Da Corriere della Sera del 08/06/2004

Milano, in trappola il terrorista dell’11 marzo

«Mohamed l’egiziano» è una delle menti della strage di Madrid. Mesi di intercettazioni. Indagini in Europa

di Fiorenza Sarzanini

ROMA - Il suo nome era stato fornito agli investigatori italiani dai colleghi di Madrid che indagano sulle stragi dell’11 marzo. Indicato come uno degli ideatori delle esplosioni nelle stazioni che provocarono 191 morti. Ieri sera la polizia lo ha arrestato a Milano. «Mohamed l’egiziano» è caduto nella trappola tesa dagli uomini dell’Antiterrorismo che per tutto questo tempo hanno lavorato in stretto contatto con l’ intelligence italiana. Con lui è finito in carcere anche il proprietario dell’appartamento che aveva affittato. Ci sono voluti tre mesi per mettere insieme i pezzi di un mosaico investigativo fatto di pedinamenti, intercettazioni telefoniche e ambientali. Le indagini sono ancora in corso, ma ieri, nel timore che qualcuno riuscisse a scappare, si è deciso di procedere agli arresti. La rete europea di Al Qaeda viene messa sotto scacco perché accusata di aver pianificato e fornito appoggi logistici agli uomini che entrarono in azione nella capitale spagnola alla vigilia delle elezioni politiche.

Qualche giorno dopo la strage, a Madrid fu convocato un vertice di investigatori e uomini dell’ intelligence . Tutti chiamati a collaborare per individuare gli autori dell’attentato. Fu consegnato un elenco di nomi da verificare. E tra i ricercati fu indicato «Mohamed l’egiziano», ritenuto il capo della cellula salafita marocchina. Un leader, dunque, e per questo sospettato di aver avuto un ruolo attivo nella preparazione della strage. L’uomo risultava in contatto con alcune persone che si trovavano in Italia, in particolare a Milano. Ma aveva compiuto anche viaggi all’estero.

La ricerca degli investigatori è cominciata raccogliendo centinaia di tabulati telefonici. Spulciando tra milioni di numeri alla fine è saltata fuori la traccia giusta. Moltissime utenze italiane ed estere sono state messe sotto controllo e ciò è servito ad individuare i legami tra i vari appartenenti all’organizzazione. Poi sono state piazzate le microspie e così si è arrivati alla svolta. In un appartamento milanese è stato identificato «Mohamed». Per settimane è stato pedinato, tenuto sotto controllo. Ieri sera i magistrati hanno dato l’ordine di arrestarlo. I poliziotti dell’Antiterrorismo lo hanno aspettato sotto casa. Quando ha svoltato l’angolo, hanno fatto scattare le manette.

L’esistenza di un filo che legava Madrid a Milano era emerso nell’aprile scorso quando i magistrati spagnoli erano arrivati nel capoluogo lombardo per incontrare i colleghi della procura. In quell’occasione furono consegnati atti giudiziari su due integralisti islamici detenuti a Milano, ma emersi anche nelle indagini spagnole. Uno è l’algerino Abderrazak Mahdjoub definito dai madrileni «il coordinatore dell’arruolamento di mujahidin per la guerra in Iraq». L’altro è Mohammed Daki, marocchino, in carcere da un anno con l’accusa di aver fornito passaporti falsi per la stessa rete di reclutamento. Quella rete che, secondo un’informativa del Sismi, avrebbe mandato in Iraq cinque uomini poi morti in attacchi kamikaze. L’inchiesta, condotta dal pubblico ministero Stefano Dambruoso ha accertato che i capi di questa cellula vivevano ad Amburgo e sarebbero stati in contatto con Mohammed Atta, il capo dei dirottatori dell'attacco alle Twin Towers dell’11 settembre.

Durante l’incontro avvenuto a Milano due mesi fa, i magistrati avevano sottolineato il loro interesse nei confronti di Daki, sospettato di essere in contatto con un marocchino detenuto in Spagna per reati di terrorismo. E di aver all’esame una serie di telefonate effettuate da Mahdjoub nell’estate del 2003, che sollevarono sospetti su traffici d’armi e attentati esplosivi in progettazione in Spagna.

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