Da Corriere della Sera del 14/05/2003
Il ritorno del terrorismo
Bush giura: «Elimineremo questi assassini»
di Ennio Caretto
WASHINGTON - Per la Casa Bianca è la crisi terroristica più grave da quella delle Torri Gemelle a Manhattan. Il numero delle vittime è ancora incerto, perchè molti corpi sono stati dilaniati e molti residenti nella zona che ha subìto l’attacco sono dispersi. Il Dipartimento di Stato ha fornito cifre diverse, che vanno dai 40 ai 91 morti, di cui 10-12 americani. Le cifre ufficiali saudite sono ferme a 29, compresi 9 terroristi kamikaze. Il presidente George Bush reagisce con tormento e rabbia, facendo capire che ci sarà una rappresaglia.
Bush definisce l’attentato «l’opera di killer la cui unica fede è l'odio», diretto innanzitutto contro gli Usa. Il segretario di Stato Colin Powell, parlando tra le rovine di Riad, afferma che la strage «ha il marchio di fabbrica di Al Qaeda». Entrambi ammoniscono i terroristi. «Troveremo gli assassini, capiranno che cosa significhi la giustizia» tuona il presidente, promettendo una «caccia senza sosta» ai nemici: «Ricordatevi che cosa è accaduto ai talebani in Afghanistan». «Intensificheremo la guerra al terrorismo, perché abbiamo fatto progressi, ma non è finita», gli fa eco dall’Arabia Saudita Powell. Parole che intendono rassicurare gli americani: Bush non aspetterà di essere colpito, colpirà prima lui il nemico.
Proveniente dalla Giordania, dove è stato svegliato nella notte dalla notizia del massacro, Powell sosta a Riad sei ore per discutere con il reggente Abdallah e il ministro degli Esteri Saud al-Faisal del terrorismo, della pace tra arabi e israeliani e dell'Iraq. Il segretario di Stato non ha annullato la visita, vuole dimostrare solidarietà agli ospiti e incontrare la comunità americana. Si reca nei locali devastati della Vinnell, una compagnia associata al Pentagono, che addestra la Guardia nazionale saudita. «Il terrorismo sparge sangue dappertutto - dice -, è un pericolo per l’intero mondo civile. Al Qaeda è stata indebolita, ma non distrutta. Lo sarà in futuro». Powell smentisce che l’attentato sia dovuto al problema israeliano. E ribadisce che niente svierà la Superpotenza dai tre compiti che si è prefissati: sconfiggere i terroristi, ricostruire l'Iraq e promuovere un accordo sulla Palestina. Poi riparte per Mosca, dove incontrerà Putin, che, proprio ieri, ha equiparato l’attentato in Arabia Saudita a quello in Cecenia.
Bush ha già ordinato all’Fbi di mandare subito agenti a Riad. Li comanda John Pistole, l’uomo che indagò sui due attentati di Dahran nel '96 e su quello all'incrociatore Cole in Yemen nel 2000. Il suo compito è scovare la nuova leadership di Al Qaeda, che ha preannunciato «operazioni nel cuore degli Stati Uniti» in una email inviata alla rivista saudita Al Majallah a Londra e firmata da Abu Mohammed al-Ablaj, «coordinatore degli addestramenti».
Alla Casa Bianca arrivano espressioni di cordoglio e d’appoggio da tutto il mondo: la prima è del presidente francese Chirac, che condanna «senza appello» la strage.
Bush definisce l’attentato «l’opera di killer la cui unica fede è l'odio», diretto innanzitutto contro gli Usa. Il segretario di Stato Colin Powell, parlando tra le rovine di Riad, afferma che la strage «ha il marchio di fabbrica di Al Qaeda». Entrambi ammoniscono i terroristi. «Troveremo gli assassini, capiranno che cosa significhi la giustizia» tuona il presidente, promettendo una «caccia senza sosta» ai nemici: «Ricordatevi che cosa è accaduto ai talebani in Afghanistan». «Intensificheremo la guerra al terrorismo, perché abbiamo fatto progressi, ma non è finita», gli fa eco dall’Arabia Saudita Powell. Parole che intendono rassicurare gli americani: Bush non aspetterà di essere colpito, colpirà prima lui il nemico.
Proveniente dalla Giordania, dove è stato svegliato nella notte dalla notizia del massacro, Powell sosta a Riad sei ore per discutere con il reggente Abdallah e il ministro degli Esteri Saud al-Faisal del terrorismo, della pace tra arabi e israeliani e dell'Iraq. Il segretario di Stato non ha annullato la visita, vuole dimostrare solidarietà agli ospiti e incontrare la comunità americana. Si reca nei locali devastati della Vinnell, una compagnia associata al Pentagono, che addestra la Guardia nazionale saudita. «Il terrorismo sparge sangue dappertutto - dice -, è un pericolo per l’intero mondo civile. Al Qaeda è stata indebolita, ma non distrutta. Lo sarà in futuro». Powell smentisce che l’attentato sia dovuto al problema israeliano. E ribadisce che niente svierà la Superpotenza dai tre compiti che si è prefissati: sconfiggere i terroristi, ricostruire l'Iraq e promuovere un accordo sulla Palestina. Poi riparte per Mosca, dove incontrerà Putin, che, proprio ieri, ha equiparato l’attentato in Arabia Saudita a quello in Cecenia.
Bush ha già ordinato all’Fbi di mandare subito agenti a Riad. Li comanda John Pistole, l’uomo che indagò sui due attentati di Dahran nel '96 e su quello all'incrociatore Cole in Yemen nel 2000. Il suo compito è scovare la nuova leadership di Al Qaeda, che ha preannunciato «operazioni nel cuore degli Stati Uniti» in una email inviata alla rivista saudita Al Majallah a Londra e firmata da Abu Mohammed al-Ablaj, «coordinatore degli addestramenti».
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