Da Corriere della Sera del 27/01/2004
De Villepin: via l’embargo sulla vendita di armi a Pechino
Parigi, diritti umani sotto i tappeti rossi
Proteste in Francia per la visita del leader cinese Hu «Un errore accogliere così chi non rispetta la libertà»
di Massimo Nava
PARIGI - La Tour Eiffel illuminata in rosso. Una grande parata di carri folkloristici sui Campi Elisi. Migliaia di immigrati cinesi in festa e grandi accoglienze per il loro leader, il presidente Hu Jintao, da ieri a Parigi in visita ufficiale. Se il cerimoniale è una misura dell'amicizia e dell’interesse, ci sono pochi dubbi sul valore che la Francia assegna a questo incontro, l'unico previsto per quest'anno in Europa. Valore politico ed economico, che, come spesso avviene nei confronti della Cina e come talvolta si concede ai Grandi della Terra, lascia in secondo piano, fino a dimenticarle, le riserve sui diritti umani e valori democratici.
Anche se non mancano riserve di personalità politiche e proteste pubbliche, gli affari prima di tutto. Oltre al fatto che Pechino da tempo è uno degli assi portanti della diplomazia francese, impegnata nell'affermare una direzione multipolare del pianeta e nel frenare l'unilateralismo americano. L'embargo europeo sulla vendita di armi alla Cina, in vigore dall’epoca della repressione di piazza Tienanmen, è quindi considerato «superabile» o addirittura «superato», come ha affermato il ministro degli esteri francese, l'umanista Dominique de Villepin, a margine di una riunione dei ministri degli Esteri a Bruxelles.
La revoca aprirebbe un vasto mercato proprio alla Francia, fra i primi produttori mondiali con Stati Uniti, Russia e Gran Bretagna, in concorrenza proprio con la Russia, finora principale fornitore della Cina. Nel momento in cui si tengono le Olimpiadi a Pechino e l'esposizione universale a Shanghai, l'embargo è considerato «incoerente» al Quai d'Orsay.
Altro settore d'interesse strategico è l'aeronautica civile. Il presidente cinese si recherà anche a Tolosa, dove si produce l'Airbus, l'aereo da trasporto per il quale Pechino ha già siglato importanti ordini nel corso della visita, in aprile, del primo ministro, Jean-Pierre Raffarin, avvenuta in piena emergenza da sindrome respiratoria Sars, con una prova di coraggio che i cinesi hanno apprezzato.
La Francia, accogliendo a braccia aperte Hu Jintao conta anche di riequilibrare la propria bilancia commerciale e conquistare posizioni nell'export, oggi al quattordicesimo posto, molto dietro Germania e Italia, nonostante un aumento del 60% fatto registrare nel 2003. In quest’ottica, la Francia enfatizza le «convergenze» politiche fra Parigi e Pechino sulla scena internazionale, che sfiorano la questione Taiwan («Dal 1964, per la Francia, esiste una sola Cina», dice il Quai d’Orsay, mentre Chirac definisce «un grave errore» il referendum organizzato da Taiwan, che la Cina definisce come un passo verso l’indipendenza dell’isola) solo per auspicare una soluzione pacifica e lasciano alle proteste di piazza quella dei diritti umani, del dissenso e della repressione in Tibet.
Il colloquio fra il presidente cinese e Chirac è durato un'ora e mezza ed è proseguito in serata in un ristorante della capitale. La questione dei diritti umani, secondo il portavoce dell’Eliseo, «costituisce un elemento di dialogo» e la sua importanza «si rifletterà nella dichiarazione finale».
Tanta enfasi ufficiale fa comunque storcere il naso ad esponenti politici e all'opinione pubblica francese, perplessa, peraltro, sul diverso atteggiamento che Parigi mostra nei confronti di Mosca per la questione Cecenia. L'onore di un discorso all'Assemblea nazionale è stato criticato da deputati della maggioranza, dei verdi e dei socialisti e dall'ex ministro socialista, Jack Lang: «In un luogo di libertà non è giusto accogliere chi opprime i diritti delle persone». Le Monde ha stigmatizzato una certa «autocensura compiacente». «Le libertà sotto il tappeto rosso», titola Libération auspicando che qualcuno ricordi a Hu Jiantao che i diritti universali dell'uomo sono il patrimonio della Francia.
Anche se non mancano riserve di personalità politiche e proteste pubbliche, gli affari prima di tutto. Oltre al fatto che Pechino da tempo è uno degli assi portanti della diplomazia francese, impegnata nell'affermare una direzione multipolare del pianeta e nel frenare l'unilateralismo americano. L'embargo europeo sulla vendita di armi alla Cina, in vigore dall’epoca della repressione di piazza Tienanmen, è quindi considerato «superabile» o addirittura «superato», come ha affermato il ministro degli esteri francese, l'umanista Dominique de Villepin, a margine di una riunione dei ministri degli Esteri a Bruxelles.
La revoca aprirebbe un vasto mercato proprio alla Francia, fra i primi produttori mondiali con Stati Uniti, Russia e Gran Bretagna, in concorrenza proprio con la Russia, finora principale fornitore della Cina. Nel momento in cui si tengono le Olimpiadi a Pechino e l'esposizione universale a Shanghai, l'embargo è considerato «incoerente» al Quai d'Orsay.
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La Francia, accogliendo a braccia aperte Hu Jintao conta anche di riequilibrare la propria bilancia commerciale e conquistare posizioni nell'export, oggi al quattordicesimo posto, molto dietro Germania e Italia, nonostante un aumento del 60% fatto registrare nel 2003. In quest’ottica, la Francia enfatizza le «convergenze» politiche fra Parigi e Pechino sulla scena internazionale, che sfiorano la questione Taiwan («Dal 1964, per la Francia, esiste una sola Cina», dice il Quai d’Orsay, mentre Chirac definisce «un grave errore» il referendum organizzato da Taiwan, che la Cina definisce come un passo verso l’indipendenza dell’isola) solo per auspicare una soluzione pacifica e lasciano alle proteste di piazza quella dei diritti umani, del dissenso e della repressione in Tibet.
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