Da Corriere della Sera del 09/06/2004

Ordigno al comizio di Fini, paura e feriti a Bologna

Scoppio vicino al palco. Il leader di An: questo il clima contro di noi. Cofferati: atto criminale. Berlusconi: c’è chi non è democratico

di Vittorio Monti

BOLOGNA - In piazza Maggiore, luogo simbolo di Bologna, attentato contro il comizio di Gianfranco Fini. Una bomba-carta è stata fatta esplodere mentre parlava il vicepresidente del Consiglio: una decina i feriti, tutti lievi, qualche tafferuglio con un gruppo di contestatori, paura. Torna l’incubo terrorismo in una città colpita gravemente negli anni passati. Anche stavolta il primo spunto investigativo ha una direzione: l’area anarco-insurrezionalista, dalla quale recentemente è partita una campagna contro An. Sarebbe stato un timer a innescare l’ordigno, composto da una bottiglia plastica. E’ esploso solo il detonatore e non il liquido infiammabile, e questo ha limitato di molto i danni.

In piazza Maggiore si erano radunati i simpatizzanti di Fini e del centrodestra, coalizione che sostiene Giorgio Guazzaloca, l’uomo che fece crollare la roccaforte rossa, contro lo sfidante del centrosinistra Sergio Cofferati. Poco prima delle 22, Fini stava parlando della guerra in Iraq. All’improvviso una fragorosa esplosione. Due uomini sono rimasti stesi a terra, una donna è svenuta. Il leader di An, dopo un attimo di smarrimento, ha tenuto il microfono esclamando: «State calmi, ci pensano le forze di polizia». Subito dopo: «Non è certo con un petardo che si impedisce alla destra di parlare. E’ la dimostrazione che sono sempre quelli. E dopo gli attentati dei giorni scorsi abbiamo la conferma di un clima».

L’invito alla calma è stato raccolto. Non c’è stato un fuggi fuggi, soltanto qualche sbandamento. Cinque i feriti lievi medicati sul posto, altri cinque, tra i quali un uomo di 90 anni, con escoriazioni e ferite un po’ più serie, sono stati portati all’ospedale Maggiore e al S. Orsola.

Contemporaneamente ai soccorsi, è scattato l’intervento delle forze dell’ordine. Lo scoppio è avvenuto sotto il camper elettorale del deputato di An Enzo Raisi, che si trovava sul lato sinistro del palco e conteneva materiale elettorale del partito. Al momento dell’esplosione la piazza era tranquilla, non erano in atto contestazioni. Ma, subito dopo, da un gruppetto di giovani, che passavano vicino alla piazza, sono partiti dei fischi e i sostenitori di An hanno cercato di reagire. L’intervento dei poliziotti ha impedito lo scontro.

Fra le testimonianze, quella di Redento Coslovi, cieco di guerra amico di Fini, che si trovava molto vicino al punto dove è esplosa la bomba carta: «Sono ancora sordo per lo scoppio. Il botto è stato fortissimo, subito dopo ho visto una fiammata. Lo scoppio è avvenuto a terra. Per me l’ordigno era già lì».

Il comizio è stato regolarmente concluso da Fini, mentre Digos e carabinieri portavano avanti i primi accertamenti e perquisivano alcuni giovani. Gli inquirenti avrebbero individuato una persona sospetta, che però a tarda sera non era ancora stata fermata. Un cordone di agenti ha isolato la zona dell’attentato, mentre sulla piazza restava una forte tensione fino a tarda ora.

Silvio Berlusconi ha subito chiamato il vicepremier Fini: «Non possiamo essere contenti di questa esplosione - ha detto -, è un segnale di non completa democraticità da parte di chi l’ha messa. E non sarà una bomba-carta a toglierci la voglia di continuare la campagna elettorale». Sergio Cofferati è intervenuto con un comunicato, esprimendo «la più ferma condanna dell’atto criminale. Il tentativo di condizionare la campagna elettorale di Bologna e quella nazionale con la violenza va respinto e contrastato da tutte le forze democratiche». Giorgio Guazzaloca ha espresso la sua solidarietà a Fini: «Ogni gesto di violenza è da condannare con la massima fermezza. Specie se si vuole, come è accaduto stasera a Bologna, intimidire chi in campagna elettorale sta sostenendo le proprie ragioni».

Nella campagna elettorale momenti di polemica si erano avuti di recente quando la famiglia del professor Marco Biagi, il giuslavorista ucciso dalla Brigate Rosse, aveva fatto sapere che non avrebbe votato per Cofferati, ricordando la posizione assunta dall’allora leader della Cgil verso il professore bolognese. Nel quadro dei fermenti bolognesi, si deve registrare anche quanto avvenne contro Romano Prodi, con l’esplosione di un ordigno in un cassonetto sotto casa e con la spedizione di un pacco incendiario.

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