Da Corriere della Sera del 31/03/2004
La destra sconfitta nelle regionali si prepara alle Europee di giugno
Raffarin si gioca tutto Chirac guarda al dopo
E nella notte grandi manovre per il rimpasto di governo
di Massimo Nava
PARIGI - Come un piccolo Napoleone telecomandato dal suo presidente, Jean Pierre Raffarin avrà i suoi cento giorni di governo. Così ha deciso Chirac, dopo la batosta elettorale, aggravata, giusto ieri, dai risultati definitivi della Corsica, che passa a sinistra come il resto della Francia. Il «Raffarin III» (il primo governo fu ad interim , fra le presidenziali e le politiche) nasce a tempo e nelle alchimie dell'Eliseo è sembrata la soluzione tattica meno traumatica. Ci si prepara alle Europee di giugno e a un’eventuale nuova sconfitta senza bruciare un altro primo ministro e intanto si prepara il terreno per un nuovo governo nell'ultimo decisivo scorcio di legislatura senza altri test elettorali da affrontare. Chirac ha evitato la scelta che gli veniva richiesta da larga parte del partito e dai sondaggi di una destra delusa: quella di affidarsi all'uomo che oggi gode di maggiore popolarità, il ministro degli Interni, Nicolas Sarkozy.
Raffarin farà conoscere già oggi la lista dei ministri. Ma lo scetticismo e la sfiducia che pesano sul nuovo governo sono tali, anche nel campo della destra, da non far escludere una rinuncia in extremis. Le voci si sono rincorse in un’intensa giornata di consultazioni telefoniche e visite discrete a Matignon. Di certo, il premier procederà a un ampio rinnovamento della squadra. I cambi di poltrona dati ieri per sicuri riguardano il ministero dell'Economia, che sarà affidato proprio a Nicolas Sarkozy e quello degli Esteri, con il trasferimento di Dominique de Villepin agli Interni. Scelte che fanno già discutere prima di essere confermate, dato che riguardano i volti più noti della politica francese e i pochi uomini di governo che hanno raccolto indubbi successi.
Secondo alcuni osservatori, è prevalso il tatticismo di Chirac. Il fedele alleato Villepin garantisce il pieno controllo di un ministero chiave. Sarkozy all’Economia significa offrire all’ambizioso rivale per la corsa all'Eliseo il ministero più difficile e più esposto a misure impopolari. Agli Esteri, andrebbe Michele Alliot-Marie, attuale ministro della Difesa.
Già nel corso delle consultazioni, si è capito che il nuovo governo sarà una sorta di «monocolore», tutto costruito all’interno della destra gollista, che perderà molti pezzi della società civile, a cominciare dai ministri dell'Economia, Francio Mer, e dell'Istruzione, Luc Ferry. François Bayrou, capo degli alleati dell'Udf, ha già fatto sapere che resterà fuori: «Sono deluso e sorpreso. Mi attendevo una pagina nuova». Jean-Pierre Raffarin, con spirito di servizio, aveva dato le dimissioni e con lo stesso spirito ha accetto la decisione di Chirac di andare avanti in una navigazione a vista. «Una testa di turco ideale» l'ha definito Le Monde , senza ambizioni di potere ma pronto a immolarsi per l'Eliseo. Per lui, del resto, è già pronto, a settembre, il cimitero degli elefanti del sistema francese: il Senato.
Per colmo dei paradossi, il primo provvedimento che Raffarin dovrà varare nei prossimi giorni è la legge sull'allargamento delle competenze e dell'autonomia finanziaria alle regioni.
Il proposito del premier è di rilanciare la politica di riforme e di risanamento dello Stato, ma il «Raffarin III» dovrà fare i conti con sindacati e associazioni sul piede di guerra e con una sinistra galvanizzata dal trionfo. Qualcuno, fra i leader socialisti, sostiene che il minimo che Chirac avrebbe dovuto fare è ascoltare il messaggio dei francesi e sciogliere l'Assemblea. Il segretario François Hollande definisce il nuovo governo «un cinico errore che ignora il suffragio universale». Qualcuno ironizza: dopo i «cento giorni», c'è Waterloo.
Raffarin farà conoscere già oggi la lista dei ministri. Ma lo scetticismo e la sfiducia che pesano sul nuovo governo sono tali, anche nel campo della destra, da non far escludere una rinuncia in extremis. Le voci si sono rincorse in un’intensa giornata di consultazioni telefoniche e visite discrete a Matignon. Di certo, il premier procederà a un ampio rinnovamento della squadra. I cambi di poltrona dati ieri per sicuri riguardano il ministero dell'Economia, che sarà affidato proprio a Nicolas Sarkozy e quello degli Esteri, con il trasferimento di Dominique de Villepin agli Interni. Scelte che fanno già discutere prima di essere confermate, dato che riguardano i volti più noti della politica francese e i pochi uomini di governo che hanno raccolto indubbi successi.
Secondo alcuni osservatori, è prevalso il tatticismo di Chirac. Il fedele alleato Villepin garantisce il pieno controllo di un ministero chiave. Sarkozy all’Economia significa offrire all’ambizioso rivale per la corsa all'Eliseo il ministero più difficile e più esposto a misure impopolari. Agli Esteri, andrebbe Michele Alliot-Marie, attuale ministro della Difesa.
Già nel corso delle consultazioni, si è capito che il nuovo governo sarà una sorta di «monocolore», tutto costruito all’interno della destra gollista, che perderà molti pezzi della società civile, a cominciare dai ministri dell'Economia, Francio Mer, e dell'Istruzione, Luc Ferry. François Bayrou, capo degli alleati dell'Udf, ha già fatto sapere che resterà fuori: «Sono deluso e sorpreso. Mi attendevo una pagina nuova». Jean-Pierre Raffarin, con spirito di servizio, aveva dato le dimissioni e con lo stesso spirito ha accetto la decisione di Chirac di andare avanti in una navigazione a vista. «Una testa di turco ideale» l'ha definito Le Monde , senza ambizioni di potere ma pronto a immolarsi per l'Eliseo. Per lui, del resto, è già pronto, a settembre, il cimitero degli elefanti del sistema francese: il Senato.
Per colmo dei paradossi, il primo provvedimento che Raffarin dovrà varare nei prossimi giorni è la legge sull'allargamento delle competenze e dell'autonomia finanziaria alle regioni.
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