Da La Stampa del 15/07/2003
Originale su http://www.lastampa.it/redazione/news_high_tech/archivio/0307/ngcolema...
Intervista al primo professore di e-democrazia al mondo, oggi a Roma
«La libertà? E’ partecipazione via Web»
Stephen Coleman: non solo voto, riscopriamo la politica
di Anna Masera
«Sono un accademico e un ricercatore, il mio punto di vista è critico; non sto cercando di vendere Internet, mi interesso solo degli effetti di Internet sulla società» premette Stephen Coleman, il primo professore di «e-democracy» al mondo, che insegna all’Oxford Internet Institute (www.oii.ox.ac.uk). Oggi sarà a Roma per un seminario sulla democrazia elettronica promosso da British Telecom, a cui partecipano rappresentanti dell’Autorità per le Comunicazioni e dei ministeri delle Comunicazioni, dell’Innovazione Tecnologica, dei Beni Culturali, dell’Industria, oltre a vari parlamentari ed esperti di «e-government», il cosiddetto governo elettronico già tanto discusso settimana scorsa a Cernobbio, al primo incontro del semestre europeo presieduto dall’Italia.
Professor Coleman, può spiegarci in maniera semplice e chiara che cos’è questa «democrazia elettronica»?
«In sostanza, è un sistema che utilizza le tecnologie interattive per sostenere il processo democratico, in modo da far partecipare attivamente la gente e farla sentire davvero coinvolta.»
Perchè, secondo lei oggigiorno la gente non è già abbastanza coinvolta nella politica?
«No, la gente è stufa della politica e non si fida dei politici e dei governi. In Gran Bretagna, alle ultime elezioni nazionali solo il 59% degli elettori ha votato, mentre alle elezioni locali lo scorso maggio addirittura solo il 25-30%.»
Eppure, è proprio lo scorso maggio che gli inglesi hanno sperimentato il voto via Internet.
«Sì, via Web, via telefonino cellulare, via tv digitale...La Gran Bretagna è leader in Europa in questo: ma non basta.»
Perchè?
«Perchè democrazia elettronica non significa solo voto elettronico, ma anche partecipazione. Internet offre strumenti che possono rendere trasparente l’amministrazione pubblica, e riconnettere il pubblico con i suoi governanti. Sono molto più interessanti le cose nuove che si riescono a fare con Internet, rispetto a quelle che già si fanno senza.»
Ci fa un esempio concreto?
«Includere nel processo democratico gli esclusi. Il Parlamento britannico tiene con successo forum online su specifici temi che richiedono nuove normative: per esempio, quello sulla violenza domestica, a cui per la prima volta hanno partecipato le donne vittime di aggressioni. Su Internet hanno potuto raccontare le loro storie ai parlamentari e esprimere il loro parere sulla legge da approvare. Abbiamo raccolto mille testimonianze in un mese.»
Come avete fatto a verificarne l’attendibilità?
«Con una registrazione obbligatoria, certificata dalle organizzazioni che si occupano di violenza domestica.»
Quante leggi avete già approvato con questo sistema di partecipazione via Internet?
«Una decina. Tra queste, quella sulle cellule staminali: di solito i gruppi di interesse coinvolti sono da una parte gli scienziati, dall’altra i moralisti. Invece via Internet siamo riusciti a coinvolgere un terzo gruppo: i disabili cronici, quelli che dalle cellule staminali possono trarre vantaggio. Ne sono venuti online centinaia, l’anno scorso. Un vero esempio di e-democrazia. Costa poco, e funziona.»
Professor Coleman, può spiegarci in maniera semplice e chiara che cos’è questa «democrazia elettronica»?
«In sostanza, è un sistema che utilizza le tecnologie interattive per sostenere il processo democratico, in modo da far partecipare attivamente la gente e farla sentire davvero coinvolta.»
Perchè, secondo lei oggigiorno la gente non è già abbastanza coinvolta nella politica?
«No, la gente è stufa della politica e non si fida dei politici e dei governi. In Gran Bretagna, alle ultime elezioni nazionali solo il 59% degli elettori ha votato, mentre alle elezioni locali lo scorso maggio addirittura solo il 25-30%.»
Eppure, è proprio lo scorso maggio che gli inglesi hanno sperimentato il voto via Internet.
«Sì, via Web, via telefonino cellulare, via tv digitale...La Gran Bretagna è leader in Europa in questo: ma non basta.»
Perchè?
«Perchè democrazia elettronica non significa solo voto elettronico, ma anche partecipazione. Internet offre strumenti che possono rendere trasparente l’amministrazione pubblica, e riconnettere il pubblico con i suoi governanti. Sono molto più interessanti le cose nuove che si riescono a fare con Internet, rispetto a quelle che già si fanno senza.»
Ci fa un esempio concreto?
«Includere nel processo democratico gli esclusi. Il Parlamento britannico tiene con successo forum online su specifici temi che richiedono nuove normative: per esempio, quello sulla violenza domestica, a cui per la prima volta hanno partecipato le donne vittime di aggressioni. Su Internet hanno potuto raccontare le loro storie ai parlamentari e esprimere il loro parere sulla legge da approvare. Abbiamo raccolto mille testimonianze in un mese.»
Come avete fatto a verificarne l’attendibilità?
«Con una registrazione obbligatoria, certificata dalle organizzazioni che si occupano di violenza domestica.»
Quante leggi avete già approvato con questo sistema di partecipazione via Internet?
«Una decina. Tra queste, quella sulle cellule staminali: di solito i gruppi di interesse coinvolti sono da una parte gli scienziati, dall’altra i moralisti. Invece via Internet siamo riusciti a coinvolgere un terzo gruppo: i disabili cronici, quelli che dalle cellule staminali possono trarre vantaggio. Ne sono venuti online centinaia, l’anno scorso. Un vero esempio di e-democrazia. Costa poco, e funziona.»
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