Da Il Manifesto del 23/07/2003

Le misteriose migrazioni dei bipedi spellicciati

Da circa due secoli oceaniche masse di umani compiono annuali migrazioni in quella stretta striscia dove le coste lambiscono i mari. In nessuna civiltà e in nessun tempo era stato considerato salubre mettersi a mollo al mare ed esporsi al sole fino a tostarsi. Solo dal '700, dalla rivoluzione industriale e dal colonialismo, è nata e si è diffusa l'ideologia naturista, la curiosa idea che stare nudi faccia bene di per sé. Usi e costumi In nessuna civiltà, tranne la nostra, è mai stata constatata la pratica massiccia delle immersini nell'acqua marina

di Marco D'Eramo

Iterrologhi che dallo spazio studiano il nostro globo sono incapaci di spiegare la misteriosa mutazione che da un paio di secoli a questa parte ha colpito i bipedi spellicciati che del pianeta costituiscono la specie animale dominante. In primo luogo questi bipedi tendono sempre più a sviluppare un carapace esterno, a forma di scatoletta, un esoscheletro metallico - più precisamente composto da lamiere e plastica - in cui i bipedi si nascondono, singolarmente o in gruppo, per lunghi periodi della loro vita, in movimento, ma anche fermi per ore, tutti insieme una scatoletta metallica accanto all'altra, ognuna emettente incredibili esalazioni di anidride carbonica e di raggi infrarossi. Dall'altro lato, la specie dei bipedi ha preso a compiere stranissime migrazioni stagionali che lasciano interdetti i più agguerriti terrologhi. Vista dai satelliti, la gran parte della popolazione bipede vive sparpagliata sui continenti, concentrata in agglomerazioni che la notte s'illuminano lasciando in ombra solo vaste zone scure vicino all'equatore che producono molto ossigeno ed altre zone scure vicino al polo nord. Ma all'improvviso, in ogni emisfero, intorno al solstizio d'estate, sterminate moltitudini di bipedi s'incolonnano nei loro neo-carapaci, per andare a concentrarsi tutti in un lembo sottilissimo di terra al limitare delle distese - composte da una soluzione di H2O e cloruro di sodio - che ricoprono la maggior parte del pianeta terra. Lì trascorrono il tempo, senza gli strati di fibre vegetali che li avvolgono durante il resto dell'anno. Qui, con il derma esposto alla luce della loro stella, s'immergono di continuo in questa soluzione, per poi stendersi vicino a essa, chi per due rotazioni terrestri, chi per sette (questo numero ricopre uno speciale significato nel ritmo delle loro migrazioni stagionali), chi per una rivoluzione lunare o poco più. Poi rientrano nei loro esoscheletri metallici e si riavviano in interminabili colonne verso i luoghi dove risiedono tutto il resto dell'anno. Le migrazioni prendono fine un po' prima dell'equinozio d'autunno. Non riescono i terrologhi a interpretare queste migrazioni. Sono state osservate altre specie che ne compiono di simili: per esempio, i pesci detti salmone che annualmente percorrono il tragitto inverso dalla soluzione salina fino alle origini di lunghi corsi di H2O che striano le terre emerse del pianeta. Vi sono anche specie di anuri rospi che compiono simili migrazioni annuali. Proprio come i bipedi, una volta l'anno, interminabili folle di rospi saltellano dalla terra al mare; così fa anche una specie di granchi (anche essi dotati di esoscheletro) in una grande isola equatoriale a forma di quattro dita chiamata Sulawesi. Proprio come i bipedi esoscheletrati, durante la migrazione stagionale rimangono spiaccicati lungo il percorso moltissimi rospi e granchi. Ma tutte queste migrazioni sono legate a ragioni riproduttive, hanno scoperto i terrologhi, mentre sembra che non sia affatto così per i bipedi - autonominatisi umani. Il picco delle nascite dei cuccioli bipedi non avviene, come dovrebbe, dieci lune dopo questa migrazione, ma di undici-tredici lune dopo il loro rientro. Altri terrologhi adducono motivazioni religiose. Questa migrazione al bordo della soluzione salina di H2O, sarebbe una forma di culto del brodo primigenio da cui è nata tutta la vita nel pianeta. A esso i bipedi sacrificherebbero con grandi danze notturne vicino alla riva della soluzione, privilegiando le zone in cui il litorale è costituito da polvere sottile, prodotto di erosione. Questi pellegrinaggi sarebbero perciò un'invocazione alla fertilità.Certo è che i terrologhi sono di fronte a un bel rompicapo. Tutte le civiltà umane hanno infatti sempre rifuggito la vita accanto al mare: le grandi città (Atene, Roma, Parigi, Londra) sono sempre state costruite all'interno, non sulla riva. Quando nel corso della nostre migrazioni stagionali (chiamate vacanze balneari) ci avviciniamo al mare, ci accorgiamo che le agglomerazioni litoranee sono tutte recentissime, tutte legate all'industria del turismo, mentre i centri più antichi sono tutti rialzati, in collina, a qualche chilometro dalla spiaggia. E infatti innumeri paesi hanno un doppio nome, Pietrasanta o Silvi, o Riace, per il borgo antico, e invece Marina di Pietrasanta, Silvi Marina e Riace Marina, per i nuovi centri sorti ad accogliere i migratori stagionali o vacanzieri che dir si voglia. Vicino al mare la vita era insalubre a causa della malaria, le case cadevano a pezzi per la salsedine, gli abitanti erano in balia delle razzie dei pirati. Non solo. In nessuna civiltà umana tranne la nostra, è mai stata constatata la pratica massiccia delle immersioni nell'acqua marina. Dentro al mare ci si immergeva chi non poteva farne a meno, pescatori di pesci o di perle. Ma nessuno ha mai considerato che un bagno di mare facesse bene. Sicché nessun'altra civiltà ha mai prodotto capi di abbigliamento specializzati per la spiaggia e per il mare: quando le altre culture decidono di assaggiare questa stramberia occidentale, entrano nell'oceano nei loro vestiti cittadini: così fanno ancora oggi molte donne indiane il sui sari si adagia mollemente sull'acqua, mentre loro s'immergono ridendo.

Non solo: nessuna civiltà ha mai considerato l'esposizione del corpo al sole una forma di terapia, né ha ritenuto che sia salutare stare ore ad abbrustolirsi sotto i raggi del sole più caldo dell'anno, il «solleone»: gli indiani solevano dire che le ore più calde del giorno sono quelle in cui «escono solo i cani pazzi e gli inglesi». Da qui la domanda: come mai è diventato un paradigma sociale quasi ineludibile ciò che prima e altrove era considerato pura follia? Come ha scritto Umberto Eco, antropologi cinesi e africani stanno studiando questa inspiegabile passione occidentale per il nudo balneare.

A questa rivoluzione dei costumi hanno concorso quattro fattori: 1) la rivoluzione industriale ha urbanizzato una gran parte della popolazione, l'ha allontanata dalla natura, e ha inquinato le città, tutte annerite dalla fuliggine del carbone e dai miasmi dei rifiuti industriali e umani; 2) la colonizzazione e l'imperialismo hanno portato gli europei a contatto con popolazioni equatoriali e tropicali che vivevano nude (il mito delle Hawaii, il viaggio intorno al mondo di Louis-Antoine de Bougainville e il Supplemento al viaggio di Bougainville scritto da Denis Diderot); 3) la formazione di un sistema di trasporti di massa (vaporetti e vaporiere) che permette a larghi strati di popolazione di allontanarsi dalle città malsane; 4) più tardi l'estensione a tutta la popolazione della villeggiatura, che allora prende il nome di vacanza, con l'introduzione delle ferie pagate per i lavoratori. Dal combinato composto dei primi due fattori deriva il mito del buon selvaggio, e quello del felice stato di natura originario, da cui una rivalutazione della nudità del selvaggio, e anche un'assai significativa rivalutazione della pelle bruna: è impossibile dire quanto conti il primitivismo, il mito dell'uomo nero nel culto tutto moderno dell'abbronzatura. In altre civiltà e in altri tempi l'abbronzatura era segno di condizione servile, o rurale, ed era temuta, ci si proteggeva. Siamo qui in pieno tema del felice hawaiano.

Jean-Jacques Rousseau è insieme l'espressione, il formulatore e il propagandista di questa nuova ideologia di cui si sentiranno gli echi persino nella nominazione dei mesi da parte dei rivoluzionari francesi: con Fiorile, Brumaio, e Termidoro, l'anno è restituito alla ciclicità della natura. La natura prende a costituire un universo simbolico in grado di rimpiazzare i valori della religione. Non per nulla il termine naturismo viene coniato proprio in quegli anni in Belgio da tal dottor Planchon, mentre nel 1776 viene presentata alle Accademie reali francesi di medicina e chirurgia una comunicazione sui Principi dell'irraggiamento solare integrale sul soggetto integralmente nudo. Nel 1787 Russel pubblica in Gran Bretagna Gli effetti dei bagni di mare sulle ghiandole che viene preso assai sul serio dal principe di Galles, che lancia la moda delle stagioni balneari a Brighton. Nascono i solarium e si struttura l'elioterapia. Non per nulla Percy Bysshe Shelley è il primo poeta al mondo che muore nuotando per diletto nella baia di Lerici (1822).

Questa nuova concezione igienista è insieme una dottrina del corpo (i gimnosofi, dal greco gymnos, che vuol dire «nudo», da cui ginnastica) che sfocerà nella mistica dello sport; una filosofia naturale, perché considera che per la propria salute sia sufficiente e necessario immergersi ed esporsi alla natura; una dottrina sociale perché vuole restaurare rapporti naturali tra esseri umani. È insomma un'ideologia a pieno titolo (sostenuta e formulata soprattutto dalle classi medie e medio-alte) che riceverà una messa in pratica sbalorditiva dallo sviluppo delle ferrovie e della navigazione a vapore, nell'«invenzione delle vacanze» e la nascita delle prime agenzie turistiche. La ferrovia permette di portare il mare in città, come traspare dalla metafora che nel 1831 Heinrich Heine usa per descrivere come «con le strade ferrate lo spazio è stato annullato»: «Adesso in tre ore si va ad Orléans... Mi par di vedere i monti e i boschi di tutti i paesi arrivare a Parigi. Alla mia porta scroscia il Mare del Nord». Nel 1841 Thomas Cook organizza il primo tour organizzato intorno al mondo, fonda l'omonima agenzia di viaggio e inventa il turismo moderno.

È quindi a fine ottocento che assume la sua forma definitiva il naturismo moderno, con le sue associazioni, i suoi princìpi. La sua culla è il mondo protestante: istituendo rapporti diretti (non mediati dalla chiesa) tra sé e dio, il protestantesimo fa sì che la Natura diventi l'unico intermediario con il divino. Da qui il seguito che il naturismo ha sempre trovato tra i protestanti nordici. Nel 1893 il dottor Heinrich Puder, socialista e igienista, scrive Nacktkultur («La civiltà del nudo»). Nel 1903 nasce a Lubecca il primo centro naturista europeo, il Freilichtpark («parco della libera luce»), in cui è obbligatoria la ginnastica (ma senza competizione); sono banditi alcool e tabacco; la dieta è vegetariana. Il nudo sociale, cioè il «nudismo» è considerato uno degli elementi fondativi del naturismo: La Federazione naturista internazionale (Inf) dà la seguente definizione: «Il naturismo è uno stile di vita (way of life) in armonia con la natura, caratterizzato dalla pratica della nudità di gruppo (communal nudity) con lo scopo d'incoraggiare il rispetto di sé, degli altri e dell'ambiente».

Nel 1896 nasce l'associazione giovanile dei Wandervögel («uccelli migratori», appunto) cui aderirà anche il grande fisico Werner Heisenberg. I Wandervögel organizzano viaggi, marce in foresta o in montagna e praticano la nudità collettiva. Dopo il 1933 i Wandervögel saranno assorbiti nella Hitlerjugend, e la rivista delle SS Schwarzkorps pubblicherà nudi maschili, anche se Hitler proclama che «il naturismo è uno dei peggiori pericoli che incombono sulla nostra cultura, è una minaccia ai fondamenti di ogni cultura degna di questo nome». Un rapporto ambiguo quindi, quello del nazismo col naturismo, come mostra la fascinazione che i nudi africani esercitarono sulla regista Leni Riefenstahl, nazista convinta.

Naturismo e nudismo sono una filosofia di vita, ma trovano sbocco e possibilità di attuazione pratica in luoghi appartati, sospesi dalla vita quotidiana, comunità nascoste nel bosco, «spiagge nudiste». Il nudismo perde la sua battaglia nella vita di ogni giorno: oggi nessuno va in giro nudo in città (solo alcuni santoni circolano nudi nelle metropoli indiane), o in ufficio; ma - grazie all'introduzione delle ferie pagate con il Fronte popolare nel 1936 - la vince in quel lasso di tempo sottratto ai vincoli, sospeso, in quella garçonnière della vita che è la vacanza. È una vittoria di compromesso con la società e con il mercato. Noi siamo sempre vestiti, ma la nostra nudità è accettata in spiaggia (con tutti i sotto-compromessi del caso, bikini, topless, che in qualunque altra civiltà sarebbero stati equiparati alla nudità totale). Si è creato un mercato del nudo e del seminudo, un ghetto balneare del nudo. Il turismo balneare è proprio questo: la mercificazione dell'ideologia naturista, come l'automobile è la mercificazione della libertà di spostamento. Così oggi in Italia gli iscritti alle associazioni naturiste (Fni, federazione naturista italiana, con gruppi come Anita, Associazione naturista italiana, o Uni, Unione naturisti italiani) sono solo 6.000; sono milioni invece a spogliarsi sulla spiaggia. Il militantismo naturista è stato annientato dal diffondersi del consumismo naturista.

D'altronde, come tanti altri fenomeni moderni, questo naturismo mercificato distrugge se stesso. Come è necessario industrializzare la montagna per portare la gente a sciare, ma la stessa industrializzazione scalda il clima e sposta sempre più in alto il livello delle nevicate, condannando quindi a termine lo sci; così l'ideologia naturista trova il suo massimo trionfo proprio quando l'industrializzazione che l'ha suscitata e l'ha messa in pratica fa sì che esporsi al sole diventi dannoso, per il buco dell'ozono, gli ultravioletti e i tumori alla pelle. Così, mai tanta gente si denuda al mare come nel momento in cui il sole è pericoloso e il mare inquinato. Inquinamento ed effetto serra sono dovuti a loro volta da quei nostri escoscheletri metallici che ci sono indispensabili per attuare l'ideale naturista balneare.

È questa una delle ragioni che rendono ancor più incomprensibile ai terrologi la grande migrazione estiva di noi bipedi spellicciati ed esoscheletrici.

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