Da Corriere della Sera del 25/04/2004

L’opposizione della comunità ellenica (75,8%) rende inutile il successo del sì (64,9%) tra i turchi del Nord. Solo il sud dell’isola entra nell’Ue

I greci dicono «no», Cipro resta divisa

Fallito il referendum Onu per la riunificazione. L’Unione Europea: «Perduta un’occasione unica»

di Antonio Ferrari

NICOSIA - A Nord ha vinto il coraggio, a Sud ha stravinto la paura. Ma coraggio e paura non sono compatibili, e l'accostamento fra due pulsioni contrapposte ha prodotto un triste fallimento, gravido di conseguenze. Il doppio referendum di Cipro, che avrebbe potuto consegnare all'Unione Europea un'isola finalmente riunificata, dopo 30 anni di sofferenze, ha rivelato quanto si temeva: una evidente spaccatura fra le due comunità sorelle.

I turco-ciprioti, figli poveri di uno Stato fantasma, si sono aggrappati al sì (oltre il 64%), contro il parere del loro presidente, Rauf Denktash, per uscire dall'isolamento. Ma Denktash, pur umiliato dal voto, ha annunciato che non intende dimettersi, come gli aveva chiesto il capo del suo governo. I ricchi greco-ciprioti, forti di appartenere ad una Repubblica riconosciuta da tutto il mondo, e che fra meno di una settimana entrerà nell'Unione Europea, hanno respinto sdegnosamente il piano del segretario generale dell'Onu Kofi Annan con oltre il 75% di no. Hanno scelto la via dell'orgoglio e dell'egoismo, ritenendosi il piccolo Davide che sconfigge la volontà del Golia internazionale (Nazioni Unite, Usa, Ue), che sulla riunificazione aveva puntato il proprio prestigio.

Va detto subito che non sarebbe corretto attribuire tutte le colpe ai greco-ciprioti, perché in questo referendum, tante volte annunciato ma realizzato troppo in fretta, si è dato spazio soltanto alle emozioni e ai rancori sedimentati in trent'anni, e non alla ragione. Chi conosce un poco quest'isola pacifica è rimasto sicuramente colpito dall'aggressività affiorata durante una breve e rancorosa campagna elettorale. Tre settimane di preparazione all'appuntamento politico più importante della storia di Cipro erano francamente poche, e in un mondo che si alimenta di percezioni, l'idea che la soluzione fosse imposta ha costruito il fallimento.

Le reazioni internazionali confermano delusione e irritazione: a Bruxelles, dove la Commissione parla di «occasione unica che è stata perduta»; a New York, dove Kofi Annan ha detto che «non esiste un piano di riserva»; e naturalmente a Washington, che aveva promesso ai turco-ciprioti: «Se voterete sì, non vi lasceremo al freddo». Eccola, dunque, la prima importante conseguenza: favorire, fin dove è possibile, magari con la fine dell'embargo economico, la piccola comunità.

Non è casuale che ieri sera, ad Ankara, il ministro degli Esteri turco Abdullah Gul abbia chiesto, nel suo commento sui risultati del referendum, che l'autoproclamata Repubblica turco-cipriota «esca dall'isolamento». Non ha pronunciato la formula del «riconoscimento internazionale», ma l'ha chiaramente sottintesa. Già si dice che alcuni Paesi musulmani, come l'Azerbaigian e il Pakistan, potrebbero aprire la lista e decidere di inviare i loro rappresentanti nella Nicosia del nord.

E' evidente che la Turchia, sostenendo l'approvazione del piano Annan dopo aver osteggiato per decenni qualsiasi progetto di riunificazione, pensa soprattutto a se stessa. Ankara, al vertice europeo di fine anno, chiederà a gran voce una data per poter cominciare i negoziati di adesione all'Ue, e il risultato di ieri potrebbe decisamente favorirla. Non soltanto perché lo desiderano gli Stati Uniti, ma perché anche l'Unione Europea, a questo punto, potrebbe vincere storiche resistenze. Non va dimenticato che il 1° maggio la Repubblica greco-cipriota sarà membro effettivo del club di Bruxelles, che da quel momento dovrà farsi pieno carico del problema dell'isola divisa. Una dote che l'Ue intendeva scongiurare.

Qui, a Nicosia, si dice che il governo del presidente Tassos Papadopoulos (primo sostenitore del rifiuto) ha previsto tutto, e che Bruxelles capirà le ragioni che hanno spinto la stragrande maggioranza della gente a votare no. Ma si tratta di un calcolo presuntuoso, perché il rifiuto del piano Annan, che non sarà perfetto ma comunque offriva un'onorevole ipotesi di soluzione, getta un'ombra sull'affidabilità della Repubblica greco-cipriota. A conti fatti, chi guadagna dall’esito dei due referendum di ieri è soprattutto la Turchia, e in particolare il governo del primo ministro Erdogan. E' un risultato che la Nicosia-greca non desiderava affatto.

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