Da La Repubblica del 07/04/2004
Rapporto Legambiente 2004: il fatturato di 169 clan che speculano sull´ambiente è cresciuto in un anno del 14,2 per cento
Ecomafie, business senza crisi
E il condono edilizio ha già prodotto 40mila nuovi abusi
di Antonio Cianciullo
ROMA - L´economia italiana è in affanno, le ecomafie prosperano. Nel 2003, mentre gli indici di produzione industriale declinavano e il prodotto interno lordo rimaneva al palo, il fatturato dei 169 clan specializzati nel massacro dell´ambiente è cresciuto del 14,2 per cento rispetto all´anno precedente superando i 18,9 miliardi di euro.
E´ questo l´elemento più drammatico del rapporto «Ecomafia 2004» con cui la Legambiente ha tracciato anche il bilancio decennale dell´analisi cominciata alla fine del 1994, quando fu coniato il termine «ecomafia». In questo decennio le cosche della criminalità organizzata hanno fatturato 132 miliardi di euro, un volume d´affari paragonabile a quello di un settore vitale dell´economia legale, devastando il territorio con cave illegali e costruzioni abusive, avvelenando le falde idriche e i campi con discariche pirata, trafugando opere d´arte, speculando sulla sofferenza degli animali costretti a combattere fino alla morte.
Tutti i rami della florida azienda ecomafiosa hanno conosciuto un momento di vigoroso rilancio nel 2003. Sotto la spinta dell´ annunciato condono edilizio sono state costruite 40 mila nuove costruzioni abusive invertendo la tendenza alla diminuzione dell´abusivismo che sembrava consolidata dopo l´abbattimento di numerosi ecomostri, dal Fuenti alle torri del villaggio Coppola. Secondo i calcoli della Legambiente, sono 9 mila le costruzioni abusive in più rispetto al 2002 e l´impennata arriva addirittura al 41 per cento in più se prende come punto di riferimento il 2001. Il 55 per cento delle abitazioni irregolari si trova nelle quattro regioni in cui l´ecomafia ha più salde radici (Campania, Puglia, Sicilia, Calabria), anche se la maglia nera 2003 spetta al Lazio che ha assistito al raddoppio delle infrazioni legate al ciclo del cemento.
Il secondo filone di successo dell´ecomafia è legato alla fallimentare gestione dei rifiuti pericolosi: milioni di tonnellate di veleni continuano a sfuggire ai controlli e a finire nelle discariche della camorra. «Il disastro rifiuti è una vicenda da inserire con forza nell´agenda nazionale», ha affermato Paolo Russo, il presidente della commissione parlamentare d´inchiesta sul ciclo dei rifiuti. «Anche grazie alla protezione offerta da un sistema affaristico di imprenditori senza scrupoli siamo arrivati all´assurdo: dalla Campania escono legalmente, diretti a Nord, i rifiuti urbani ed entrano, illegalmente, i rifiuti pericolosi provenienti dalla regioni settentrionali».
Di qui la richiesta, rilanciata ieri da Enrico Fontana, responsabile dell´Osservatorio ambiente e legalità della Legambiente, dell´introduzione nel codice penale dei delitti contro l´ambiente: «Una riforma più che mai urgente e prevista anche dal Consiglio d´Europa e dalla Commissione europea».
Preoccupato dal boom dei reati ecomafiosi anche il procuratore nazionale antimafia Pier Luigi Vigna, che ha partecipato alla presentazione del rapporto. Unico ottimista in sala il ministro dell´Ambiente Altero Matteoli: «L´abusivismo non è cresciuto come si dice, solo il cosiddetto piccolo abusivismo ha visto un aumento ma questo non crea grossi problemi. E´ una sciocchezza pensare che il condono, a cui comunque ero contrario, abbia dato impulso alle costruzioni abusive: un Fuenti bis oggi è impensabile».
«Il ministro non può chiudere gli occhi sulla realtà», ha replicato il presidente onorario della Legambiente Ermete Realacci. «Il solo parlare di condono edilizio ha fatto partire migliaia di cantieri illegali».
E´ questo l´elemento più drammatico del rapporto «Ecomafia 2004» con cui la Legambiente ha tracciato anche il bilancio decennale dell´analisi cominciata alla fine del 1994, quando fu coniato il termine «ecomafia». In questo decennio le cosche della criminalità organizzata hanno fatturato 132 miliardi di euro, un volume d´affari paragonabile a quello di un settore vitale dell´economia legale, devastando il territorio con cave illegali e costruzioni abusive, avvelenando le falde idriche e i campi con discariche pirata, trafugando opere d´arte, speculando sulla sofferenza degli animali costretti a combattere fino alla morte.
Tutti i rami della florida azienda ecomafiosa hanno conosciuto un momento di vigoroso rilancio nel 2003. Sotto la spinta dell´ annunciato condono edilizio sono state costruite 40 mila nuove costruzioni abusive invertendo la tendenza alla diminuzione dell´abusivismo che sembrava consolidata dopo l´abbattimento di numerosi ecomostri, dal Fuenti alle torri del villaggio Coppola. Secondo i calcoli della Legambiente, sono 9 mila le costruzioni abusive in più rispetto al 2002 e l´impennata arriva addirittura al 41 per cento in più se prende come punto di riferimento il 2001. Il 55 per cento delle abitazioni irregolari si trova nelle quattro regioni in cui l´ecomafia ha più salde radici (Campania, Puglia, Sicilia, Calabria), anche se la maglia nera 2003 spetta al Lazio che ha assistito al raddoppio delle infrazioni legate al ciclo del cemento.
Il secondo filone di successo dell´ecomafia è legato alla fallimentare gestione dei rifiuti pericolosi: milioni di tonnellate di veleni continuano a sfuggire ai controlli e a finire nelle discariche della camorra. «Il disastro rifiuti è una vicenda da inserire con forza nell´agenda nazionale», ha affermato Paolo Russo, il presidente della commissione parlamentare d´inchiesta sul ciclo dei rifiuti. «Anche grazie alla protezione offerta da un sistema affaristico di imprenditori senza scrupoli siamo arrivati all´assurdo: dalla Campania escono legalmente, diretti a Nord, i rifiuti urbani ed entrano, illegalmente, i rifiuti pericolosi provenienti dalla regioni settentrionali».
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