica sui programmi informatici più adatti per aggregare i blog. A riprendere le fila del discorso ci pensa Carlo Formenti, giornalista «tesserato» che ha organizzato l’incontro attraverso il suo blog, Quinto Stato (www.quintostato.it): «E’ il momento di spostare la discussione sulla natura e sul ruolo del blogging». Cioè dalla contrapposizione ideologica fra comunicazione professionale e comunicazione autogestita, all’interrogativo, francamente più interessante, su come sia possibile far crescere «una controinformazione consapevole, matura e dotata, perché no, di competenze tecnico-professionali adeguate a sfidare il giornalismo mainstream sul suo terreno». Insomma, conclude citando il manifesto di Indymedia (www.indymedia.org), l’Independent Media Center: «Non odiare i media, diventa tu i media».

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