Da La Repubblica del 01/06/2004

Arabia, patto per salvare gli ostaggi

I killer lasciati fuggire per liberare gli ultimi stranieri

I testimoni raccontano l´orrore: "Bussavano alle porte e chiedevano agli stranieri: sei cristiano o musulmano? E dopo sparavano"
Messaggio di re Fahd: "Sapremo affrontare il terrorismo". Londra teme un attacco in grande stile contro gli impianti petroliferi

di Enrico Franceschini

LONDRA - L´Arabia Saudita è il nuovo fronte di al Qaeda. I servizi segreti britannici danno per probabile e imminente un attacco «spettacolare» contro le installazioni petrolifere del regno, in grado di provocare danni «devastanti» e un enorme numero di vittime, scrive in prima pagina il Times di Londra. Gli esperti di antiterrorismo sospettano complicità tra i servizi segreti sauditi e gli assassini di Antonio Amato e degli altri ostaggi, dopo l´imbarazzante fuga dei terroristi dal residence di Khobar. Fonti diplomatiche ammoniscono che, se la casa reale non mobilita tutte le sue forze contro il terrorismo, Osama bin Laden potrebbe riuscire a destabilizzare la monarchia attraverso una campagna di attentati e guerriglia urbana. Il governo di Riad si sforza di tranquillizzare tutti - ieri sera re Fahd ha affermato che il sanguinoso attacco ad Al Khobar rafforzerà la determinazione dell´Arabia saudita a lottare contro il terrorismo - ma il Paese maggior esportatore di petrolio al mondo barcolla, come reduce da un terremoto: le cui scosse si fanno sentire attraverso l´intera comunità internazionale, alzando i prezzi del greggio e creando nervosismo sui mercati finanziari.

Intanto continua la caccia ad almeno tre degli autori del sanguinoso raid, che ha causato ventidue morti e decine di feriti, che sembrano scomparsi nel nulla. Per il momento le autorità saudite hanno annunciato di aver arrestato l´imam della moschea di al-Khobar, insieme alla moglie, perché sospettato di complicità con i terroristi. Le autorità danno pochi dettagli su quanto è accaduto fra l´alba di sabato e quella di domenica, ma secondo quanto ha raccontato uno degli ex ostaggi, l´operazione delle forze speciali saudite nel residence sarebbe stata portata a termine senza grandi sparatorie e forse grazie ad un´intesa tra aggressori e responsabili della polizia. Lo stesso ostaggio avrebbe sentito uno dei terroristi proporre ai poliziotti: «Lasciateci andare e noi lasciamo andare gli ostaggi». Le forze di sicurezza avrebbero prima rifiutato ma dopo avrebbero accettato la proposta degli assalitori, che avrebbero minacciato di uccidere altri ostaggi e di far esplodere il palazzo. Una testimonianza che getta una luce nuova sul blitz di domenica mattina. Per capire cosa è accaduto nel residence Oasis in quelle terribili 24 ore bisogna accontentarsi delle testimonianze dei sopravvissuti. C´è la storia di Hashim, 7 anni. Il padre è appena uscito dalla camera 48 del residence Oasis per andare a vedere cosa succede. La madre è in bagno. Bussano alla porta. Il bambino apre. Si ritrova davanti quattro terroristi con le armi in pugno. «Sei arabo?», chiedono. Sì, risponde. «Sei musulmano?», insistono. «Sì. E´ la verità». Ma Hashim non aggiunge che la famiglia ha preso la cittadinanza americana, e così facendo salva la sua vita e quella dei genitori. C´è la storia di Adnan, giordano di religione cristiana. Stessa scena: bussano, lui apre, si ritrova un mitra in faccia. «Sei arabo?», domandano. Sì. «Sei musulmano?», ripetono. Sì, e mostra una copia del Corano, presa dalla valigia del compagno di stanza. «Sono un vostro sostenitore, odio l´America e l´Europa», dice Adnan, e si salva la vita. C´è la storia di Rajiv, indiano, induista. Sente spari, grida, esplosioni. Si getta sotto il letto. I terroristi entrano nella sua stanza, non vedono nessuno, gettano una granata per terra e se ne vanno. «Ho sentito rotolare la bomba a mano», racconta l´indiano, «ma non mi sono mosso per non farmi scoprire. E´ esplosa in corridoio, il pavimento ha tremato, però sono vivo».

L´italiano Antonio Amato e altri otto ostaggi stranieri sono stati meno fortunati. Restano molti interrogativi sulla carneficina di Khobar. Le autorità dicono di avere catturato il leader della banda, ucciso un altro membro del gruppo e che tre sono fuggiti: «Minacciavano di farsi saltare in aria insieme ad alcuni prigionieri, abbiamo dovuto lasciarli passare». Ma poi tutti i prigionieri sono stati rilasciati. Com´è possibile che i tre terroristi si siano dileguati? Nasce da qui il sospetto di complicità con le forze speciali che circondavano l´edificio. E ancora: come avevano fatto, i terroristi, a entrare indisturbati in un centro petrolifero pieno di posti di blocco e guardie armate? I terroristi erano davvero soltanto cinque?

Partendo da simili quesiti, gli arabisti del Foreign Office britannico giungono a conclusioni ancora più preoccupanti. Sui 7 mila principi e principesse della «House of Saud», la dinastia che controlla il paese, ce ne sono alcuni che minimizzano la minaccia terroristica o fanno l´occhiolino a bin Laden. Le rivalità interne per la successione a re Fahd, reso menomato da un ictus, e al 73enne reggente principe Abdallah, possono favorire i piani di al Qaeda per «scacciare gli infedeli» e rovesciare la monarchia. Un attentato «spettacolare» contro pozzi e oleodotti potrebbe causare il fuggi fuggi generale degli stranieri (solo gli inglesi sono 25 mila) di cui l´industria del petrolio ha bisogno per funzionare. L´Arabia Saudita sembra sull´orlo di un precipizio.

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