Da Corriere della Sera del 16/03/2004
Il bivio di Bush
di Ennio Caretto
WASHINGTON - Attonita, da domenica l'America s'interroga sul significato del voto della Spagna, «una stangata alla politica di Bush contro il terrorismo e per il cambiamento in Medio Oriente» secondo il Wall Street Journal , un foglio che appoggia il presidente. Si chiede se le bombe abbiano condizionato le elezioni spagnole e, in questo caso, se ne esploderanno altre, sul territorio Usa e in Europa, quando un Paese si recherà alle urne. Ma mentre molti accusano la Spagna di avere ceduto al ricatto terroristico, molti altri ribattono che l'alta affluenza ai seggi dopo la strage di Madrid è stata una vittoria della democrazia. Gli spagnoli non si sono lasciati intimidire, secondo Usa Today : hanno votato non contro la lotta al terrorismo, che Zapatero s'è comunque impegnato a continuare, ma contro la strategia delle guerre preventive di Bush.
Su questo punto, il voto della Spagna ha confermato il divario formatosi tra l'America e la «vecchia Europa». Una settimana fa, un sondaggio della Ap e della Ipsos accertò che soltanto per il 38% degli americani, ma per ben i due terzi di spagnoli, italiani e inglesi, la guerra all'Iraq ha aumentato la minaccia terrorista. Per la maggioranza dell'America, quella irachena è una guerra da inquadrare nella campagna globale contro il terrorismo, per la maggioranza dell'Europa no. Sull'Iraq l'America rischia il progressivo isolamento adombrato dalla promessa di Zapatero di riavvicinarsi alla Francia e alla Germania. «Con l'uscita di scena di Aznar - nota il generale Anthony Zinni, che combatté nel Golfo Persico e negoziò in Medio Oriente - la politica estera dell'Ue è destinata a cambiare a danno del presidente Bush».
La disfatta di Aznar in Spagna non priva soltanto Bush del secondo dei suoi pilastri europei, e aggrava i problemi del primo pilastro, il premier inglese Blair. Impone anche al presidente di recuperare la credibilità perduta presso parte dell'elettorato americano nelle polemiche sulle armi di sterminio di Saddam Hussein. Aznar è stato penalizzato dal sospetto che volesse incolpare l'Eta, e non Al Qaeda, della strage di Madrid. Bush potrebbe esserlo dal sospetto che abbia scatenato la prima guerra preventiva con un falso pretesto, come paiono indicare le crescenti dimostrazioni di protesta in occasione del suo anniversario venerdì. Per evitarlo, riesaminerà la sua strategia in Iraq e in Medio Oriente, Israele incluso, o l'intera sua politica estera? Lo storico Daniel Pipes, consulente dell'amministrazione, lo smentisce: «Bush andrà avanti sulla sua strada».
Già prima del voto della Spagna, tuttavia, il presidente aveva dato segni di ripensamento, chiedendo aiuto all'Onu nel processo di transizione dell'Iraq alla democrazia. Da indiscrezioni della Casa Bianca, Bush sarebbe pronto ad andare ancora oltre, pur di impedire che le truppe alleate si ritirino, come ha minacciato di fare Zapatero con quelle spagnole: una risoluzione di compromesso del Consiglio di sicurezza che legittimi non solo il nuovo governo e le libere elezioni a Bagdad, ma anche una presenza militare internazionale. In questo merita l'appoggio dell'Ue e dei Paesi arabi sebbene una partecipazione della Nato sia tutta da discutere: la pacificazione e la ricostruzione irachene sono nell'interesse generale.
Isolare il presidente sarebbe un grosso errore da parte dell'Europa e del mondo islamico. Bush, che ha telefonato a Zapatero per congratularsi della sua elezione, non potrebbe abbandonare l'Iraq, e la situazione peggiorerebbe. In molti americani, che dalle stragi dell'11 settembre del 2001 si sentono sotto assedio e poco o per nulla appoggiati dagli alleati, esploderebbe il risentimento contro l'Ue e l'Onu. Più che mai, il voto della Spagna ha dimostrato quanto sia importante che la diplomazia recuperi il rapporto tra gli Stati Uniti e l'Europa. Dalla ricucitura dipendono oltre al successo in Iraq anche la vittoria sul terrorismo e forse la cattura di Bin Laden: come la pace nella guerra fredda, oggi la stabilità e la sicurezza sono indivisibili.
Su questo punto, il voto della Spagna ha confermato il divario formatosi tra l'America e la «vecchia Europa». Una settimana fa, un sondaggio della Ap e della Ipsos accertò che soltanto per il 38% degli americani, ma per ben i due terzi di spagnoli, italiani e inglesi, la guerra all'Iraq ha aumentato la minaccia terrorista. Per la maggioranza dell'America, quella irachena è una guerra da inquadrare nella campagna globale contro il terrorismo, per la maggioranza dell'Europa no. Sull'Iraq l'America rischia il progressivo isolamento adombrato dalla promessa di Zapatero di riavvicinarsi alla Francia e alla Germania. «Con l'uscita di scena di Aznar - nota il generale Anthony Zinni, che combatté nel Golfo Persico e negoziò in Medio Oriente - la politica estera dell'Ue è destinata a cambiare a danno del presidente Bush».
La disfatta di Aznar in Spagna non priva soltanto Bush del secondo dei suoi pilastri europei, e aggrava i problemi del primo pilastro, il premier inglese Blair. Impone anche al presidente di recuperare la credibilità perduta presso parte dell'elettorato americano nelle polemiche sulle armi di sterminio di Saddam Hussein. Aznar è stato penalizzato dal sospetto che volesse incolpare l'Eta, e non Al Qaeda, della strage di Madrid. Bush potrebbe esserlo dal sospetto che abbia scatenato la prima guerra preventiva con un falso pretesto, come paiono indicare le crescenti dimostrazioni di protesta in occasione del suo anniversario venerdì. Per evitarlo, riesaminerà la sua strategia in Iraq e in Medio Oriente, Israele incluso, o l'intera sua politica estera? Lo storico Daniel Pipes, consulente dell'amministrazione, lo smentisce: «Bush andrà avanti sulla sua strada».
Già prima del voto della Spagna, tuttavia, il presidente aveva dato segni di ripensamento, chiedendo aiuto all'Onu nel processo di transizione dell'Iraq alla democrazia. Da indiscrezioni della Casa Bianca, Bush sarebbe pronto ad andare ancora oltre, pur di impedire che le truppe alleate si ritirino, come ha minacciato di fare Zapatero con quelle spagnole: una risoluzione di compromesso del Consiglio di sicurezza che legittimi non solo il nuovo governo e le libere elezioni a Bagdad, ma anche una presenza militare internazionale. In questo merita l'appoggio dell'Ue e dei Paesi arabi sebbene una partecipazione della Nato sia tutta da discutere: la pacificazione e la ricostruzione irachene sono nell'interesse generale.
Isolare il presidente sarebbe un grosso errore da parte dell'Europa e del mondo islamico. Bush, che ha telefonato a Zapatero per congratularsi della sua elezione, non potrebbe abbandonare l'Iraq, e la situazione peggiorerebbe. In molti americani, che dalle stragi dell'11 settembre del 2001 si sentono sotto assedio e poco o per nulla appoggiati dagli alleati, esploderebbe il risentimento contro l'Ue e l'Onu. Più che mai, il voto della Spagna ha dimostrato quanto sia importante che la diplomazia recuperi il rapporto tra gli Stati Uniti e l'Europa. Dalla ricucitura dipendono oltre al successo in Iraq anche la vittoria sul terrorismo e forse la cattura di Bin Laden: come la pace nella guerra fredda, oggi la stabilità e la sicurezza sono indivisibili.
Sullo stesso argomento
Articoli in archivio
di Ennio Caretto su Corriere della Sera del 14/01/2004
Visto da Parigi
Francia e Usa, nuove tensioni ma niente strappi
Chirac accetta di incontrare James Baker, inviato speciale del presidente degli Stati Uniti
Francia e Usa, nuove tensioni ma niente strappi
Chirac accetta di incontrare James Baker, inviato speciale del presidente degli Stati Uniti
di Massimo Nava su Corriere della Sera del 11/12/2003
Ricostruzione in Iraq, gli esclusi protestano
La Casa Bianca: niente contratti ai Paesi contrari alla guerra. L’Ue: «Ricorreremo alla Wto». L’Onu rinvia il rientro
La Casa Bianca: niente contratti ai Paesi contrari alla guerra. L’Ue: «Ricorreremo alla Wto». L’Onu rinvia il rientro
di Ennio Caretto su Corriere della Sera del 11/12/2003
News in archivio
su Diario del 13/09/2006