Da Il Messaggero del 02/02/2004

Molte Regioni, anche non governate dall’Ulivo, restano fredde. Non è scontato che vengano raccolti i 3,8 miliardi di incassi previsti

Condono edilizio, prima rata verso il rinvio

A rischio la scadenza del 31 marzo. La Consulta esaminerà i ricorsi solo 7 giorni prima

di Piero Cacciarelli

ROMA - Dapprima soltanto sussurrate, hanno cominciato a prendere corpo le voci su un rinvio della scadenza, fissata al 31 marzo, per aderire al condono edilizio. Dalla maxi-sanatoria il governo si attende un gettito di poco inferiore ai 4 miliardi di euro, ma la situazione ”sul campo” non lascia molto spazio all’ottimismo. Varie Regioni, anche amministrate dal centrodestra, hanno manifestato una notevole freddezza per il colpo di spugna sugli abusi edilizi e sette (Emilia Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Umbria, Marche, Campania e Basilicata) gli hanno dichiarato guerra, appellandosi alla Corte costituzionale contro il provvedimento. Proprio questi ricorsi renderanno pressocché inevitabile lo spostamento della scadenza di fine marzo. La Consulta ha stabilito per il 24 di quel mese la discussione in camera di consiglio sulle richieste di sospendere l’applicazione del condono presentate dagli amministratori toscani, marchigiani e campani, mentre per l’11 maggio è attesa l’udienza che dovrà esaminare nel merito i ricorsi delle sette Regioni.

L’esecutivo, ovviamente, spera che la Corte non bocci il ”grande perdono”, che ha più di un precedente. Però sarebbe azzardato scommettere sul via libera incondizionato, perché l’avanzata del federalismo ha concesso agli enti locali forti poteri in materia di ambiente e territorio, mentre il condono risponde a logiche centralistiche. E’ anche vero, tuttavia, che alle Regioni viene lasciata piena libertà sul come applicare la sanatoria, con il non trascurabile risultato che le norme di attuazione finora approvate pongono sostanziose limitazioni a chi voglia farsi cancellare gli abusi.

I tempi che la Corte costituzionale si è data per esprimere il suo giudizio vanno poco d’accordo con le scadenze governative, ma l’esecutivo non potrà evitare di tenerne conto. Sembra difficile che qualcuno versi la prima rata dell’oblazione, che deve accompagnare la domanda di adesione, non conoscendo il verdetto della Consulta e rischiando di pagare una somma sostanziosa per una legge che potrebbe essere dichiarata incostituzionale. Ecco perché i ministeri dell’Economia e delle Infrastrutture dovrebbero essere rassegnati a dilazionare i termini, forse al 31 maggio o addirittura al 30 giugno, se i giudici daranno il sospirato disco verde. E’ scontato, comunque, che l’annuncio ufficiale dello spostamento arriverà abbastanza tardi, per non scoraggiare gli ottimisti che volessero anticipare l’obolo allo Stato.

In ogni caso, il raggiungimento del traguardo di gettito a 3,8 miliardi è tutt’altro che scontato. Le Regioni tendono a limitare le irregolarità condonabili e quasi tutte hanno rincarato il ”ticket” richiesto per sfruttare il colpo di spugna. Bisogna vedere, quindi, se specialmente al Sud i cittadini saranno indotti a compiere qualche sacrificio economico per cancellare infrazioni che finora nessuno si è sognato di perseguire. Pare quasi un controsenso, ma le oblazioni più onerose le hanno decise le giunte di Veneto, Liguria e Calabria, Regioni amministrate dalla Cdl, mentre la Puglia, retta da un presidente di An, ha ristretto al 31 gennaio il termine per comunicare l’intenzione di accettare la sanatoria.

Intanto, su un altro fronte ”caldo”, quello del concordato fiscale preventivo, le categorie interessate all’applicazione e i commercialisti insistono per una proroga dal 16 marzo al 30 aprile, visto che l’Agenzia delle Entrate ancora non ha emesso la circolare con le istruzioni.

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